TORNA O NON TORNA? - NONOSTANTE IL MEZZO ANNUNCIO RIFILATO IN PASTO ALLA “BILD”, IL BANANA VUOLE ASPETTARE OTTOBRE PER UFFICILIZZARE UNA IPOTETICA RICANDIDATURA A PREMIER - SOLO DOPO UN MAXI-SONDAGGIONE DEI SUOI E UN’EVENTUALE ASSOLUZIONE AL PROCESSO RUBY POTREBBE DAR VIA ALLA CAMPAGNA ELETTORALE - E POI CI SONO ALTRE GRANE: IL NOME DA DARE AL NUOVO PARTITO E LE LAGNE DEGLI EX-AENNINI CHE VOGLIONO RESTARE MA A PATTO DI MOLLARE MONTI E L’INCIUCIONE DELLE LARGHE INTESE…

Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"

«Ma secondo te sto facendo bene?». L'ora dei ripensamenti non è ancora arrivata. E forse non arriverà. Ma dalla notte tra domenica e lunedì, in cui la rivolta degli ex an l'ha costretto a rettificare l'intervista rilasciata alla Bild sul ritorno a Forza Italia, Silvio Berlusconi è un uomo tormentato. Insicuro. Anche sulla corsa che, nella primavera del 2013, lo vedrebbe ancora una volte nelle vesti di candidato premier.

La domanda l'ha rivolta a tutti quelli della cerchia ristretta. Anche ai direttori dei giornali a lui vicini, da Vittorio Feltri a Giuliano Ferrara. E persino al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Sempre la stessa. «Secondo te sto facendo bene?». Perché, aggiunge il Cavaliere a chiunque si trovi ad affrontare con lui il tema del ritorno, «questa notizia non doveva uscire».

Questione di tempi non maturi, dice lui. Anche perché, ha confidato, «il mio obiettivo era aspettare ottobre». Il mese in cui metterà in cantiere «un sondaggio mai visto prima», a cui subordinare l'ufficializzazione della candidatura a premier. Lo stesso mese in cui è in calendario la sentenza di primo grado sul processo Ruby, che si porta appresso la speranza di «lasciarmi il fango alle spalle».

Dietro di lui, però, c'è un partito lacerato. Diviso tra gli ex forzisti, soprattutto tra i Promotori della libertà, che spingono per chiamare il nuovo partito «L'Italia che verrà» lasciando che «Forza Italia» resusciti solo come titolo dell'inno. E il corpaccione ex aennino, trainato da Ignazio La Russa, che minaccia la scissione per una nuova cosa «di destra» guidata da Giorgia Meloni. Un partito che, nell'ottica allarmata di Cicchitto, potrebbe togliere al Cavaliere «tra il 6 e il 7 per cento».

Ma la vera radice di tutte le perplessità berlusconiane degli ultimi giorni è un'altra. Il Cavaliere, che ha già fatto i conti con l'impossibilità di vincere le elezioni, vede sempre più lontano il «piano B». E cioè l'ipotesi di tenere aperto lo spiraglio di quelle «larghe intese» che nel 2013 lo vedrebbero quantomeno co-protagonista.

Primo, perché teme - come gli ha detto anche Angelino Alfano - che «ormai Bersani e Casini puntano segretamente a conservare il porcellum per vincere le elezioni e governare da soli». Secondo perché il no secco e chiaro alla Grande coalizione è diventato l'unico vero mantra che gli ex An vogliono sentire da lui. «Altrimenti», come spiega Massimo Corsaro, braccio destro di Ignazio La Russa, «noi facciamo i bagagli».

Perché, è il ragionamento del vicecapogruppo alla Camera, «simboli e nomi sono falsi problemi. Noi vogliamo che Berlusconi ci dica chiaro e tondo che l'anno prossimo non saremo costretti di nuovo a stare in maggioranza con la sinistra». Una promessa che il Cavaliere non può fare senza farsi da parte. Anche perché adesso lo dice anche Alfano che «ogni separazione è un segnale di debolezza, un indebolimento del partito».

