SPADAFORA FORA DAI DENTI - L’EX MINISTRO GRILLINO SI TIRA FUORI I MACIGNI DAI MOCASSINI E NEL SUO LIBRO LANCIA STOCCATE A CONTE, FICO E ANCHE A DI MAIO: “INCONTRARE I GILET GIALLI FU UN GESTO SCONSIDERATO” - MENTRE SI TRATTAVA PER IL CONTE TER, FU LUI A DARE A MARIO DRAGHI IL NUMERO DI GRILLO: “UNA MOSSA NON CONCORDATA CON NESSUNO AVEVA MESSO TUTTI DI FRONTE AL FATTO COMPIUTO…” - GLI ANEDDOTI GUSTOSI SU SALVINI: “QUANDO GIORGETTI SI ALZAVA PER TELEFONARE O ANDARE IN BAGNO LUI…”
VINCENZO SPADAFORA CON IL SUO LIBRO
Annalisa Cuzzocrea per “La Stampa”
«Nella vita ho amato più uomini che donne», racconta Vincenzo Spadafora fin dalle prime pagine della sua autobiografia. L'ex ministro dello Sport, già sottosegretario ai Giovani e alle Pari Opportunità, ora deputato semplice di un Movimento 5 stelle in subbuglio, parte dalla sua omosessualità solo accennandola.
E ci torna alla fine, quando - come ha fatto a Che tempo che fa - spiega che «la vita privata è un elemento che difficilmente un politico può tenere solo per sé». Parlarne per sentirsi liberi, quindi. Per far smettere il brusio di fondo di chi alle spalle racconta. Per «incoraggiare altri a non sentirsi soli e a non avere paura».
VINCENZO SPADAFORA GIUSEPPE CONTE
Ma le pagine di libri come questo Senza riserve. In politica e nella vita, in uscita domani per Solferino, vanno lette in filigrana per coglierne il senso reale. E sfrondate dalle notazioni personali e dalle aspirazioni di un uomo che ha realizzato il suo sogno di bambino, diventare un politico (l'alternativa era il presentatore tv e qualsiasi riferimento a Matteo Renzi è puramente casuale), queste pagine raccontano del sodalizio con Luigi Di Maio.
CASALINO DI MAIO VARRICCHIO SPADAFORA
Delle battaglie combattute come di quelle in corso. Così, Spadafora non risparmia critiche alla gestione del Movimento da parte di Giuseppe Conte. Avvertendo: «Se si chiude, è perduto». Se qualsiasi voce critica continuerà a essere vissuta come un fastidio, una scissione sarà inevitabile.
il coming out di vincenzo spadafora 3
Sa bene che i 5 stelle arrivano da tempi in cui le voci critiche, più che mal tollerate, erano cacciate al primo mugugno. Lo sa e non nasconde di essere stato, al principio, un marziano. Come quando disse a Di Maio: «Se riusciamo a sopravvivere al confronto con l'establishment sarà già un ottimo risultato» e lui lo avvisò: «Vincenzo, ti prego, non usare mai quella parola».
luigi di maio vincenzo spadafora
O quando dice di aver capito prima degli altri che uscire su un balcone a dire: «Abbiamo abolito la povertà», con tanto di militanti chiamati a portare le bandiere, sarebbe stato un boomerang. Come fu. E così Senza riserve sembra fare da complemento a Un amore chiamato politica. Laddove Di Maio tace, il suo (ex?) consigliere più fidato rivela.
Rapidamente, quando si tratta di momenti scomodi («L'ansia di prestazione e la volontà di non rinnegare il passato movimentista portarono Luigi a un gesto sconsiderato: andare a incontrare i Gilet gialli»). Più approfonditamente, quando vuole tirare stoccate agli avversari interni.
Almeno due sono rivolte a Roberto Fico: quando il Movimento trattava per la sua elezione alla presidenza della Camera e lui - il primo dei duri e puri - confermò che non bisognava andare per il sottile pur di arrivarci. O quando, mentre gli altri puntavano ancora a un Conte ter, diede a Draghi il numero di telefono di Grillo: «Una mossa non concordata con nessuno aveva messo tutti di fronte al fatto compiuto».
Gli aneddoti sono molti: quando Conte era a Gaeta e non voleva andare a Milano per incontrare Di Maio e Salvini, che dovevano fargli quella sorta di "provino" con cui fu scelto per guidare il governo giallo-verde (fu Spadafora a comprargli il biglietto). Quando Giorgetti si alzava per telefonare e andare in bagno e Salvini, che ne soffriva l'autorevolezza, si affrettava a dire: «Le conclusioni si tirano con me». O ancora Giorgetti, che davanti alla rosa del Movimento dice: «Il prefetto no, la donna no, se volete incontriamo questo avvocato».
VINCENZO SPADAFORA SENZA RISERVE
E poi - nella pazza estate del 2019 - smette di rispondere al telefono e ai messaggi: il segnale che quel governo stava per finire. Sulla fine del Conte due, invece, Spadafora esplicita quel che Di Maio aveva accennato: l'operazione dei responsabili ribattezzati "costruttori" fu una follia.
Così come fu sbagliato non aprire un tavolo con Renzi su rimpasto e riforma della giustizia. Ma è il giudizio sull'oggi, il più severo. Quello sulla politica dei selfie e dei like che non diventano voti (ma non valeva anche prima?). E su un Movimento che starebbe rimettendo un uomo solo al comando, ripetendo l'errore di sempre.