TABUCCHI POLITICS - DI LUI HANNO SCRITTO LA QUALUNQUE: GIROTONDINO, FIRMATARIO CRONICO DI APPELLI, PROTOTIPO DELLA GAUCHE CON VISTA MARE ALL’ESTERO, E ANCORA, ESTREMISTA, OSSESSIONATO DALL’ANTIBERLUSCONISMO, PERSINO GOLPISTA - SCRISSE CHE “L’ITALIA È PIENA DI STRONZI” NON TRALASCIANDO DI STURARE LE ORECCHIE AGLI INTELLÒ PARIGINI SCRIVENDO SU “LE MONDE” CHE BATTISTI ERA UN ASSASSINO E “COLLABORATORE DEI SERVIZI FRANCESI”…
1- "L'ITALIA Ã PIENA DI STRONZI"
Paolo Bracalini per "il Giornale"
«Mussolini, Hitler, Salazar...». E poi Silvio Berlusconi, col povero Carlo Azeglio Ciampi che «rischia di avere lo stesso ruolo che ebbe Vittorio Emanuele III col Duce» sostenne Tabucchi anni fa, già monumento equestre culturale da immolare contro il berlusconismo, male assoluto o poco meno. «Chi è Tabucchi? Non lo conosco», ironizzò il Cavaliere quando gli fu chiesto, nel '95, un commento ad un editoriale politico del romanziere, già durissimo.
«Con uscite come queste non credo si possa candidare a diventare un classico», sostenne Berlusconi. Sbagliava. Quanto meno in vita il pisano-portoghese Tabucchi si è concepito come classico, da Sostiene Pereira in poi, votato all'impegno civile per salvare quanto poteva dell'Italia. Il suo è stato un odio profondo verso il Cavaliere ma prima ancora verso l'Italia che lo votava, ancora tuttavia emendabile perché, come spiegò sull 'Unità ,«l'Italia è piena di stronzi,ma non tutti gli Italiani lo sono».
Sicuramente tali sono quelli che vanno in vacanza nelle isole tropicali, categoria disprezzata da Tabucchi, quelli «che quando si sposano vanno in viaggio di nozze alle Seychelles o alle Comore. Quando tornano, sul loro volto non c'è scritto niente... Sono solo abbronzati». L'Italia delle persone medie, la gente da pacchetto all inclusive e volo low cost , la maggioranza, che produceva però orrore nel difensore della democrazia ( purché a debita distanza dalle masse ignoranti) Antonio Tabucchi.
Romanziere acclamato, la sua analisi politica non ha forse raggiunto altrettante vette. Quando elaborò una sorta di fantasmagoria apocalittica sull'Italia, ospite di Micromega , Tabucchi usò la parola «merda» sessantaquattro volte, una ogni 2,28 righe. Sempre sulle pagine micromeghiane, Tabucchi tornò al suo bersaglio più succulento, Giuliano Ferrara (querelato, contestato e ricambiato, «sono vittima di una Fatwa» arrivò a dire Tabucchi), colpito anche in quanto «ciccione» e «grassone», con toni da apartheid dietetico: «Balla,ciccione,balla,Salomé obesa,barrisci, uggiola, guaisci, fai libagione nella merda, fai ballare i tuoi rotoloni, diverti il tuo pubblico, hanno portato gli ombrelli per ripararsi quando scoppierai».
Tutti epifenomeni del grande Male, «il microbo che si è diffuso in tutta Europa»(come ha scritto nell'ultimo suo articolo, per El Pais ), cioè il berlusconismo. Grande sottoscrittore di appelli e raccolte firme per cacciare Berlusconi, di adunate e piazze girotondine, come quella del luglio 2008 (piazza Navona) contro il Lodo Alfano, con ideali riassunti dallo scrittore quasiÂportoghese, sempre su Micromega : «Nella Fattoria di Orwell tutti gli animali erano uguali, ma i maiali erano più uguali degli altri. Col lodo Alfano quattro maiali sarebbero più uguali degli altri».
Merda, maiali, barriti, è l'Italia, sostiene Tabucchi. In un'intervista spiegò di non volerne sapere della nazionale di calcio, perché c'era un partito chiamato Forza Italia e lui si rifiutava di pronunciarla. Qualcuno gli fece notare: maestro, e allora chi non è socialista non dovrebbe dire «avanti» se bussano alla porta? Ma lui, imperterrito, prima di un Italia-Messico, intervistato da una radio messicana, ribadì il concetto: «Berlusconi sta calpestando la Costituzione. L'attualità politica italiana lo rende un Paese nel quale parlare di calcio è un crimine. Pertanto il mio pronostico è questo: "Que viva Mexico!"».
