delvox tria salvini di maio

PERIFERIA PORTAMI VIA (L’IVA) – LEGA E M5S SOSPENDONO I FONDI PER LE PERIFERIE PREVISTI DA RENZI E GENTILONI. I SENATORI PD NON SE NE ACCORGONO E VOTANO A FAVORE (SIC!) – IN COMPENSO TRIA E GIORGETTI STANNO PENSANDO DI LASCIAR SCATTARE GLI AUMENTI IVA (ABBASSANDO L’ALIQUOTA PER I CONSUMI DI MASSA) PER FAR CONTENTA L’EUROPA E FINANZIARE FLAT TAX E REDDITO DI CITTADINANZA

1 – I FONDI SPARITI PER LE PERIFERIE

Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”

 

PERIFERIE

A scandire la giornata è il susseguirsi di proteste, interventi e appelli dei sindaci italiani contro il governo. L' emendamento notturno presentato da Lega e M5S che interviene sui fondi destinati alle periferie, sospendendo le convenzioni di spesa per rinviare tutto al 2020, mette in allarme una moltitudine di amministratori locali.

 

matteo renzi in senato 2

Ad essere colpite dalla modifica del decreto Milleproroghe, approvata di notte al Senato, sono 326 comuni, buona parte di grandi città, per un totale di 96 progetti. In ballo ci sono 1,6 miliardi che i sindaci rischiano di vedersi congelare per i prossimi due anni.

 

Un blocco che tocca, tra l' altro una misura voluta e predisposta sia dall' esecutivo Renzi sia dal governo Gentiloni, per destinare soldi e risorse alle periferie. Fatto che spiega la nota dei deputati del Pd.

 

PERIFERIE1

«Con lo scippo dei fondi del Piano Periferie, il bando dei governi Renzi e Gentiloni che mobilita risorse per 3,8 miliardi tra fondi pubblici e cofinanziamento privato, si fermano centinaia di progetti, basta leggere la rassegna stampa locale di queste ore e le proteste dei sindaci. Il Partito democratico dia la massima assistenza ai sindaci per presentare la diffida contro il Governo, visto che parliamo di convenzioni già firmate, e procedere con tutti i passi legali necessari».

 

LAURA CASTELLI

Meno agevole, invece, spiegare perché l' emendamento, approvato la notte tra lunedì e martedì, ha ottenuto il voto di tutti senatori del Pd, compreso quello di Matteo Renzi. La modifica è passata con 270 voti a favore e nessun voto contrario.

 

Una «svista» che da un lato spinge proprio i senatori del Pd a lamentare che, «il testo del controverso emendamento al mille proroghe è particolarmente involuto, soprattutto nel passaggio relativo al bando delle periferie. Per questi motivi, tutta l' Aula lo ha votato, comprese le opposizioni».

 

palazzoni nelle periferie romane

Dal lato opposto la distrazione del Pd si presta all' affondo del sottosegretario all' Economia, Laura Castelli (M5S), che ha gioco facile nel replicare:«È il colmo che il Pd ci attacchi visto che ha votato a favore dell' emendamento, ma, soprattutto, dopo che ha promesso dei fondi con una norma sulla quale è intervenuta una pronuncia di illegittimità costituzionale».

 

Al di là del botta e risposta tra maggioranza e opposizione Castelli interviene per rivendicare la scelta del governo: «in merito alla questione dei fondi per le periferie relativi ai progetti locali bisogna fare chiarezza. Abbiamo pertanto garantito i primi 24 progetti che hanno ricevuto un punteggio più alto».

 

de magistris

Al riparo dall' emendamento sono, insomma, gli interventi (valore 500 milioni di euro) per la riqualificazione delle città metropolitane di Bari, Milano, Bologna, Firenze e di comuni come, per esempio, Roma, Lecce, Modena, Brescia, Genova e Messina.

 

Castelli aggiunge un ulteriore dettaglio che dovrebbe, parzialmente, tacitare la protesta dei 360 amministratori rimasti in sospeso rispetto alla possibilità di procedere con l' utilizzo dei fondi previsti dalla convezione firmata con il precedente governo.

 

Il timore dei sindaci è ritrovarsi con un buco di bilancio laddove hanno già sottoscritto un appalto o un contratto per i lavori, contando sulla norna e le relative risorse. «Le spese progettuali già sostenute verranno rimborsate», dice Castelli.

nicola zingaretti presidente regione lazio

 

Un' indicazione che non argina il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, impegnato nei progetti di riqualificazione Restart Scampia attacca:«Noi non ci fermeremo, andremo avanti con la massima determinazione e questa è l' indicazione che ho dato agli uffici comunali. Si continuano a finanziare armi, opere pubbliche mentre si tolgono soldi alle periferie, ai territori e a chi ha più bisogno».

 

A farsi sentire è anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che protesta contro il congelamento dei 39,9 milioni destinati alla città metropolitana di Roma. «Non resteremo in silenzio ad assistere a questa vergogna».

