
IL TAR DECIDE CHE CAPODANNO ARRIVA A MAGGIO: CANCELLATA SOLO ORA L’ORDINANZA DELLA RAGGI CHE VIETAVA I BOTTI DELLA VIGILIA – MA E’ SOLO L’ULTIMA FOLLIA DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO: SCIOCCHEZZAIO DELLE SENTENZE PIU’ RIDICOLE, MA VERE: DAI TATUAGGI DEI MILITARI ALLE BOCCIATURE A SCUOLA EVITATE
1 - IL TAR SI SVEGLIA PER I BOTTI DI CAPODANNO
Manuel Fondato per “il Tempo”
Il Tar veste i panni del Marchese Del Grillo, si sveglia e, dopo cinque mesi, beffa la Giunta grillina annullando l' ordinanza del sindaco Virginia Raggi, che aveva vietato i fuochi d' artificio dal 29 dicembre fino all' intera notte di San Silvestro su tutto il territorio della capitale. I giudici, ormai "a babbo morto", hanno ritenuto non legittimo adottare questo strumento, con carattere d' urgenza, per regolare la questione dei botti.
È stato quindi accolto il ricorso proposto "all' epoca" da alcuni titolari di attività di vendita al dettaglio di prodotti pirotecnici con sede nel Comune di Roma. Tutto ha inizio il 22 dicembre del 2016 quando la contestata ordinanza sindacale urgente sancì il divieto assoluto, per lo scorso Capodanno, di usare materiale esplodente, fuochi artificiali, petardi, botti, razzi, nonché di materiale esplodente «declassificato», a meno di metri 200 dai centri abitati, dalle persone e dagli animali.
La ratio del provvedimento amministrativo fu l' urgente necessità di adottare delle misure idonee a garantire l' incolumità pubblica, la sicurezza urbana, la protezione degli animali e assicurare le necessarie attività di prevenzione sul territorio comunale. Per il Tar, nonostante l' ordinanza Piazza del Popolo Spettacolo pirotecnico nel centro della Capitale abbia spiegato i suoi effetti, circoscrivendoli al solo periodo in oggetto, l' interesse al ricorso permane, in quanto «può ritenersi costituito, trattandosi di provvedimenti il cui contenuto precettivo è reiterabile, anche dall' esigenza di evitare che atti di analogo contenuto siano posti in futuro».
Il ricorso è stato ritenuto fondato, in quanto i giudici sostengono anche che «non è legittimo adottare ordinanze contingibili ed urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili, le quali, invece, potrebbero essere utilmente fronteggiate e disciplinate con i mezzi ordinari».
La conclusione è che «l' assenza di imprevedibilità della situazione disciplinata con l' ordinanza contingibile ed urgente rende fondata la censura» proposta, e «determina l' accoglimento del ricorso e l' annullamento dell' impugnata ordinanza, salve le ulteriori determinazioni che, nell' esercizio della propria potestà discrezionale, l' amministrazione comunale vorrà eventualmente adottare per fronteggiare in futuro, avvalendosi dei mezzi ordinari messia disposizione dall' ordinamento, le situazioni di criticità riscontrate, a tutela dei delicati interessi pubblici in rilievo».
Quindi, nonostante l' anno non sia nemmeno arrivato al giro di boa, le toghe hanno pensato già alla prossima fine, "avvisando" la prima cittadina di consentire serenamente ai romani disparare i loro botti e alle aziende produttrici di venderli. Vedremo se la Raggi si godrà dalla sua finestra gli spettacoli pirotecnici della mezzanotte o brandirà "la clava" reiterando un provvedimento restrittivo.
2 - CENTURIONI, TATUAGGI E PURE I CANI A DETTAR LEGGE SONO SEMPRE LE TOGHE
Pietro De Leo per “il Tempo”
Le sentenze del Tar sono suggestive perché fanno antologia. E così, oltre a quella sui botti, la povera Virginia Raggi se n' è dovuta sorbire settimane addietro altre due piuttosto rognose, che vanno a colpire la campagna anti abusivismo messa in campo della Sindaco.