2- ANTIBERLUSCONIANO NON POLITICO, APRÃ GLI OCCHI AGLI "INTELLÃ" PARIGINI
Jacopo Iacoboni per "la Stampa"
Girotondino, firmatario cronico di appelli, prototipo della gauche con vista mare all'estero, e ancora, estremista, ossessionato dall'antiberlusconismo, persino golpista... Foste stati dietro ai cliché cucitigli addosso dal dibattito politico italiano, e spesso non solo dai media antipatizzanti, avreste immaginato il fantoccio di un uomo a una dimensione.
La realtà è che Antonio Tabucchi era il prototipo dell'uomo multiplo, anzi, di uno che abitava la dimensione parallela di Sostiene Pereira ma soprattutto quella di Requiem , un intellettuale per il quale la politica, come raccontò una volta a Lisbona, «è l'arte di essere uomini liberi, ma tutti insieme».
Capirete dunque quanto tutto questo si sposasse con la politica italiana, almeno quella che mal digeriva il suo antiberlusconismo non ricattabile. Perché era antiberlusconiano, sì, Tabucchi: e della specie più difficile da sopportare, quella che non si sottraeva agli aspetti rituali dell'antiberlusconismo. Ma era in una categoria un po' diversa, per dire, da quelli coi quali pure firmò gli appelli che avviarono la stagione dei girotondi nel 2002, e cioè i Dario Fo e i Beppe Grillo.
Era antiberlusconiano non politico, alla Nanni Moretti, semmai in una forma atemporale, perché, disse una volta all' Unità , «i regimi hanno qualcosa di sovrastorico», che ha a che fare con l'anima e il tempo: e,secondo Tabucchi, l'Italia berlusconiana aveva configurato un regime. Per dire, nel 2011, ad aprile, attaccando un articolo scritto da Asor Rosa sul Manifesto, Il Foglio fece una pagina sui «deliri golpisti di Asor Rosa & C..», e indovinate chi era il primo dei compagni? Ovviamente, Tabucchi. Lo stesso giornale che l'aveva elogiato per la strenua difesa di Adriano Sofri.
E insomma, era lui che non capiva la politica o la politica strutturalmente impossibilitata a capirlo? La sua totale eterodossia non aiutava. L'ultima prova eclatante l'aveva data, forse, a gennaio di un anno fa, quando, di fronte all'ennesima riacutizzazione del caso-Battisti - il terrorista italiano fuggito prima in Francia, e di lì in Brasile, e condannato all'ergastolo per omicidio - scrisse un pezzo memorabile su Le Monde.
Disse, lui che Francia e Italia un po' le conosceva, che Battisti era un assassino. Che aveva materialmente sparato in due dei quattro omicidi per i quali è condannato. Sturò letteralmente le orecchie agli intellò parigini che avevano mistificato il ritratto dell'Italia. Per capirci, scrisse che Battisti aveva la vita facile in Francia non per i libri, o per l'alone pseudoromantico, ma perché «collabora con i servizi francesi».
Osservò che Bernard-Henri Lévy doveva «riflettere sull'irresponsabilità che dimostra». A Fred Vargas, che criticava la legge italiana sui pentiti, ricordò che la pentita Frédérique Germain, la celebre Blond-Blond che fece condannare i capi di Action Directe, «non ha mai scontato la pena perché aveva collaborato con la giustizia». Era lo stesso Tabucchi che - dopo la decisione del tribunale italiano, nel '99, di rifiutare la revisione del processo Sofri chiesta dalla Cassazione - scrisse sul Corriere : «Questo non si chiama Stato di diritto, si chiama succedaneo di uno Stato di diritto».
Certo, seppe essere feroce. Disse, per esempio, che nella fattoria di Orwell i maiali erano tutti uguali, mentre col lodo Alfano «quattro maiali sarebbero più uguali degli altri»; ma non è neanche vero che fosse fissato con Berlusconi. Veltroni, che pure era stato un punto di riferimento dei girotondi, finì vittima di una sua invettiva quando lo scrittore recapitò in piazza Navona - l'8 luglio 2008, via MicroMega - un video in cui osservò che «Veltroni fa cadere le braccia, ha l'enorme responsabilità di una pseudo-opposizione». Attaccava Berlusconi, soffriva per la sinistra succedanea, di un Paese succedaneo.
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