STIPENDI A VITA, SENATORI A PIACERE: I QUATTRO NEOELETTI DI RE GIORGIO GIÀ DISERTANO LE SEDUTE IN AULA
Paolo Bracalini e Francesco Cramer per "Il Giornale"
«Mi sia consentita un'osservazione. Qualche giorno fa sono stati nominati quattro senatori a vita per altissimi meriti nel campo sociale, culturale e scientifico: avrei tanto voluto avere il conforto della loro opinione in questa discussione».
Giovedì 19 settembre, aula di Palazzo Madama. Si sta discutendo un decreto legge per la valorizzazione e il rilancio dei beni culturali. A parlare, anzi urlare tutta la sua indignazione, è il senatore Stefano Candiani, parlamentare del Carroccio alla sua prima legislatura ma con le idee più che chiare. Il suo intervento strappa applausi dai colleghi leghisti, pidiellini e perfino grillini.
Ammutoliti, invece, i senatori piddini. Chissà come mai. Candiani spiega perché avrebbe preferito vedere i nuovi senatori partecipare ai lavori: «Anche per togliere al Paese il dubbio che non sono stati nominati dal presidente della Repubblica solo per garantire voti di fiducia al governo! Qui si parla di cultura. Dove sono questi nostri colleghi a vita?».
Tra i banchi pidiellini è un tripudio di «Bravooo!». La senatrice Anna Maria Bernini addirittura si alza in piedi. «Dove sono? Qui si vede chi sta dalla parte della cultura - prosegue il leghista - e chi invece è solo qui per opportunità politica». Altra pioggia di applausi da Lega, Pdl e pentastellati. Altro silenzio imbarazzato a sinistra.
Già , dov'erano Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Renzo Piano? Missing. Uno dice: vabbè, forse proprio quel giorno avranno avuto da fare. Peccato che consultando il sito del Senato, alla pagina «Riepilogo presenze», si resti un po' basiti. Dalla data della loro nomina, 30 agosto, ci sono state ben 14 sedute con 138 votazioni.
Ebbene: Abbado Claudio, presenze 0, votazioni 0. Rubbia Carlo, presenze 0, votazioni 0. Piano Renzo, presenze 0, votazioni 0. Cattaneo Elena, presenze 2, votazioni 2. Applausi per la stakanovista neosenatrice che distacca i colleghi con un mirabolante 1,45% di presenze nel Palazzo.
Al senatore Candiani proprio non va giù che non si siano fatti vedere il giorno della discussione e votazione di «un provvedimento che sta alla base della loro nomina». Non solo: «Facciano come i soci onorari di una qualsivoglia società : si autosospendano dal voto altrimenti alimentano il legittimo sospetto di essere strumento di altre logiche politiche».
Chiaro no? Il battagliero senatore leghista, giusto ieri, ha annunciato via Facebook: «Sto preparando un disegno di legge costituzionale per l'abrogazione della carica di senatore a vita. Non sarà una soluzione in grado di risolvere i problemi del Paese. Ma sarà almeno una risposta concreta alla anacronistica e degenerata presenza di questi uomini (donne) del presidente».
Un tripudio di commenti tra «Bravo» e «Sperèm». Ma non è finita qui perché i senatori a vita, beati loro, hanno le indennità equiparate ai loro colleghi «normali» (4.800 euro netti solo di stipendio) ma con un benefit in più: per loro, a differenza dei senatori «semplici», non sono previste decurtazioni alla diaria (3.500 euro al mese per il soggiorno) per ogni giornata di assenza dai lavori parlamentari. Poi ricevono: 4.180 euro per il supporto collaboratori (da rendicontare), più altri 1.650 euro di «rimborso forfettario per spese generali», più gli uffici (più grandi degli altri, off course a palazzo Giustiniani) con personale annesso.
Insomma, tra i 9mila e i 13mila euro al mese per ogni «fantasma». Che per quattro (numero dei neo senatori a vita), per dodici mesi, fa circa 480mila euro l'anno. Che lievita a circa un milione l'anno per via delle tasse. Un regalino di Stato vita natural durante.
Lucio Malan (Pdl) commenta così: «In effetti, in un periodo in cui si cerca di limare il limabile, imponendo duri sacrifici agli italiani, tutto questo non ha senso. E non l'avrebbe neppure se non sapessimo dove mettere i soldi». Mentre Jonny Crosio, altro senatore leghista, commenta così: «All'illustre collega Renzo Piano vorrei chiedere se darebbe ugualmente lo stipendio a uno dei suoi collaboratori se non si presentasse mai in ufficio. Evidentemente sì».
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