CONTRATTI DERIVATI, CONTI AVARIATI – NEI PROSSIMI TRE ANNI IL GOVERNO SA GIÀ CHE SUI DERIVATI PERDERÀ 2,6 MILIARDI, OVVERO QUANTO DUE “TESORETTI” – IL GIALLO DELLE CLAUSOLE DI RISOLUZIONE ANTICIPATA
Fosca Bincher per “Libero Quotidiano”
Il governo italiano sa già che perderà sui derivati circa 2,6 miliardi di euro nei prossimi tre anni, e cioè nello stesso arco di tempo considerato dal Documento di economia e finanza. Quindi c’è un buco nei conti pubblici che è quasi il doppio del cosiddetto tesoretto, anche se solo una parte di quella somma scatterà nel 2016. Sono tre i contratti sottoscritti dal tesoro con le grandi banche internazionali che hanno una clausola di risoluzione anticipata che è chiaramente a favore degli istituti di credito.
Un contratto costerà al Tesoro una perdita di 855 milioni di euro, e gli altri due complessivamente una perdita di un miliardo e 722 milioni di euro. Tutte somme che si aggiungeranno a quanto già perduto negli ultimi tre anni grazie a questi contratti derivati. Secondo Eurostat fra il dicembre 2011 e il dicembre 2014 lo Stato italiano ci avrebbe rimesso con i derivati per 16,95 miliardi di euro, una cifra che è superiore alle perdite di tutti gli altri 18 paesi dell’euro.
Secondo quanto affermato in un’intervista al Corriere della Sera dal direttore del dipartimento Debito pubblico al ministero dell’Economia, Maria Cannata, quella cifra sarebbe invece inferiore: 12,4 miliardi, a cui andrebbe aggiunta la perdita di 2,6 miliardi legata a un derivato-capestro sottoscritto dal Tesoro italiano con Morgan Stanley nel lontano gennaio 1994, quando a capo del governo era Carlo Azeglio Ciampi.
piercarlo padoan con la moglie
Complessivamente il Tesoro ha contabilizzato per i derivati che hanno nei loro contratti clausole di risoluzione anticipata una perdita reale di 9,3 miliardi, e complessivamente una perdita virtuale di 42,6 miliardi. Si tratta del cosiddetto “mark to market” negativo in questo momento, che però può diventare perdita reale solo quando i contratti giungono a scadenza naturale o sono disdettati anticipatamente.
matteo renzi pier carlo padoan
Secondo un documento depositato dalla stessa Cannata in commissione finanze della Camera comunque «alla fine del 2014 il numero complessivo dei contratti che contengono clausole di risoluzione anticipata ammonta a 13, di cui uno condizionato da una clausola di credito e 12 contenenti delle opzioni non condizionate. Di questi contratti, quattro sono costituiti da Interest rate swap (Irs) e nove da swaption. Per un Irs sottostante a una delle swaption il potenziale esercizio della clausola di risoluzione anticipata potrà verificarsi nel 2016, e successivamente ogni cinque anni fino al 2036. In tutti gli altri casi, le date di possibile esercizio cadono dal 2023 in poi».
La stessa Cannata in quella occasione aveva provato a rassicurare il Parlamento. Spiegando che «l’attuale configurazione del portafoglio di operazioni assoggettate a clausole di risoluzione anticipata è il risultato di una strategia di modifica che, in particolar modo negli ultimi quattro anni, ha mirato eliminare - quando è possibile- le clausole stesse, sia che fossero legate a condizioni di credito, sia che fossero più semplicemente opzioni bilaterali di risoluzione anticipata».
Sempre la Cannata aveva spiegato in quel documento i rischi di ristrutturare quei derivati: secondo le nuove regole di contabilità ogni ristrutturazione valeva dal punto di vista contabile come fosse l’emissione di un nuovo prestito, e quindi avrebbe trasformato quel derivato in nuovo debito pubblico: «Per Eurostat nel contesto di una ristrutturazione se il valore di mercato dello swap è negativo per lo Stato, tale valore deve essere considerato come un prestito della controparte al soggetto pubblico. Ora tale trattamento è stato esteso anche agli swap nati a seguito di una ristrutturazione, e ciò limiterà drasticamente la possibilità di effettuare dette ristrutturazioni, al fine di evitare impatti negativi sul debito». Il documento era di fine febbraio 2015. Due mesi dopo prima Padoan, poi la stessa Cannata nell’intervista al Corriere, hanno detto l’esatto opposto.