MA TOTI E FONTANA NON VOLEVANO PIÙ AUTONOMIA? – NELLA SECONDA ONDATA STIAMO ASSISTENDO AL PIÙ CLASSICO SCARICABARILE, CON LE REGIONI CHE PRIMA VOLEVANO DECIDERE TUTTO E ORA INVECE VOGLIONO CHE SIA IL GOVERNO A FARE LE SCELTE IMPOPOLARI – ANCHE CONTE VUOLE SCARICARE TUTTO SU SPERANZA E I SUOI SCIENZIATI. MA GLI ITALIANI NON SONO SCEMI, E IN QUESTO PERIODO VORREBBERO UN LEADER CHE SI PRENDE LE PROPRIE RESPONSABILITÀ, ANCHE DRAMMATICHE (TIPO ANGELA MERKEL)
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
(…) In questa seconda ondata (…) si sta assistendo ad una gigantesca corsa per trincerarsi dentro i confini angusti della indecisione. Soprattutto di non apparire autori o fautori delle misure più impopolari. Si tratta, insomma, del più classico scaricabarile. Un gioco al quale si sono iscritti per primi i governatori e a seguire diversi esponenti della maggioranza, del governo e dell' opposizione. Partendo da qualche segretario di partito, passando per alcuni ministri e arrivando al premier.
Colpisce allora che i presidenti delle Regioni, senza distinzione di colore politico e di geografia, siano passati in due mesi dal "decidiamo noi" al "decidete voi". Trasferendo al governo l' onere esclusivo di assumere le scelte più dolorose. «Dateci autonomia, decidiamo noi cosa riaprire», tuonava l' 8 maggio scorso il ligure Giovanni Toti. «Non ho firmato l' accordo con il governo», avvertiva il campano Vincenzo De Luca il 12 maggio.
«Con più autonomia, avremmo affrontato meglio l' emergenza», scandiva il lombardo Attilio Fontana il 29 giugno. E ora? Tutto il contrario. La scelta - ad ascoltarli - spetta all' esecutivo nazionale. È evidente che nello stato confusionale di questa classe dirigente, la protesta dei cittadini e soprattutto la loro paura si trasforma in uno spauracchio per la politica. Il timore di perdere consensi, di calare nell' indice di popolarità sovrasta la semplice e doverosa necessità di governare.
GIOVANNI TOTI FESTEGGIA LA VITTORIA CON UN PIATTO DI PANSOTI
Alcuni dei presidenti regionali hanno sfilato in alcuni recenti cortei insieme ai manifestanti. Davvero un paradosso. E una poderosa opera di deresponsabilizzazione. Il tutto, poi, si amplifica con la nuova versione del Titolo V della Costituzione. Quella riforma fu un gigantesco cedimento alla demagogia federalista che ha attraversato l' Italia tra gli anni '90 e quelli iniziali del secolo in corso.
toti dice che gli anziani non sono indispensabili
Ma ora, in maniera palmare, offre ai processi decisionali e istituzionali tutti i suoi enormi limiti. Ai quali il Parlamento dovrebbe rapidamente porre rimedio. Il comportamento incoerente dei governatori impone un ritorno alla centralizzazione di talune competenze a loro affidate. Se non altro per evitare l' anarchia dell' esitazione cui stiamo assistendo.
GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA
La deresponsabilizzazione, però, è solo una faccia della stessa medaglia. L' altra è il deficit di leadership. Che sta certamente travolgendo le autorità locali e investe anche quelle nazionali.
GIUSEPPE CONTE DPCM MODE BY CARLI
La procedura, infatti, che oggi il governo adotterà per varare i provvedimenti più severi, denuncia una carenza. Una insufficienza di guida. Il presidente del Consiglio, contrario fin dall' inizio, a disposizioni meno indulgenti rispetto a quelle in vigore, assumerà delle linee guida comunque non particolarmente rigide.
LA CHIUSURA DEI RISTORANTI BY GIUSEPPE CONTE
E scaricherà sui numeri degli scienziati (questo è sicuramente un aspetto positivo dopo il rigurgito negazionista di cui anche le forze di minoranza si sono fatte portavoce) e sul ministro della Salute, Roberto Speranza, il peso delle scelte più gravose per i cittadini.
Se domani alcune Regioni, infatti, dovranno far fronte ad un nuovo lockdown la responsabilità - o la colpa - ricadrà esclusivamente sul titolare della Salute. Speranza avrà il compito solitario di stabilire se la Lombardia o il Piemonte o la Calabria dovranno "chiudere" o meno. Un lavoro ingrato. Si tratta, per il capo del governo, di un grande trasferimento di autorità ma anche di una rinuncia all' esercizio della leadership. Il ruolo del ministro senza dubbio crescerà.
(…) Nella scorsa primavera Conte indubbiamente ha visto crescere il suo consenso nell' opinione pubblica. È accaduto perché dinanzi ad una emergenza si è esposto in prima persona. Come si dice, ci ha messo la faccia. Ha esercitato la sua leadership e gli italiani hanno risposto positivamente.
Adesso, la rincorsa al gradimento ha subito una specie di mutazione genetica. Ha miscelato l' interesse generale con quello personale. La popolarità, in questo modo, diventa fine a se stessa. Ma soprattutto si basa su un calcolo errato. I cittadini, spaventati e impoveriti da questa crisi, chiedono in primo luogo certezze dai propri governanti. Non accettano indecisioni, perché amplificano il loro smarrimento.
Reclamano un leader che dia sicurezza. Che si assuma la responsabilità delle scelte. Anche di quelle più impopolari. Perché capiscono che anche la politica sale sulla loro stessa barca. Del resto è quel che hanno fatto Angela Merkel in Germania e Emmanuel Macron in Francia. Non si sono nascosti.
(…)