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LA BALENA (POCO) BIANCA – AD AVELLINO SPUNTANO MIGLIAIA DI FALDONI CHE RIPERCORRONO LA STORIA SPORCA DELLA DC – DOCUMENTI, LETTERE E CONTI IN NERO – ECCO L’ARCHIVIO DEL PARTITO CHE GIANFRANCO ROTONDI E ROCCO BUTTIGLIONE SALVARONO DAL MACERO CARICANDOLO SU UN FURGONE E CHE UNA SIGNORA HA CUSTODITO, A SUA INSAPUTA, PER 40 ANNI

FALDONI DCFALDONI DC

Daniele Di Mario per Il Tempo

 

Migliaia di faldoni impolverati, tutta la leggenda della Dc. Per la prima volta vedono la luce dopo 30 anni di oblio. Conti correnti, movimenti bancari per 30 miliardi di lire solo nel '92, lettere di raccomandazioni, report dei servizi segreti, litigi fra vecchi segretari, rapporti su società immobiliari, contabilità in nero, finanziamenti a giornali, associazioni, sindacati.

 

Un volume immenso di carta ingiallita che racconta un pezzo di storia italiana a testimonianza dei cinquant'anni di vita della Democrazia Cristiana, dal 1946 al 1993, anno del suo scioglimento. Si tratta dell'archivio amministrativo della Balena Bianca, documenti che non hanno nulla a che fare con il patrimonio immobiliare finito poi al Partito Popolare.

 

L'archivio, portato ad Avellino con un furgone da Gianfranco Rotondi e Rocco Buttiglione, che così lo salvarono dal macero, è stato coperto da embargo per vent'anni. Ora Il Tempo ha potuto visionarlo in esclusiva nella sede della Fondazione Sullo, ad Avellino, dov'è conservato. In quelle carte c'è la vita del partito che ha governato l'Italia dal secondo dopoguerra alla fine della Prima Repubblica. In fin dei conti c'è un pezzo consistente della storia di tutti noi.

 

 

ROTONDIROTONDI

I CONTI CORRENTE

Tutto si può dire della Democrazia Cristiana, fuorché che non fosse trasparente. Tutt'altro, i democristiani che nel tempo si sono succeduti nell'amministrazione del partito annotavano qualsiasi cosa. Cambiavano i segretari politici, cambiavano i segretari amministrativi, cambiavano i tesorieri, ma la rendicontazione del fiume di denaro che entrava e usciva dai conti correnti della Dc restava sempre la stessa, annotando anche i contributi in nero sotto diverse locuzioni, ad esempio “contributi non formalizzati”. Così orientarsi in quel mare di numeri è la cosa più facile del mondo, indipendentemente dall'anno che si prende in considerazione. Parliamo naturalmente di cifre miliardarie. Ovviamente in lire. Peschiamo a caso dalle migliaia di cartelline usurate dal tempo.

 

 

I CONTI DEL 1961

Le spese sostenute da piazza del Gesù nell'Anno Domini 1961 furono di oltre 4 miliardi e 650 milioni di lire. Un'enormità, considerando che stiamo parlando di oltre 55 anni fa. Le spese indivisibili ammontavano a oltre 439 milioni. C'erano poi i contributi ai vari movimenti: 123 milioni al giovani, 97 al femminile, 23 ai reduci di guerra, 22 alla polisportiva Libertas e mille altri.

 

Gli Uffici Gestionali rappresentavano invece il cuore operativo della Balena Bianca. Piazza del Gesù assorbiva il grosso dei costi. La segreteria politica, ad esempio, costava 169 milioni l'anno, quella amministrativa 139 e quella organizzativa, su cui pendeva l'onere del tesseramento, dei comizi, delle campagne elettorali, arrivava a pesare per quasi 270 milioni di lire dell'epoca sui conti del partito tra stipendi, spese logistiche, stampe, noleggio automobili. Le sole spese di preparazione del congresso nazionale ammontarono a 4,8 milioni, mentre di manifestazioni elettorali furono spesi oltre 320 milioni.

 

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Le manifestazioni straordinarie pesarono in bilancio per oltre 139 milioni.Nel 1961, ad esempio, in televisori la Balena Bianca spese 22 milioni, per la cancelleria 3 milioni. Tornando alle articolazioni di Piazza del Gesù, nei conti di quell'anno si riscontrano anche 114 milioni per l'ufficio Spes, 35 per le attività culturali, 48 per l'ufficio enti locali, 25 per l'elettorale, 72 milioni erano invece appannaggio del centro studi e formazione. La Dc destinava anche 21 milioni per l'anno 1961 ai problemi assistenziali.

 

Un fiume di milioni anche alla stampa di partito: un miliardo al Popolo, 84 milioni alla Discussione fondata da De Gasperi, 10 milioni a Civitas, 368 al Giornale del Mattino, 74 al Corriere del Giorno, 60 all'Avvenire d'Italia e 22 all'Adige. I contributi ordinari ai comitati provinciali e regionali ammontavano a 667 milioni di lire. Le società collegate – come l'Immobiliare, la Società Edilizia Romana, la Sari Camiluccia e la Affidavit – pesavano per 274 milioni. Gli interessi passivi sullo scoperto di conto corrente erano di 103 milioni. La situazione debitoria generale invece era di oltre 4,3 miliardi.