 

2 – LEGGE DI STABILITÀ, È SCONTRO SULL' IVA ORA GIORGETTI NON ESCLUDE L' AUMENTO

Roberto Giovannini e Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

DELVOX TRIA SALVINI DI MAIO

Da una parte Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i due leader, categorici nell' escludere un aumento dell' Iva. Dall' altra il ministro Giovanni Tria e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, leghista sì ma realista e pragmatico. Al vertice di governo va in scena la divisione fra due «filosofie» opposte, un primo assaggio di quella che sarà la vera trattativa sulla legge di Stabilità.

 

«Siamo il governo del cambiamento - scandisce Salvini rivolto a Tria - e non possiamo certo iniziare aumentando l' Iva». Parole simili a quelle che pronuncia Di Maio davanti ai giornalisti, uscendo dal summit: «L' Iva non deve aumentare: lo abbiamo promesso e non aumenterà».

 

PAOLO SAVONA GIANCARLO GIORGETTI GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI

Tutt' altra musica era stata quella suonata da Giancarlo Giorgetti poche ore prima, quando aveva fatto capolino al brindisi offerto dal premier Conte ai giornalisti. Ai cronisti che gli chiedevano delle ipotesi che circolano insistentemente sugli aumenti selettivi sull' Iva, Giorgetti replicava chiaro e tondo che «anche l' Unione europea potrebbe chiederci di aumentare la tassazione indiretta».

 

Giorgetti ha letto l' intervista al «Sole 24Ore», in cui il ministro Giovanni Tria dice che il governo sta lavorando su simulazioni basate sulla mancata attivazione delle clausole di salvaguardia, ma senza escludere «un riordino per semplificare alcune aliquote: ipotesi che producono piccoli aumenti di gettito e altre qualche riduzione».

DI MAIO CONTE GIORGETTI

 

Peraltro, anche la Banca d' Italia vedrebbe di buon occhio lo spostamento del peso dalle imposte dirette a quelle indirette; e la stessa cosa pensano al Fmi e all' Ocse. Tria nell' intervista esprime cautela, ma da economista sa bene che per fronteggiare spese importanti - come quelle per realizzare flat tax e reddito di cittadinanza - ricorrere all' Iva darebbe certezza ai conti.

 

Tra le molte ipotesi tecniche allo studio del Tesoro, in effetti, c' è anche un progetto per intervenire in modo articolato sulla imposta indiretta più importante. Ad esempio, con una riduzione delle aliquote Iva che gravano su generi di consumo di massa, come l' energia elettrica e l' acqua (oggi al 10%) ma anche gas e telefono (oggi tassati al 22%).

 

TRIA

Per queste voci sarebbe possibile - e anche abbastanza «popolare» - scendere all' aliquota minima del 4%. In tutti gli altri casi, invece, si accetterebbe l' aumento delle aliquote - rispettivamente, dal 10 all' 11,5%, e dal 22% al 24,2% - previsto dalle cosiddette «clausole di salvaguardia».

 

Tirando le somme, per far quadrare i conti con Bruxelles basterebbe reperire nelle pieghe del bilancio pubblico 4,5 miliardi, invece dei 12,5 miliardi necessari a una sterilizzazione completa dell' aumento Iva.

 

LE LACRIME DI ELSA FORNERO

Altri schemi, poi, prevedono anche un intervento per ridurre le accise che gravano sulla benzina. Sul resto della manovra Giorgetti pare scettico, consapevole che i margini per riforme radicali in questa legge di Stabilità sono pochi. «Non credo riusciremo a fare granché sulla Fornero», ammette.

 

Né la cancellazione, né la sua revisione totale, annunciata in campagna elettorale da entrambi i partiti di maggioranza. Resta in piedi «quota 100» come unica alternativa, pienamente sulla linea del ministro dell' Economia Tria, che si limita a parlare di interventi previdenziali «che non incidano in modo troppo pesante sulla spesa a medio e lungo termine».

maria elena boschi e giancarlo giorgetti

 

Per andare in pensione servirà un minimo di 64 anni di età, e sarà possibile inserire solo due anni di contributi figurativi. Già così la misura costa circa 4 miliardi.

 

Per far quadrare i conti, e avviare (in versione molto lontana dalle promesse elettorali) flat tax e reddito di cittadinanza, il governo certamente metterà mano a quelle che sono chiamate le «tax expenditures», ovvero le agevolazioni fiscali.

 

Sono tantissime, 468: accanto a molte sconosciute ai più o super-settoriali, ce ne sono tante che - se eliminate - potrebbero dare cospicui risparmi. Certamente, pagando un costo politico, con la protesta degli interessi di volta in volta toccati. Il ministro Tria fa sapere che le imprese pagheranno dazio, ma che nel mirino c' è anche il bonus Renzi da 80 euro. «Crea complicazioni infinite», dice, promettendo però che «il sistema va rivisto con la garanzia che nessuno perda nel passaggio dal vecchio al nuovo».

 

 

 

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