1. LA TENAGLIA DI RE GIORGIO NAPOLITANO SCHIACCIA EGO-MONTI (ARTICOLO QUINTO: CHI HA PIÙ VOTI HA VINTO), CHE ADESSO NON E' PIU' SICURO DI FARSI AVANTI, METTE CULATELLO BERSANI IN POSIZIONE DI FORZA E FRENA LE AMBIZIONI CENTRISTE DI PIERFURBY DI PUNTARE AL QUIRINALE. INFATTI, VISTO CHE IL GOVERNO SARA' FORMATO PRIMA DELLE ELEZIONI DEL NUOVO PRESIDENTE, IL COLLE SUPREMO NON E' PIU' MERCE DI SCAMBIO 2. SUPERMARIO RIMANE ANCORA IN POLE POSITION PER SUCCEDERE A BELLA NAPOLI. MA SOLO SE ABBANDONA IL SOGNO DI PALAZZO CHIGI. ALTRIMENTI GUERRA COL PD E ADDIO PURE AL QUIRINALE...) E MONTI? LA MODIFICA DELLO SCENARIO PROVOCHERÀ IN MONTI L’ABBANDONO DEL SOGNO DI PALAZZO CHIGI? UN MINISTRO CHE ORMAI LO CONOSCE BENE SOSTIENE CHE, “ALLA FINE, IL PREMIER CAPIRÀ CHE È MEGLIO PUNTARE AL QUIRINALE ED EVITARE DI IMPELAGARSI NELLA FORMAZIONE DELLE LISTE MONTIANE” (ALTRIMENTI SARà GUERRA COL PD)

1 - PROPRIO...
Jena per "la Stampa" - Toccherà proprio a Napolitano non dare l'incarico a Monti.

Tommaso Labate per "Pubblicogiornale.it"

Che al Quirinale non avessero gradito l'annuncio delle dimissioni di Mario Monti era ormai chiaro. Come chiara era l'irritazione del Colle nei confronti dei tentennamenti del Professore sulla sua (sempre più presunta) discesa in campo alle prossime elezioni. Ma, da ieri pomeriggio, quello che era «dietro le quinte» finisce dritto sulla scena. Grazie proprio a Giorgio Napolitano.

Che, nel tradizionale discorso pre-natalizio alle alte cariche dello Stato, mette a verbale il suo disappunto per la «brusca accelerazione impressa » alla fine della legislatura, con «una lieve anticipazione rispetto alla scadenza naturale», determinata dall'uscita di scena dell'inquilino di Palazzo Chigi.

E non è tutto. Napolitano aveva spesso lasciato intendere - qualche volta in pubblico, molte di più in via riservata - la sua intenzione di agevolare un percorso istituzionale che portasse il suo successore a nominare il prossimo presidente del Consiglio. E invece, sempre a causa della «brusca» interruzione della legislatura, anche questi piani sono saltati. Infatti, ha scandito durante il ricevimento di ieri sul Colle,«mio malgrado toccherà a me dare l'incarico al nuovo governo».

C'è anche un altro passaggio chiave, nel discorso di ieri di Napolitano. Ed è lo stesso che il suo consigliere Pasquale Cascella pubblica, rispettando il limite dei 140 caratteri, sulla sua pagina Twitter. Testualmente: «Napolitano: si sta per tornare alla naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo sulla base del consenso elettorale».

È il segnale, insomma, che il Capo dello Stato conferirà l'incarico di formare il prossimo governo al leader della coalizione che avrà ottenuto la maggioranza, anche se relativa, nelle due camere. Mossa scontata, si direbbe. E forse è così. Ma metterlo nero su banco è un chiarissimo stop a chi puntava all'impasse per far riemergere, dalla «palude» del Senato, il ritorno di Monti a Palazzo Chigi.

Pier Luigi Bersani ascolta soddisfatto i messaggi, per nulla in codice, del presidente della Repubblica. E sono queste "garanzie istituzionali" a fargli ribadire pubblicamente, per giunta a pochi minuti dal suo incontro col presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, che «per noi andrà bene qualsiasi cosa farà Monti». Della serie, «deciderà lui che cosa vorrà fare e che cosa vorrà dire».

Già, Monti. Quando sale a Palazzo Chigi per l'incontro col presidente del Consiglio - sono da poco passate le 16, e al discorso di Napolitano manca ancora un po' - il segretario del Pd non ha alcun tipo di aspettativa.

Tra l'altro, come aveva spiegato domenica sera a qualche amico, «Monti non ha detto nulla al capo dello Stato, figuratevi se si sbilancia proprio con me...». Pronostico rispettato. Infatti, quando rimane a quattr'occhi con Bersani, il presidente del Consiglio uscente si mostra ancora appeso all'interrogativo degli ultimi giorni. Discesa in campo sì, discesa in campo no, discesa in campo forse.

Ma dopo le parole di Napolitano il quadro cambia. Anche perché, come si riflette ai piani alti di un Pd che nel frattempo ha avviato la Direzione sulle primarie dei parlamentari, «il quadro - dice a microfoni spenti un alto dirigente del partito - adesso cambia. Ed è tutto a nostro favore ». Perché adesso, con l'attuale inquilino che si farà carico di nominare il prossimo premier, «la presidenza della Repubblica esce dalle trattative per la formazione della prossima maggioranza».

Esempio. Con l'eventuale impasse al Senato, in caso di vittoria delle elezioni, «Bersani avrebbe dovuto trattare per avere la fiducia sul governo e mettere a disposizione i propri voti del Pd per eleggere un centrista (Casini?) a capo dello Stato». Con l'inversione delle elezioni - prima il nuovo governo, poi il nuovo inquilino del Colle - la situazione cambia. E il presidente del Consiglio incaricato, chiunque esso sia, avrà mani libere e non dovrà fare alcuna promessa per il Colle. «Tratterà da una posizione di forza», riassume la fonte di cui sopra.

E Monti? La modifica dello scenario provocherà in Monti un supplemento di riflessione in più? Un ministro che ormai lo conosce bene sostiene che, «alla fine, il premier capirà che è meglio puntare al Quirinale e evitare di impelagarsi nella formazione delle liste montiane». Il gioco del "resto in campo oppure no", comunque, non andrà avanti a lungo. E l'ipotesi che il "tormentone Supermario" si concluda con un nulla di fatto, magari anche prima di Natale, dopo ieri è più concreta..

 

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