Così ecco i provvedimenti che, nello scorso dicembre, hanno sospeso le ordinanze che vietavano l' attività dei centurioni e la circolazione dei risciò. Ma questo rientra, diciamo così, in una casistica piuttosto ordinaria. Il fatto curioso è quando i Tar, un po' in tutta Italia, spesso vanno a coprire ogni aspetto, anche quello apparentemente più recondito, dello scibile umano.
E dunque ecco il Tribunale Amministrativo del Lazio intervenire per cancellare la bocciatura di un ragazzo di un liceo classico romano. La famiglia aveva fatto ricorso perché lo studente aveva delle insufficienze sulle materie scientifiche, ed essendo la scuola a vocazione umanistica quel tipo di discipline (dove invece il pargolo andava decisamente meglio) avrebbero dovuto «pesare» di più. E dunque, analizzato il caso, secondo i giudici i professori non avrebbero compiuto un' adeguata valutazione del rendimento.
Sempre in termini di scuola, nel 2012 il Tar accolse il ricorso di alcune sigle sindacali contro il Ministero della Pubblica Istruzione sugli orari scolastici negli istituti tecnici, di cui le rappresentanze dei lavoratori chiedevano il ripristino la modalità antecedente. E non fu quella l' unica volta in cui il Tar ribaltò una decisione ministeriale.
Basti considerare la sentenza del 2013, con cui il Tribunale Amministrativo del Lazio abilitò l' utilizzo delle «calze da neve», su cui il Dicastero dei Trasporti era contrario all' omologazione. Trattasi, per intenderci, non di calzettoni di lana, ma delle coperture in materiale sintetico con cui rivestire i pneumatici in caso di neve o gelo, alternativi alle catene.
Altro capitolo interessante è anche quello sugli animali. In questo caso, ancora il Tar del Lazio, qualche mese fa ha stabilito che al Palio di Buti, nel pisano, non possono correre purosangue inglesi, perché sono troppo veloci e dunque necessitano l' adozione di particolari misure di sicurezza per la pista.
E sempre i giudici amministrativi laziali si pronunciarono, nel corso degli anni, anche su annose questioni come il taglio di code e orecchie per alcune razze di cani e sull' obbligo della museruola per le razze considerate «pericolose». E che dire poi di quella sentenza del 2014 su un tatuaggio? Il caso era quello di un militare che era stato escluso da un concorso per l' arruolamento come volontario nell' esercito perché aveva un tatuaggio sul polso. Il Tar del Lazio intervenne e stabilì che «la presenza di un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione da un concorso per non idoneità», a meno che le pitture della pelle non siano «deturpanti o contrarie al decoro dell' uniforme o possibile indice di personalità abnorme».
Ma poi ci sono delle pronunce che toccano argomenti veramente esilaranti. Una è del Tar dell' Emilia Romagna, sentenza dell' agosto 2016, con cui si decise che non è sufficiente lanciare escrementi nel giardino del vicino per applicare la legge sullo stalking. Il caso partiva da un' anziana signora di Comacchio che aveva il vizio di «accogliere» persone che affittavano la casa vicino la sua per le vacanze lanciando delle deiezioni nel loro giardino. Le «vittime» avevano ripreso l' arzilla signora mentre metteva in pratica la sua singolare forma di protesta.
Poi c' è un altro caso, del Tar del Veneto. Qui una signora cinese si era vista rifiutare il permesso di soggiorno per incompletezza dei documenti. Ebbene, lei fece ricorso e il Tar le diede ragione perché la richiesta di integrazione dei documenti da parte degli uffici preposti non era stata presentata alla signora in lingua cinese, e dunque la poverina non aveva potuto capirci nulla. Sempre perché la reciprocità è una regola solo in casa nostra.