UN DEMOCRISTIANO AL CENTRO DEI MISTERI D’ITALIA: LA STORIA DI GRAZIANO VERZOTTO, COINVOLTO NELL’OMICIDIO DI MAURO DE MAURO E “SOSPETTATO” DI AVERE AVUTO UN RUOLO NELLA FINE DI ENRICO MATTEI - MORTO NEL 2010, VERZOTTO COMPARE NELLE VICENDE PIU’ OSCURE, COMPRESA LA MORTE DI SINDONA - QUELLE “FREQUENTAZIONI PERICOLOSE” CON LUCKY LUCIANO - NEL ’70 SFUGGI’ A UN SEQUESTRO E SPARI’ PER 17 ANNI, LATITANTE TRA PARIGI E BEIRUT…

Felice Cavallaro per il "Corriere della Sera"

Se ha fatto uccidere Mauro De Mauro, potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale come mandante nel sabotaggio dell'aereo che costò la vita a Enrico Mattei. Tanti se e troppi condizionali che la voluminosa sentenza della magistratura palermitana lascia irrisolti sulla storia e sulla leggenda di Graziano Verzotto, anche perché descrive un contesto, ma assolve Totò Riina e non condanna nessuno.

Beh, se l'ex potente presidente dell'Ems, l'ente minerario siciliano, fosse vivo una nuova indagine la procura di Palermo non gliela risparmierebbe. Ma il democristiano di Santa Giustina in Colle che Fanfani spedì da Padova in Sicilia per soffocare il "milazzismo" sarebbe pronto a negare ogni responsabilità ribadendo l'autodifesa del suo libro presentato nel 2009 a Siracusa, un anno prima della morte, e riproponendo la sua amicizia con Mattei, conosciuto sulle montagne della Resistenza.

Il futuro presidente dell'Eni, comandante dei partigiani cattolici in Lombardia. Il suo braccio destro, capo della stessa formazione nell'alto padovano, la terra dove era nato nel 1923. Uniti nell'associazione dei partigiani cristiani e ritrovatisi in Sicilia, fra i pozzi di Gela e Gagliano Castelferrato, Mattei e Verzotto hanno dovuto poi misurarsi con altre battaglie interne all'Eni per gli accordi diretti col mondo arabo contestati come un attentato all'unità atlantica e agli affari petroliferi delle cosiddette Sette Sorelle.

Tra le righe, accennando e insinuando, seppure pronto a negare, Verzotto ha sempre invitato a considerare chi guadagnò posizioni e potere dalla morte di Mattei, facendo capire che a giovarsi del misterioso incidente sul cielo di Bescapè, a lucrare sulla fine di quel volo partito dall'aeroporto di Catania, era stato l'avversario della vittima, cioè Eugenio Cefis.

Una versione accreditata da una nota riservata del Sisde e dalle dichiarazioni di Junia De Mauro, una delle figlie del giornalista fatto sparire la sera del 16 settembre 1970, a sua volta impegnato nella ricostruzione dell'attentato per il film di Francesco Rosi.
Sta tutto fra gli atti giudiziari in cui campeggiano però le insinuazioni di Tommaso Buscetta, lo storico pentito convinto che la bomba sull'aereo fosse stata collocata dal boss Giuseppe Di Cristina, il capomafia di Riesi dove Verzotto andò come suo testimone di nozze insieme con il padrino di Catania Giuseppe Calderone.

Frequentazioni inquietanti perfino con Lucky Luciano che Verzotto incrocia all'Hotel delle Palme durante un vertice di mafia internazionale a Palermo, proprio nei giorni in cui lui organizza un trabocchetto e fa incastrare per corruzione un comunista impegnato nel sostegno al governo Milazzo, così caduto in modo inglorioso. Una medaglia al "valore democristiano" per il padovano catapultato a Siracusa dove sposa Nicotra Fiorini, la segretaria provinciale della Dc, senatrice, famiglia ricca, pronto a sostituirla in tutte le cariche, lasciandole solo la presidenza della squadra di calcio.

Ma la carriera la fa a Palermo, da segretario regionale della DC, dal 1962 al 1966, quando diventa presidente dell'Ems. Sempre in sintonia con Piazza del Gesù da dove Rumor nel '64 lo spedisce a Mussomeli perché la sezione Dc s'era ribellata con migliaia di firme contro il provvedimento di confino imposto a quel galantuomo di Genco Russo, successore di Calogero Vizzini al vertice di Cosa Nostra. Verzotto va come "garante della legalità". Poi tutto tace.

Mai una sola censura per gli amici del boss. Finisce nei guai subito dopo il sequestro De Mauro, nel 1970, per lo scandalo dei fondi neri. Resiste cinque anni, avverte il tintinnio delle manette, si dimette, torna a Siracusa dove sfugge a un tentato sequestro mai chiarito, l'impermeabile bucato da un proiettile, e sparisce per 17 anni. Latitante un po' a Beirut, un po' a Parigi. Fino al 1992 quando un indulto gli consente di tornare in Italia senza il rischio carcere e tacendo sugli intrighi finanziari legati a Michele Sindona.

La prima traccia di quegli intrighi si trova nell'agenda personale dell'allora capo dei Corleonesi, Luciano Liggio, dove figura il numero di telefono di Ugo De Luca, il direttore generale del Banco di Milano. Vengono trovati alcuni libretti al portatore per decine di miliardi delle vecchie lire. Muto come un pesce quando gli chiedono di chi è quel denaro.

Di certo fra i suoi più intimi amici c'è Verzotto, ma nessuno se ne accorge fuorché l'avvocato Giorgio Ambrosoli quando diventa il liquidatore della Banca privata italiana, perno dell'impero di Sindona. Ambrosoli scopre che Verzotto incassa gli interessi in nero sui depositi dell'Ems e delle altre società pubbliche di riferimento.

E' lo stesso dubbio che monta in Boris Giuliano, il capo della Squadra Mobile di Palermo che sarà ucciso nel luglio 1979, 11 giorni dopo Ambrosoli. Un'esecuzione annunciata dallo stesso Sindona a Enrico Cuccia, il grande vecchio di Mediobanca che lo raggiunge a New York e rientra a Milano senza lanciare un allarme allo stesso Ambrosoli.

Trame, congiure e misteri internazionali che nel sequestro De Mauro hanno uno snodo con figure ambigue come quella di Verzotto e di alcuni suoi amici eccellenti, a cominciare da un altro Mister X, Vito Guarrasi, l'Avvocato che per se stesso immaginò un epitaffio, perfetto anche per il manager arrivato da Padova: "Fu un uomo intelligente e chiacchierato".

 

 

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