khalifa haftar vladimir putin erdogan

TUTTA COLPA DI HAFTAR - SALTA ALL'IMPROVVISO IL VERTICE SULLA LIBIA TRA RUSSIA E TURCHIA: LA DELEGAZIONE RUSSA ERA ARRIVATA A ISTANBUL MA NON SI È TROVATO L'ACCORDO SUL GENERALE. MOSCA VUOLE UN RUOLO PER LUI, ERDOGAN LO VUOLE FUORI DAI GIOCHI - ANKARA È IN VANTAGGIO, ANCHE SE PUTIN MINACCIA DI METTERE DUE BASI IN CIRENAICA (CON QUALI SOLDI?)

1. LIBIA, NON C'È ACCORDO TRA RUSSIA E TURCHIA: SALTA IL VERTICE

Marco Ansaldo per www.repubblica.it

 

PUTIN ERDOGAN

E' saltato all'improvviso il vertice di Istanbul fra Turchia e Russia, mentre la delegazione russa era già arrivata sabato sera per partecipare ai lavori di un incontro considerato decisivo per raggiungere un patto sulla Libia. Nessuna spiegazione, a livello ufficiale, sulla cancellazione del summit. Ma tra le due parti non è stato raggiunto un accordo preliminare: Mosca vorrebbe far ripartire le trattative per una soluzione politica che coinvolga Khalifa Haftar, il generale di Bengasi che, grazie all'intervento dell'esercito turco a fianco del premier Fayez al Serraj, ha dovuto battere in ritirata dall'assedio che stava portando a Tripoli. Mentre Ankara invece vuole escluderlo dal tavolo negoziale, dopo i suoi ripetuti rifiuti a una tregua chiesta dopo la conferenza di Berlino svoltasi lo scorso gennaio.

 

Ankara cerca di capitalizzare al massimo il momento favorevole sul terreno, e il presidente Recep Tayyip Erdogan intende far proseguire l'offensiva militare verso Sirte e la Cirenaica per mettere Haftar all'angolo. Una posizione non condivisa da Mosca. E così, data la divergenza di vedute registrata nelle ultime ore, i due ministri degli Esteri, il russo Sergei Lavrov e il turco Mevlut Cavusoglu, hanno convenuto al telefono di rinviare l'incontro addirittura "a una data futura".

 

Tutta da discutere anche l'intenzione russa di installare due sue basi, una navale e una aerea, in Cirenaica. Un asse considerato essenziale da Mosca per potersi affacciare sul Mediterraneo, dotandosi di una prospettiva strategica nuova capace di infastidire la Nato.

 

erdogan putin

Le divergenze riguardano infine la recente "iniziativa del Cairo" promossa dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, che estrometterebbe i turchi da ogni attività in Libia con la costituzione di un nuovo Consiglio presidenziale. La Russia ha salutato il passo con cauto favore. Il ministro turco Cavusoglu ha definito l'iniziativa come "nata morta".

 

Eppure fino a sabato sera la Turchia aveva confermato che i ministri degli Esteri e della Difesa russi Lavrov e Shoigu avrebbero partecipato alla riunione che avrebbe incluso Cavusoglu e il ministro della difesa turco Hulusi Akar. L'incontro ora è stato rinviato ufficialmente a data da destinarsi, come ha annunciato una asettica nota diplomatica: "In una conversazione telefonica svoltasi oggi tra il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, è stato deciso che i contatti e i colloqui proseguiranno nel prossimo futuro. La riunione a livello ministeriale avrà luogo in una data futura".

 

Gli osservatori giudicano come singolare il fatto che un incontro di questo tipo, a livello di ministri degli Esteri e della Difesa, salti all'ultimo momento. La sensazione è che il presidente russo Vladimir Putin cominci a temere la forza di Erdogan, indiscutibile vincitore in Libia nonostante l'invio dei mercenari russi della compagnia Wagner, ritiratisi dal fronte di Tripoli dove i militari turchi hanno vittoriosamente appoggiato Serraj. Turchi che ora si lanciano in Cirenaica alla caccia di Haftar, senza più accettare il cessate il fuoco.

MACRON SERRAJ HAFTAR

 

 

2. ERDOGAN E PUTIN VERSO UN PATTO SULLA LIBIA

Maurizio Molinari per ''la Repubblica''

 

 

L e manovre aeronavali turche davanti alle coste libiche, i jet russi nella base di Jufra e l' odierno summit ministeriale russo-turco descrivono quanto sta avvenendo nel Mediterraneo Centrale: Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin sono protagonisti, alle porte dell' Italia, di un riassetto strategico che indebolisce l' Europa e sfida gli Stati Uniti.

Le manovre turche denominate "Open Sea Training" sono appena terminate ed hanno visto l' impiego di almeno 17 F-16 assieme ad una dozzina di navi ovvero Ankara ha messo in scena una dimostrazione di forza per attestare che i propri interessi si estendono legittimamente dallo Stretto del Bosforo al Castello di Tripoli.