Da qui le tensioni, che ieri sono salite al punto da far arrivare a Palazzo Grazioli l'indiscrezione di uno «scontro molto acceso» tra Cicchitto e La Russa, negato da Corsaro («Tutto falso»). Da qui anche lo scollamento di un gruppo parlamentare che s'è sfilacciato anche sul Fiscal compact. Numeri impietosi: 43 assenti, 13 in missione, metà del gruppo ex an lontano dalla pulsantiera di Montecitorio. «Qua siamo all'apatia. Nessuno conosce il proprio futuro. Per questo ognuno fa quello che gli pare», sussurra sconsolato Osvaldo Napoli. Compreso Berlusconi. Il cui futuro è ormai appeso a quella domanda: «Secondo te sto facendo bene a tornare?».

 

SILVIO BERLUSCONI MIMA LA GUARDIA DA PUGILE RUBY A PORTOFINO Angelino Alfano LARUSSA CHE ARAGOSTA!PIER LUIGI BERSANI PIER FERDINANDO CASINI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…

trump musk xi

DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO L’INAUGURAZIONE: IL PRIMO INAUGURERÀ LA DEPORTAZIONE DI 9,5 MILIONI DI IMMIGRATI. MA IL SECONDO È ANCORA PIÙ BOMBASTICO: L’IMPOSIZIONE DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI - UN CLASSICO TRUMPIANO: DARE UNA RANDELLATA E POI COSTRINGERE L’INTERLOCUTORE A TRATTARE DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA. MA COME REAGIRÀ XI JINPING? CHISSÀ CHE AL DRAGONE NON VENGA IN MENTE DI CHIUDERE, PER LA GIOIA DI ELON MUSK, LE MEGAFABBRICHE DI TESLA A SHANGHAI…

salvini romeo

DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI FINE 2024 - EX FEDELISSIMO DEL “CAPITONE”, È STATO L’UNICO A ESPORSI CONTRO IL SEGRETARIO, E OTTENERE LA LEADERSHIP IN LOMBARDIA – DOPO LA SUA SFIDA VINTA, ANCHE FEDRIGA È USCITO ALLO SCOPERTO CANNONEGGIANDO CONTRO L’EVENTUALE RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE - CHE SUCCEDERÀ AL CONGRESSO? NIENTE: SALVINI HA IN MANO LA MAGGIORANZA DEI DELEGATI, E L’ASSEMBLEA AVRÀ CARATTERE PROGRAMMATICO. MA LA DISSIDENZA CRESCE…

trump musk bitcoin

DAGOREPORT - A.A.A. ATTENZIONE ALLA MONETA: RITORNA MINACCIOSA SULLA SCENA GEOPOLITICA DEL MONDO - SUCCEDE CHE QUELLO SVALVOLATO ALLA KETAMINA DI ELON MUSK, DA QUANDO HA FINANZIATO LA CORSA PRESIDENZIALE DI DONALD TRUMP, SI È MESSO IN TESTA DI TRASFORMARE LA CASA BIANCA IN CASA MUSK. E COME “PRESIDENTE VIRTUALE” DEGLI STATI UNITI, L'UOMO PIU' RICCO DEL MONDO HA IN MENTE DI SOSTITUIRE LA MONETA REALE CON UNA VIRTUALE, CON UNA LEGGE CHE PREVEDA GLI ACQUISTI DI BITCOIN PER LE RISERVE VALUTARIE DEGLI STATI UNITI - MA FATTI DUE CONTI, ALL’AMERICA FIRST DI TRUMP CONVIENE DI TENERSI STRETTO IL SACRO DOLLARO CHE, AD OGGI, RAPPRESENTA LA MONETA DI SCAMBIO DEL 60% DEL MERCATO INTERNAZIONALE -NEL 2025 TRUMP DOVRÀ VEDERSELA NON SOLO COL MUSK-ALZONE CRIPTO-DIPENDENTE: IN CAMPO È SCESO PREPOTENTE IL PIU' ANTICO NEMICO DEL “VERDONE” AMERICANO: L’ORO…