
TRUMP SPINGE L’EUROPA VERSO LA CINA – IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO NON RISPONDE ALLE PROPOSTE DI URSULA VON DER LEYEN, CHE NEL FRATTEMPO HA TELEFONATO AL PRIMO MINISTRO CINESE, LI QIANG, SI È SENTITA CON KEIR STARMER E HA RIPRESO I CONTATTI CON INDIA E ARABIA SAUDITA – L’AMBASCIATORE STEFANINI: “NON SOSTITUIAMO NÉ MAI SOSTITUIREMO GLI STATI UNITI CON LA CINA. SEMPLICEMENTE ALLARGHIAMO L'ORIZZONTE. LE RELAZIONI CON PECHINO POGGERANNO SULLA RECIPROCA CONVENIENZA, SOTTOLINEATO ‘RECIPROCA’” – “NESSUNO SA COSA VUOLE DAVVERO TRUMP. GIORGIA MELONI, IN PISTA PER WASHINGTON, È AVVERTITA...”
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “la Stampa”
DONALD TRUMP VS URSULA VON DER LEYEN - IMMAGINE CREATA CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI GROK
A Bruxelles la frustrazione è palpabile. "Non abbiamo alcuna idea di cosa vogliano gli americani. Decide uno solo – e con noi non parla". Sui dazi di Donald Trump l'Ue vuole negoziare. Ieri, Ursula von der Leyen ha rinnovato ieri la proposta di dazi zero su prodotti industriali e automobili. Già fatta prima del Giorno della Liberazione. Rimasta senza alcun riscontro, neanche un "no grazie".
Tra ordini esecutivi alla Casa Bianca e tee a Mar-a-Lago il Presidente americano non fa che ripetere il ritornello dell'Unione europea sfruttatrice degli Stati Uniti. C'è da meravigliarsi se la Presidente della Commissione telefona al Primo Ministro cinese, Li Qiang, per caldeggiare una "risoluzione negoziata" delle controversie fra Cina e Ue, vedi dazi europei sulle auto elettriche?
URSULA VON DER LEYEN E XI JINPING
Non sostituiamo né mai sostituiremo gli Stati Uniti con la Cina. Semplicemente allarghiamo l'orizzonte. Il rapporto transatlantico è strategicamente e geopoliticamente diverso da qualsiasi fantasia di assi euroasiatici. Le relazioni Usa-Europa erano improntate alla solidarietà, quand'anche sorgessero divergenze economico-commerciali, come è spesso successo.
Quelle con Pechino poggeranno sulla reciproca convenienza, sottolineato "reciproca". Ma non c'è dubbio che se, nel triangolo Usa-Cina-Ue, intorno al quale ruotano – o meglio ruotavano, fino al 2 aprile – commercio mondiale e globalizzazione, il lato transatlantico si allunga enormemente, si accorcia inevitabilmente quello Bruxelles-Pechino.
GIORGIA MELONI TRA DONALD TRUMP E URSULA VON DER LEYEN - VIGNETTA DI GIANNELLI
Nel controcanto a von der Leyen, il Commissario Ue per il Commercio, Maroš Šefcovic, ha ricordato che gli Usa rappresentano il 13% del commercio internazionale; sta al resto del mondo cercar di salvare dalla sciagura dazi il restante 87%. Trump continua ad evocare una grande America, tariffata e senza imposta sul reddito dal 1870 al 2013.
Dimentico, o ignorante, del fatto che lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, che innalzò drammaticamente i dazi alle importazioni in Usa, aggravò la Grande Depressione negli Usa e la diffuse al resto del mondo. Se l'America first vuole ripetere l'errore, libera di farlo.
Il resto del mondo cerca di correre ai ripari, Ue in testa. Oltre che con Li Qiang, von der Leyen si è sentita con Keir Starmer – l'Atlantico si allarga, la Manica si stringe – riprende i contatti con India e Arabia Saudita.
MEME SU DONALD TRUMP GOLFISTA E DAZISTA
L'Europa ha assistito a tre giorni di bagno di sangue a Wall Street e in tutti i mercati internazionali, specie quelli asiatici. Non sembrano aver smosso Trump dalla sua visione messianica dei dazi. L'Ue deve cominciare a rispondere. Lo sta facendo a ragion veduta, senza lasciarsi trascinare nell'esagitata, e offensiva, retorica del Presidente americano […]
Trump ha scatenato il caos, mettendo a soqquadro il funzionamento dell'economia mondiale e rovesciando alleanze. Lasciarsi prendere dalla fretta è l'ultima cosa da fare. I leader europei, e mondiali, farebbero bene a riflettere sulla massima di Albert Einstein: «se avessi un'ora per salvare il mondo, passerei 55 minuti a definire il problema, e solo cinque minuti a trovare la soluzione».
Il problema è cosa vuole Trump: arrivare a un "deal" estraendo con brutalità' condizioni quanto più possibili vantaggiose agli Usa, o costruire una "fortezza America"? L'Europa scommette ancora sulla prima alternativa, negoziabile, ma deve prepararsi alla seconda.
Intanto, il caos regna sovrano. I dazi "reciproci" di Donald Trump sono in vigore da sabato. Questa settimana, le lattine di Nastro Azzurro e di Birra Moretti entrano negli Stati Uniti con un dazio del 20% come tutte le esportazioni dall'Italia? o del 25% in quanto d'alluminio? o della somma dei due (45%) visto che il primo si aggiunge a tutti gli altri – l'ha detto il Presidente, quale zelante impiegato delle Dogane Usa arrischierebbe il licenziamento in tronco per inefficienza? […]
DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI A MAR-A-LAGO
Le merci importate passano attraverso più di 400 punti di entrata doganali in Usa. Come essere sicuri che tutti applichino uniformemente la miriade di dazi, dal 10% su pochi eletti, come Regno Unito e Arabia Saudita, al 50% sullo sfortunato Lesotho, e la voluminosa lista di eccezioni, emanate da meno di una settimana?
Calma e sangue freddo per rispondere al caos – terreno preferito di Trump. Evitare reazioni frenetiche o velleitarie, alla Emmanuel Macron. Soprattutto niente divisioni fra noi - che l'altra sponda dell'Atlantico terrebbe sotto il microscopio.
ursula von der leyen e donald trump a davos nel 2020
Mantenere fermi i due pacchetti di dazi Ue già approntati da tempo. Ricordarsi che non c'è solo l'America e non cercare un'America che non c'è più. Negoziare è una parola che suona sempre bene alle orecchie italiane, ma bisogna innanzitutto capire "cosa" l'attuale Presidente americano è disposto a negoziare.
Non lo sa Bruxelles, non lo sa nessuna capitale europea o mondiale. Non Budapest – le amicizie non contano. Non Londra – niente relazioni speciali. Neanche Gerusalemme – sui dazi Benjamin Netanyahu non ha cavato un ragno dal buco. Giorgia Meloni, in pista per Washington, è avvertita.