HA STATO SOROS! (MA STAVOLTA È VERO) - NESSUNA COSPIRAZIONE: C'È LO SPECULATORE MILIARDARIO DIETRO LE PROTESTE A WASHINGTON CONTRO LA CONFERMA DEL GIUDICE KAVANAUGH: LO RACCONTA UNA DONNA LIBERAL, MUSULMANA E FEMMINISTA SUL 'WSJ': ''TUTTO, DAGLI STRISCIONI AGLI HASHTAG DI TWITTER, È STATO DECISO A TAVOLINO E TRASMESSO AI MANIFESTANTI. UNA RETE BEN FINANZIATA CHE HA PRENOTATO AUTOBUS, HOTEL E CHIESE''
Adriano Scianca per “la Verità”
I manifestanti che hanno preso d' assalto il Campidoglio durante le votazioni in Senato che hanno portato Brett Kavanaugh a diventare giudice della Corte Suprema erano pagati da George Soros.
Stavolta non è Donald Trump a dirlo. O, meglio: non è solo lui. Il presidente americano ha in effetti affermato che i militanti che hanno aggredito verbalmente i senatori repubblicani prima della votazione erano pagati «da Soros e altri».
Ma questo non fa notizia: il magnate ungherese è da tempo nel mirino dei politici populisti di ogni latitudine. Un tema che la stampa mainstream ha da sempre dipinto come una fissazione cospirazionista a tinte vagamente antisemite, senza alcuna base reale.
E invece, stavolta, è proprio un «giornalone» a intravedere la manina di Open society dietro le proteste. Parliamo niente di meno che del Wall Street Journal. Non esattamente una testata accusabile di essere contro l' establishment politico e finanziario. E se la tribuna può sorprendere, l' autrice dell' articolo anti sorosiano appare ancor più a prova di illazione: parliamo di Asra Quratulain Nomani, giornalista indiana naturalizzata statunitense, musulmana e femminista. Praticamente una rappresentazione vivente del politicamente corretto.
Eppure ecco cosa ha scritto la donna sul giornale della grande finanza (cioè dell' ambiente da cui proviene Soros stesso): «I detrattori di Trump lo hanno accusato di proporre teorie cospirative e persino di antisemitismo contro Soros, un benefattore miliardario per le cause liberali. Eppure lui aveva ragione. Molti americani si oppongono sinceramente al signor Trump e al giudice Kavanaugh. Sono una femminista liberale le cui opinioni sull' aborto e sul matrimonio tra persone dello stesso sesso sono in linea con quelle del Partito democratico.
Eppure, mentre la maggior parte dei dimostranti non è pagata per i suoi sforzi, le proteste al Campidoglio di sabato [...] sono state organizzate da gruppi di cui il signor Soros è un importante mecenate». Nomani fa anche un passo indietro e ricorda che «almeno 50 delle più grandi organizzazioni che hanno partecipato come "partner" alla Marcia delle donne del 21 gennaio 2017 avevano ricevuto sovvenzioni da Open society foundations di Soros». All' epoca, una sua denuncia in merito aveva già fatto scalpore, in effetti.
Allo stesso modo, «almeno 20 dei più grandi gruppi che hanno guidato le proteste anti Kavanaugh del sabato sono stati beneficiari della Open society», ha scritto l' editorialista del Wsj. Che descrive minuziosamente l' organizzazione scientifica delle proteste di sabato. «MoveOn.org, una lobby e organizzazione democratica fondata con i soldi di Soros», scrive, «ha inviato regolarmente ai suoi seguaci lettere che li rimandavano a un form di Google in cui potevano chiedere biglietti per i treni o posti letto».
AMY SCHUMER ED EMILY RATAJKOVSKY ARRESTATE NELLE PROTESTE CONTRO KAVANAUGH
Facile creare rivolte, se si ha il rimborso spese. Sin dalla mattinata, del resto, i manifestanti sono stati istruiti da veri professionisti della rivolta, cominciando col dividere quelli che erano disposti a farsi arrestare da quelli che, invece, dichiaravano di non voler giungere a tanto e che quindi erano dirottati all' interno del Senato per fungere da claque e disturbare la seduta, nonché braccare i senatori.
Secondo il racconto di Nomani, tutto, dagli striscioni alle magliette, dagli slogan agli hastag di Twitter, è stato minuziosamente deciso a tavolino e trasmesso ai manifestanti. «Le proteste di sabato e le interruzioni illegali» della seduta al Senato, ha aggiunto la giornalista, «facevano parte di una rete ben orchestrata e ben finanziata che ha prenotato autobus, camere d' albergo e chiese per tale agitazione».
In chiusura, l' articolo ribadisce la fede dell' autrice nelle battaglie democratiche, molte delle quali condivise peraltro con l' agenda di Open society: «Molti (inclusa me) simpatizzano con le cause liberali dei campioni della Open society. Alcuni sono soci o beneficiari stipendiati da Open society.
E molti trovano respingente la retorica conservatrice anti Soros, che a volte diventa truculenta». Ma, conclude la giornalista, la democrazia si serve in modo migliore se non si è costretti a inseguire un flusso di denaro «generosamente» elargito da un campione delle speculazioni finanziarie.
Qualche settimane fa anche un giornalista italiano decisamente non vicino alle ragioni populiste, come Enrico Mentana, aveva cercato di far ragionare la sinistra in piena fregola sorosiana, scrivendo sui social che, «almeno nel nostro Paese, Soros può purtroppo essere citato come speculatore senza bisogno di virgolette, per l' attacco alla lira del settembre 1992 che ci costrinse alla più dura manovra economica della nostra storia e fruttò allo stesso Soros un guadagno astronomico per aver scommesso contro l' Italia.
Ora a Budapest gli hanno disegnato addosso il ruolo di nuovo nemico del suo popolo, di burattinaio di ogni trama contro il paese che gli diede i natali, di grande vecchio dell' internazionale europeista-sionista: una strumentalizzazione schifosa, ma non riesco mai a provare simpatia per quel vecchio che fa il filantropo coi soldi accumulati anche giocando contro di noi un quarto di secolo fa».
Ma in una sinistra in cui sono saltati tutti i parametri della logica politica, l' avvertimento non è valso a nulla: siamo sempre fermi al concetto per cui, se una cosa non piace a Matteo Salvini, a Marine Le Pen o a Viktor Orbán, deve essere buona e giusta per forza.
Anche a costo di ridursi a utili idioti di un vecchio pescecane e delle sue trame.