ATTENZIONE! LA TUNISIA RIEMPIE L’ITALIA DI JIHADISTI – IL TERRORISTA DELLA STRAGE DI BERLINO, IL KILLER DI MARSIGLIA, UN TERZO DEGLI IRREGOLARI ESPULSI: SONO TUTTI TUNISINI - IL SINDACO DI POZZALLO SCRIVE UNA LETTERA ALLARMATA A MINNITI: “ARRIVANO TERRORISTI” - LA CEI SULLO IUS SOLI: "NON BASTA LA NASCITA PER DIVENTARE CITTADINI"
Chiara Giannini per il Giornale
Ex galeotti, sia liberati dagli istituti di detenzione con i provvedimenti di grazia in occasione del Ramadan, che durante la festa della Repubblica, ma anche ex carcerati che hanno scontato la pena: ecco chi sono i tunisini in arrivo sulle nostre coste. La Tunisia, insomma, riempie l' Italia di delinquenti.
Nel corso degli ultimi giorni i migranti sbarcati provenienti da Sfax o Zarzis sull' isola di Lampedusa sono stati almeno 300. E nelle ultime ore, prima che il mare raggiungesse un livello di "forza 5", qualche altro arrivo si è registrato. Si tratta di giovani, tutti tra i 17 e i trent' anni, che nel loro Paese avevano commesso reati di grande o piccola entità. Si va dallo spaccio di stupefacenti ai furti e alle rapine. Manovalanza della criminalità locale, insomma, che si sposta verso l' Europa per fini ancora da stabilire, ma senz' altro dubbi.
Tutt' altro che gente che muore di fame o scappa dalla guerra. Insomma, niente migranti economici, ma veri e propri pregiudicati. Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, nel ragusano, scrive una lettera allarmata al ministro Minniti.
«Il fenomeno migratorio che parte dalla Tunisia desta preoccupazioni per possibili infiltrazioni di potenziali soggetti appartenenti a cellule jihadiste». Dell' argomento si è interessato di recente anche l' eurodeputato della Lega Nord Angelo Ciocca, il quale, ha detto alla stampa di essere stato informato della cosa dall' ambasciatore italiano in Tunisia.
«Hanno una propensione a delinquere - ha raccontato -, tanto è vero che molti sono scappati dal centro di prima accoglienza e sono andati in un paese per commettere dei furti».
Secondo l' Osservatorio del Medio oriente, «dei 1.583 tunisini che hanno visto una riduzione della pena, 412 sono stati rilasciati». Ma a questi vanno aggiunte le centinaia di residenti in quelle terre, dove la microcriminalità fa registrare percentuali da capogiro.
E c' è un' altra polemica, legata ai migranti e alla loro permanenza in Italia. A innescarla il presidente della Cei, cardinal Gualtiero Bassetti il quale, sul rinvio della legge sullo Ius soli ha chiarito: «Ci vuole un' opera di accoglienza, integrazione e accompagnamento; poi naturalmente si può arrivare anche al diritto di cittadinanza. Non basta la nascita.
secondo me così si fa torto anche a chi nasce, mentre la cittadinanza è qualcosa che ci si conquista con un inserimento progressivo». Bassetti sembra rispondere al segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che lo scorso 29 settembre aveva detto che «rimandare vuol dire soltanto perdere tempo, cercare di non pagare il prezzo per un' approvazione così importante».
Intanto, i migranti giunti a Lampedusa nei giorni scorsi sono stati trasportati verso la Sicilia da dove, dopo essere stati identificati, si sono mossi, liberi di andare dove volevano, pur con foglio di via in mano. Dove vanno a finire queste persone? Non è dato di saperlo finché non commettono qualche reato e vengono fermati. Molti tunisini, infatti, sono simpatizzanti dell' Isis e vicini a posizione dell' estremismo islamico. Basti pensare all' attentatore di Berlino, Anis Amri o di Ahmed Hanachi, che domenica scorsa ha ucciso, sgozzandole, due ragazze alla stazione di Marsiglia. Entrambi venivano dalla Tunisia, entrambi erano passati da Aprilia, città in cui è possibile si fosse creata una cellula jihadista pronta a colpire in Europa e su cui, adesso, è puntata l' attenzione dell' antiterrorismo.