 

 

TRENT'ANNI DOPO

aldo moro aldo moro

Il volume dei movimenti bancari della Dc crebbe a tasso d'inflazione. Aumentavano i prezzi, si svalutava la lira e la mole di denaro nei conti correnti di Piazza del Gesù cresceva nonostante la scala mobile fosse stata abolita da qualche anno. Tra il 1991 e il 1992 la Dc aveva sei conti correnti presso altrettanti istituti di credito: Banca Nazionale dell'Agricoltura, Banco di Santo Spirito, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Bergamo, Banco Roma e Banco di Napoli. Nei movimenti bancari si notano entrate mensili tra contributi non meglio specificati – probabilmente tangenti o altri contributi in nero – e versamenti per il tesseramento.

 

Nelle uscite c'è di tutto. Gli stipendi ogni mese pesavano per oltre 850 milioni di lire. Ma a venire finanziate erano anche agenzie di pubblicità che beneficiavano di erogazioni periodica mensili per 200, 600 o 800 milioni ognuna. Nel maggio del 1991 Il Popolo, il quotidiano Dc che riceveva ogni mese 580 milioni di lire, verso' 3,9 miliardi alla Dc che ne rigirò altrettanti pochi giorni dopo per ripianare delle uscite. Registrati anche i contributi previdenziali: rate da 519 milioni all'Inps. Gli stipendi delle società immobiliari ammontavano a 20 milioni al mese, mentre quelli della Camilluccia a 5. Annotati anche prelievi di cassa per conto di Ciriaco De Mita, alcuni dei quali ammontano a oltre 30 milioni (1- continua)

ballottaggi   de mita nusco 2ballottaggi de mita nusco 2

 

 

La signora Iole se n’è andata all’inizio del giugno di due anni fa, poco dopo aver portato a termine una missione di cui non era a conoscenza ma che pure le era stata affidata, consegnando questa donna irpina in qualche modo alla storia di questo Paese. La signora Iole si è spenta il 3 giugno del 2014, dopo aver custodito, senza saperlo l’archivio della Democrazia Cristiana. Migliaia di faldoni, documenti, appunti, ricevute, note spese messi in salvo da Gianfranco Rotondi e da Rocco Buttiglione, grazie a un furgoncino rimediato mentre in piazza del Gesù si consumava l’abbandono della storica sede della Balena Bianca ormai sciolta e il prezioso archivio rischiava di andare perduto per sempre. Era il 1993.

 

La Democrazia Cristiana - liquidata dall’ultimo segretario Mino Martinazzoli, sconvolta da Tangentopoli e fiaccata da vent’anni di crisi di un partito che non aveva saputo rinnovare il cattolicesimo politico dopo le novità portate dal Concilio del Vaticano II nell’impegno del laicato - esauriva la sua storia in una scissione che avrebbe finito col generare una diaspora infinita dei cattolici democratici.

BUTTIGLIONEBUTTIGLIONE

 

La Democrazia Cristiana divenne Partito Popolare, non senza fratture importanti: la frangia cattolico-sociale guardò a sinistra; il Centro Cristiano Democratico (Ccd) ruppe gli argini verso il centrodestra che si andava aggregando attorno alla discesa in campo di Silvio Berlusconi. Il patrimonio della Dc restò al Ppi, il simbolo seguì invece il Cdu. Nel 1995 poi, il segretario del Ppi Rocco Buttiglione lasciò il partito per fondare i Cristiano Democratici Uniti (Cdu). Nel 2002 Ccd e Cdu si fusero per fondare l’Udc; nello stesso periodo il Ppi - rottamato nel 1999 alle elezioni europee dai Democratici di Romano Prodi - confluì nella Margherita. Ma questa è un’altra storia. Torniamo al 1993.

MARTINAZZOLIMARTINAZZOLI

 

Mentre la Dc moriva Rotondi e Buttiglione, con un furgone, misero in salvo l’archivio. Migliaia di faldoni, documenti, appunti, ricevute che coprono un arco temporale dal 1946 al 1993 presero la via di Avellino, dove vennero conservate in tre stanze di un appartamento il cui canone di locazione e utenze venivano pagate dagli eredi della Balena Bianca.

 

PIAZZA DEL GESU'PIAZZA DEL GESU'

In quella casa viveva la signora Iole, che conservò per vent’anni un archivio tenuto rigorosamente sotto chiave e che rappresenta un pezzo di storia della nostra Repubblica. La gente passava davanti a quella casa - racconta divertito Rotondi - e sentiva l’odore della divina pasta e fagioli o del fantastico ragù che la signora Iole sapeva cucinare e non immaginava che lì dentro ci fosse un archivio tanto importante. L’accordo era che quei documenti non potessero essere resi pubblici per vent’anni, dal 1993 al 2013. Un embargo finito pochi mesi prima della scomparsa della novantenne irpina.

 

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All’indomani della morte della signora Iole, Rotondi annunciò la propria intenzione di voler trasferire l’intero archivio della Dc all’Istituto Sturzo, a condizione che anche il simbolo fosse consegnato alla Fondazione sottraendolo alla contesa elettorale. Lo Scudo Crociato non fu ovviamente consegnato a via delle Coppelle. Così Rotondi si tenne l’archivio e oggi, a tre anni dalla fine dell’embargo ventennale che lo teneva celato, lo regala in esclusiva ai lettori de Il Tempo.

gianfranco rotondigianfranco rotondi

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