TASI E PAGA! - L'IMPOSTA DA PAGARE SULL'ABITAZIONE PRINCIPALE QUANDO VA BENE E' UGUALE ALL'EX IMU E QUANDO VA MALE (PER I CONTRIBUENTI) E' PIU' SALATA - ADESSO ABBIAMO CAPITO PERCHE' E' STATA TOLTA L'IMU: PER TROVARE IL MODO DI ALZARLA

Gianni Trovati per il "Sole 24 Ore"

Con l'approvazione al Senato del terzo decreto «salva-Roma» si dovrebbe chiudere questa mattina il faticoso "superamento" dell'Imu sull'abitazione principale avviato un anno fa: ma se tutto questo processo, che ha prodotto tre decreti, decine di commi della legge di stabilità e polemiche infinite, è partito per abbassare la pressione fiscale sul mattone, l'obiettivo sembra mancato: la Tasi sull'abitazione principale raggiunge lo stesso peso dell'Imu quando va bene (con l'eccezione delle abitazioni non di lusso ma di valore più elevato, per le quali la Tasi è sempre più leggera dell'Imu) e lo supera quando va male, e gli altri immobili pagano l'Imu uguale al 2013 nei casi migliori, e la somma di Imu e Tasi in quelli peggiori.

Nei capoluoghi monitorati nella tabella qui a fianco, le abitazioni principali sono tutte al sicuro da aumenti in 9 casi su 20, mentre per gli altri immobili la partita fra tasse stabili e tasse in salita finisce in pareggio: 10 a 10. Unica, piccola consolazione: quest'anno non si ripaga la «maggiorazione Tares», l'una tantum statale che nel 2013 ha chiesto a tutti (inquilini compresi) 30 centesimi al metro quadrato. L'addio, però, vale un miliardo su un complesso di imposte che pesa almeno 24.

Basta dare una scorsa alle decisioni che in queste settimane stanno prendendo forma nelle città per osservare almeno tre fenomeni. Primo: l'aliquota Tasi standard dell'1 per mille, su cui erano stati condotti tutti i calcoli ufficiali a fine 2013, per l'abitazione principale non fa capolino quasi in nessuna città, perché tutte spingono i parametri verso i massimi.

Secondo: le detrazioni, che a differenza di quanto accadeva con l'Imu sono facoltative e flessibili, in molti casi non bastano a parare il colpo, con il risultato che per una quota consistente di abitazioni principali la Tasi, il nuovo tributo sui «servizi indivisibili» (illuminazione, manutenzione, anagrafe e così via) sarà più pesante della vecchia imposta municipale.

Terzo: spesso le risorse per queste detrazioni arrivano da incrementi di aliquota su seconde case, imprese e negozi, con il risultato di far pagare aumenti ulteriori (del 7,5% nella maggioranza dei casi) a queste categorie, che hanno già sopportato in due anni il passaggio dai 9,2 miliardi dell'Ici ai 20 miliardi abbondanti dell'Imu 2013.

Certo, per i non addetti ai lavori è sempre più complicato orientarsi in un dedalo di variabili e parametri destinati a far impallidire le 104mila aliquote raggiunte dall'Imu lo scorso anno, e un breve riassunto delle puntate precedenti può aiutare. Introdotta dalla legge di stabilità 2014 per compensare l'addio all'Imu sulla prima casa, la Tasi parte da un'aliquota uguale per tutti, l'1 per mille, che a causa dell'assenza di detrazioni avrebbe però chiamato al pagamento anche i cinque milioni di case esenti dalla vecchia imposta grazie agli sconti fissi che l'accompagnavano.

Per rimediare interviene il terzo decreto Salva-Roma, che traduce in norma un accordo raggiunto fra i Comuni e il Governo Letta: la regola dà ai sindaci la possibilità di far crescere il tributo sui servizi indivisibili dello 0,8 per mille sopra i tetti massimi (2,5 per mille sull'abitazione principale, e 10,6 per mille nella somma di Imu e Tasi sugli altri immobili) proprio per finanziare le detrazioni sulle prime case: detrazioni che però rimangono facoltative, e possono anche valere meno degli aumenti introdotti per finanziarle.

A Roma, dove il progetto definitivo targato Marino potrebbe vedere la luce oggi, l'aliquota aggiuntiva dovrebbe colpire seconde case, negozi e capannoni, facendo salire il conto dal 10,6 all'11,4 per mille. Per le abitazioni principali si pensa all'aliquota massima del 2,5 per mille temperata da detrazioni variabili, e l'esito finale dipenderà proprio da questo meccanismo.

L'esempio milanese, al riguardo, non è incoraggiante: anche qui si punta sull'accoppiata di aumenti sugli altri immobili e aliquota al 2,5 per mille con detrazioni per le prime case, ma secondo la proposta della Giunta gli sconti riguarderanno solo una parte dei proprietari perché sopra i 350 euro di rendita catastale (valore molto basso) si applicheranno solo a chi ha un reddito fino a 21mila euro all'anno.

Risultato: per un piccolo appartamento in periferia da 450 euro di rendita (valore catastale 72mila euro) la Tasi chiede 180 euro, il doppio dell'Imu versati nel 2012 per l'Imu. Il confronto con le vecchie tasse finisce in sicuro pareggio solo nei Comuni che hanno messo l'aliquota aggiuntiva sulle prime case accompagnandola con un sistema ampio e graduale di detrazioni (accade a Bologna, Firenze e Torino), ma ci sono anche sindaci che almeno per ora hanno hanno deciso di ignorare l'opzione-sconti: accade per esempio a Ravenna e Forlì, mentre Cagliari ha cambiato idea.

La strada verso gli assetti definitivi dell'imposta, comunque, è ancora lunga: ieri il ministro dell'Interno Alfano ha firmato il decreto che sposta al 31 luglio la scadenza entro cui i Comuni devono approvare i bilanci preventivi, ma questo ennesimo rinvio potrebbe non essere l'ultimo.

Nel frattempo proseguono i lavori sulla conversione del decreto-casa, attesoin Aula al Senato martedì: un emendamento proposto ieri dai relatori prevede di cancellare le imposte di registro e di bollo nella registrazione dei contratti di affitto che abbassano il canone.

 

 

TASSA SULLA CASA jpegcase e catasto IMUIGNAZIO MARINO E OBAMAletta MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN

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