I NUMERI CHE PREOCCUPANO IL VIMINALE
Fabio Tonacci per La Repubblica
Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino passato dall' Italia, era tunisino. Ahmed Hannachi, il killer delle due donne a Marsiglia che si è sposato ad Aprilia con un' italiana, era tunisino. Triki Mohamed, Abdelkader Rehemi, Moez Guidaoui, Alhaabi Hisham, espulsi nell' ultimo anno e mezzo dall' Agro Pontino, erano tunisini. Ora il sindaco di Pozzallo scrive al ministro Minniti perché è preoccupato dal fenomeno migratorio che parte dalla Tunisia «per le possibili infiltrazioni di soggetti appartenenti alle cellule jihadiste ». Lette tutte insieme, queste circostanze bastano a definire l' esistenza di un "problema tunisino" per l' Italia?
Ahmed Hanachi e vittime attentato marsiglia
L' unica strada sicura per non scivolare nella facile generalizzazione o nella conclusione sommaria è quella di affidarsi ai numeri, alle statistiche reali stilate degli apparati che si occupano di Antiterrorismo. E dunque.
Nella lista delle espulsioni decise dal Viminale per motivi di pericolosità sociale legata all' estremismo islamista - 213 casi dal gennaio 2015 ad oggi - effettivamente la componente dei tunisini è assai folta: ne sono stati allontanati 64, quota che vale poco meno di un terzo del totale. L' ultimo ad essere rimpatriato con volo diretto per Tunisi, lo scorso 8 settembre, è stato un imam di 44 anni che viveva a Milano, più volte arrestato per reati comuni e spaccio: secondo un report del nostro servizio di intelligence aveva aderito all' ideologia del Califfato e stava cercando proseliti anche tra piccoli criminali italiani residenti nel suo stesso quartiere.
È un fatto, poi, che la Tunisia dopo la Rivoluzione dei Gelsomini sia diventata il paese africano da cui è partito il numero più consistente di foreign fighter per andare a combattere nelle file dello Stato Islamico in Siria, Iraq, Yemen, Mali e Libia: secondo una stima dell' Onu risalente al 2015 sarebbero almeno 5.000, in maggioranza di età compresa tra i 18 e i 35 anni.
Neanche l' Arabia Saudita wahabita ne ha esportati tanti.
«Non è semplice dare una spiegazione univoca al paradosso tunisino», ragiona Lorenzo Vidino, direttore del Programma Terrorismo dell' Istituto per gli studi di politica internazionale. «Paradosso perché è il Paese più laico del Nord Africa, eppure allo stesso tempo è quello dove si percepiscono fermenti jihadisti più caldi e pericolosi. Negli anni della nascita dell' Isis, tra il 2012 e il 2014, a causa del crollo dell' apparato repressivo del regime di Ben Alì, le reti di militanti salafiti hanno potuto proliferare senza troppa fatica.
Nello stesso periodo ha preso potere il movimento della Rinascita al-Nahda che è comunque di stampo islamista, seppur moderato, e non si è voluto opporre pubblicamente a questi gruppi ». Quindi il grande esodo di miliziani verso il Califfato.
Tant' è che adesso il governo tunisino si trova con una grana da risolvere: gestire e rendere innocui i reduci, almeno 800, tornati in patria con in testa l' ideologia violenta di Al Baghdadi e nel braccio le capacità militari acquisite sul campo per metterla in pratica.
Tornando all' Italia, e allo strumento delle espulsioni che il nostro governo a scopo preventivo ha deciso di utilizzare più intensamente rispetto ad altri Paesi europei, c' è da dire che i tunisini non sono nemmeno i primi, nell' elenco del ministero dell' Interno: i cittadini di nazionalità marocchina allontanati sono 73, 9 di più, sparsi uniformemente sul territorio.
Un discorso a parte lo meritano le carceri, dove gli analisti dell' Antiterrorismo riescono con più facilità a tastare il polso del fanatismo tra chi gravita nella "comunità" della piccola criminalità. Due dati. Il primo. Il numero dei detenuti monitorati a vario livello perché a rischio radicalizzazione è cresciuto: erano 393 a febbraio, oggi sono diventati 500. Il secondo. In questo gruppo i carcerati tunisini sotto controllo sono almeno il 30 per cento.
Basta questo a mettere sotto accusa un intero popolo? Ovviamente no, non può e non deve.
C' è però una questione sicurezza, che riguarda l' Italia e la di nuovo trafficata rotta tunisina, che non va sottovalutato.
migranti in attesa di imbarcoanis amri a torinoANIS AMRIANIS AMRIAhmed Hanachi ANIS AMRI