FACCIA DI RENZELLUM - TRAVAGLIO: “PER IL GIGLIO MAGICO, SE L’ASSEMBLEA PD HA VOTATO A MAGGIORANZA PRO ITALICUM, ORA TUTTI DEVONO ADEGUARSI. MA QUESTO NON PUÒ VALERE PER LE REGOLE FONDAMENTALI DELLA VITA DEMOCRATICA”
Marco Travaglio per il “Fatto Quotidiano”
Era già accaduto al Senato nel giugno 2014, con la sostituzione- destituzione dalla commissione Affari costituzionali di tre senatori del Pd (Mineo e Chiti) e di Scelta civica (Mauro), rei di dissentire sulla controriforma costituzionale di Renzi.
E siccome nessun’autorità, tantomeno Napolitano, fece una piega per difendere la Costituzione contro quella scandalosa purga ordinata dal capo del governo, ora la scena si ripete pari pari alla Camera, con la cacciata dalla commissione gemella di 10 deputati Pd colpevoli di dissenso sull’Italicum: Bersani, Cuperlo, Bindi, D’Attorre eccetera. Ma solo per 10 giorni: giusto il tempo di far votare i 10 sostituti come soldatini obbedienti sull’Italicum, poi, a missione compiuta, torneranno i titolari.
E naturalmente anche stavolta nessuno fa un plissè, nemmeno gli epurati. Eppure l’articolo 67 della Costituzione afferma: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Si può contestarlo (Grillo vorrebbe abolirlo, e secondo noi sbaglia), ma intanto la regola è quella.
Poi ci sono i regolamenti parlamentari: i membri delle commissioni sono nominati dai presidenti delle due Camere su indicazione dei gruppi e possano essere sostituiti se si dimettono o assumono altre cariche elettive o di governo. Non certo perché non s’inchinano agli ordini di scuderia, per giunta del governo.
E poi qui non si tratta di un singolo deputato, ma di 10: tutti quelli che dissentono dal governo che - altro fatto inaudito - pretende di cambiare la legge elettorale a colpi di maggioranza (che poi - ennesima anomalia - è minoranza, senza il premio del Porcellum cancellato dalla Consulta).
Inoltre – paradosso dei paradossi – Renzi invoca il vincolo di mandato dimenticando che il mandato elettorale del Pd è esattamente l’opposto dell’Italicum: i suoi parlamentari sono stati eletti nel 2013 promettendo agli elettori di cancellare il Porcellum per restituire ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti, non per perpetuare il potere dei capi di nominarseli col trucco delle liste o dei capilista bloccati. Quindi a tradire il mandato (peraltro mai ricevuto, essendo stato eletto per fare il sindaco di Firenze) è Renzi, non i “dissenzienti”.
E, come ricorda Pippo Civati, il programma elettorale Pd diceva: “Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. È una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi”.
Poi ci sarebbe lo Statuto del gruppo Pd alla Camera, che recita: “Il pluralismo è elemento fondante del Gruppo e suo principio costitutivo. Esso si basa sul rispetto e la valorizzazione del contributo personale di ogni parlamentare alla vita del Gruppo, nel quadro di una leale collaborazione e nel rispetto delle norme del presente Statuto”.
Quello del gruppo al Senato addirittura “riconosce e valorizza il pluralismo interno nella convinzione che il continuo confronto tra ispirazioni diverse sia fattore di arricchimento del comune progetto politico... Il Gruppo riconosce e garantisce la libertà di coscienza dei senatori... Su questioni che riguardano i principi fondamentali della Costituzione e le condizioni etiche di ciascuno, i singoli senatori possono votare in modo difforme dalle deliberazioni dell’Assemblea del Gruppo...”.
Ma che pluralismo è quello che rimuove i deputati che non s’inchinano supinamente agli ordini di scuderia, per giunta del governo, per giunta sulla riforma costituzionale ed elettorale, cioè sulle regole fondamentali del gioco democratico? Sentite queste parole: “La sostituzione in commissione di Vigilanza del senatore Paolo Amato è del tutto illegittima. Il Regolamento prevede la sostituzione di un commissario solo in caso di sue dimissioni, incarico di governo o cessazione per mandato elettorale. Checché ne dica il presidente Schifani, che sta esercitando le funzioni di presidente del Senato con modalità che vanno totalmente censurate sotto ogni profilo, istituzionale e regolamentare. Modalità più da giocoliere che da interprete del diritto”.
Così parlò il 4 luglio 2012 Luigi Zanda, allora vice e ora capogruppo del Pd al Senato, sdegnato perché Schifani aveva epurato l’azzurro dissidente Amato. E invocava l’art.67, che ai vertici del Pd piace molto quando c’è da sbatterlo in faccia a Grillo (che non lo vuole) e molto meno quando c’è da rispettarlo in casa propria. Cos’è cambiato da allora a oggi, a parte il colore degli epuratori e degli epurati? La Costituzione e il Regolamento per i nemici si applicano e per gli amici si interpretano, anzi si calpestano.
Il refrain del Politburo Renziano, graziosamente detto Giglio Magico, è che l’assemblea del gruppo ha votato a maggioranza pro Italicum, quindi ora tutti devono adeguarsi per disciplina di partito. Ma questo può valere per le leggi di ordinaria amministrazione, non certo per le regole e i passaggi fondamentali della vita democratica.
Altrimenti, di grazia, perché il 18 aprile 2013, quando l’assemblea dei grandi elettori Pd scelse Franco Marini per il Quirinale, Renzi e la sua minoranza si ribellarono alla maggioranza votando Chiamparino? Con che faccia, oggi che sono maggioranza, vogliono negare alla minoranza il diritto al dissenso?
Ps. Siccome è già partita la black propaganda per squalificare i dissenzienti come conservatori del Partito No Tutto, perfetto corollario del refrain “meglio l’Italicum che nessuna legge elettorale”, sarebbe cosa buona e giusta se la minoranza Pd, M5S, Sel e chi ci sta presentassero subito in Parlamento un ddl di una riga: “È ripristinato il Mattarellum”. Chissà che ne pensa il capo dello Stato.