L’ORLANDO FURIOSO – IL GUARDASIGILLI SPEZZINO (MA NON RENZINO): “HO CERCATO DI DARE QUALCHE CONSIGLIO, MA MI SONO SENTITO RISPONDERE DI FARMI I FATTI MIEI” – “TUTTE LE VOLTE CHE CERCAVO DI DIRE QUALCOSA MI DICEVANO DI CANDIDARMI ALLE PRIMARIE”
Alessandra Costante per “la Stampa”
Non usa metafore calcistiche, il suo è il linguaggio semplice e serio di chi è cresciuto dentro ad un partito, ne ha attraversato fasi e cambiamenti, ha creduto in un progetto ed ora si ritrova tra le mani una manciata di cocci. Con l’unica, misera consolazione di un «l’avevo detto io». Non è il 5-2 nazionale a dispiacergli. Per quello Andrea Orlando, ministro della Giustizia, ha una spiegazione: «Alle Europee eravamo ancora in luna di miele con il Paese, ora governiamo: è una storia diversa, più difficile».
Ciò che gli rode, da ligure, da spezzino, è il crollo della Liguria sotto il peso di un partito flagellato dalle divisioni, dai personalismi, dalle inimicizie. E sordo al confronto. «Ho cercato di dare qualche indicazione, molto felpata come è mio uso e costume, come richiede il mio ruolo, ma mi sono sentito rispondere “fatti i fatti tuoi”.
Tutte le volte che si cercava di dire qualcosa, la risposta era sempre “candidati alle primarie”, come se fossero la soluzione taumaturgica». Il rimpianto è la mancanza di confronto per cui «gli avversari ormai sono vissuti come rompiscatole».
Domenica, la notte della sconfitta Andrea Orlando era a La Spezia, a casa sua. Ha seguito tutto: exit poll, proiezioni, commenti. È andato a dormire seriamente preoccupato. Accompagnato dalla convinzione che sulla performance del Pd - facendo la media del pollo nelle sette regioni al voto si colloca al 25% - «ci siano elementi su cui riflettere». Un 25% molto lontano dal 40% delle europee del 2014 , anche se «il confronto è sbagliato: l’anno scorso il governo era appena insediato, eravamo in luna di miele con il Paese, ora invece tutti i governi europei perdono». Eppoi perché, non se lo nasconde Orlando, «rispetto alle europee nelle regionali sugli elettori pesa l’esperienza del partito e di chi amministra».
Ufficialmente il 5-2 è consolatorio per una grande fetta di Pd. Orlando si iscrive al club di chi vede il bicchiere mezzo pieno pure se le forze antistemiche sono più forti che in passato (Lega Nord e M5S) e la partecipazione al voto è caduta: «Abbiamo tenuto, ma l’allarme c’è. Ma o si cambia la politica europea del rigore o i sistemi politici entrano in crisi».
C’è una cosa però, secondo il guardasigilli, che influisce a prescindere del tipo di elezione «ed è il partito». Liquido o strutturato? «Dopo le europee dissi che dovevamo ricostruire il Pd, avevamo posto anche il problema dell’articolo 49 della Costituzione e lo statuto dei partiti». Inascoltato.
Almeno per ora. In pochi mesi il Pd si è sfracellato contro il muro delle divisioni. Risultato: in Liguria ha consegnato la Regione al centrodestra. Nel dopo voto la grande sconfitta, Raffaella Paita, ha addossato la colpa a chi se ne è andato dal Pd, come il civatiano Luca Pastorino (che con Rete a Sinistra ha raggiunto il 9,41%). «Condivido la condanna verso chi ha lasciato il partito: se facciamo le primarie il candidato che vince è quello giusto».