I commentatori di Ankara hanno messo in relazione le manovre con il successo bellico ottenuto pochi giorni prima a Tripoli.

haftar serraj

 

Dove le forze turche sono riuscite a rompere l' assedio della città da parte del generale Khalifa Haftar, umiliando le sue milizie e obbligandolo a ritirarsi verso le roccaforti in Cirenaica. L' intervento turco a sostegno del premier Fayez al-Sarraj, iniziato a settembre, ha portato alla sconfitta del generale ribelle di Bengasi finanziato da Arabia Saudita ed Egitto, armato dagli Emirati Arabi Uniti e sostenuto da Parigi e Mosca. L' equilibrio di forze sul campo fra gli acerrimi rivali libici si è rotto quando - nel bel mezzo dell' emergenza Covid 19 in Europa - la brigata "Wagner" di mercenari russi prima ha ridotto le operazioni e poi si è ritirata dalla Tripolitania, poco prima che Mosca decidesse di far atterrare almeno 14 aerei da combattimento - inclusi alcuni Mig-19 Fulcrum - nella base aerea di Al Jufrah nel cuore del Sahara libico controllato da Haftar.

 

È stato quello il momento della scelta di Putin: ha voltato le spalle alla coalizione di Haftar per trattare con Erdogan sul futuro assetto della Libia. Un rovesciamento di campo che non sarebbe stato possibile senza l' avallo dell' Arabia Saudita che ha siglato con il Cremlino l' accordo extra-Opec sul petrolio per salvare la produzione globale dalla tempesta Covid 19. Senza più il sostegno dei mercenari russi, Haftar non è riuscito a tener fronte all' offensiva di Sarraj sostenuta dai turchi e la sua sorte militare - e forse anche politica - appare segnata.

 

 

haftar lavrov

L' interrogativo dunque è quale equilibrio si creerà ora sul terreno fra Ankara e Mosca. L' arrivo oggi a Istanbul dei ministri russi degli Esteri e della Difesa, Sergej Lavrov e Sergej Shoigu, per incontrare gli omologhi turchi ha proprio questo per tema. E non si tratta solo dell' ipotesi di una spartizione fra aree di influenza in Libia, come avvenuto sulla Siria, o di co-gestire un processo di pacificazione simile a quello di Astana, bensì di affrontare la richiesta-chiave di Mosca: avere delle basi in Cirenaica.

 

Il Cremlino cerca un successo strategico di prim' ordine perché la base aerea di Jufra o quella navale di Bengasi gli consentirebbero di mettere piede nel Mediterraneo Centrale, fronteggiare le basi Usa in Sicilia, incalzare la Nato sul fianco Sud ed al tempo stesso insediarsi in Nordafrica protetto dal sostegno di entrambi i grandi rivali dell' Islam sunnita: Riad e Ankara. Per avere un' idea delle fibrillazioni che ciò comporta basta guardare cosa è avvenuto negli ultimi giorni: il presidente americano Trump ha parlato con lo scomodo alleato Erdogan trovandosi nella condizione di dovergli chiedere di ostacolare i progetti russi e gli Emirati esercitano forti pressioni sull' Egitto affinché crei una zona cuscinetto dentro la Cirenaica per evitare la totale perdita della Libia.

 

putin al sisi

Davanti a tali e tanti sviluppi l' Unione Europea appare in evidente ritardo con Roma e Parigi ancorate ad una Conferenza di Berlino mai decollata, nonché obbligate a fare presto i conti con Erdogan in Maghreb su energia, sicurezza ed immigrazione. In attesa di sapere se le eventuali basi russe nel Sahara apriranno il capitolo africano della nuova Guerra Fredda con la Nato, possono esserci pochi dubbi sul fatto che al momento l' unico vincitore della guerra civile in Libia è Erdogan, anche grazie al sostegno finanziario del Qatar.

 

Ma proprio in quanto tale, dopo aver sgominato le milizie di Haftar e messo in scacco una dozzina di potenze, il leader di Ankara dovrà guardarsi soprattutto dalla minaccia che più preoccupava i Faraoni nell' Antico Egitto: la spietata violenza delle tribù libiche che invadevano con ogni pretesto le regioni occidentali del Delta del Nilo e che da allora nessuna potenza straniera è mai riuscita davvero a domare.

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...

gianfranco zinzilli silvia calandrelli giampaolo rossi rai

FLASH - GRANDE INCAZZATURA NEL CENTRODESTRA, IN PARTICOLARE TRA I FRATELLINI D’ITALIA: TRA OGGI E DOMANI IN RAI DEVONO DECIDERE IL PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ E L’AD ROSSI VUOLE NOMINARE SILVIA CALANDRELLI, IN QUOTA PD, COME PRESIDENTE  DELLA CASSAFORTE PUBBLICITARIA DELLA RAI (IL FILOSOFO DI COLLE OPPIO LE AVEVA PROPOSTO LA DIREZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ, MA LEI HA RIFIUTATO) - LA LEGA VORREBBE PIAZZARE GIANFRANCO ZINZILLI, ATTUALMENTE VICE DIRETTORE VICARIO DELLA DIREZIONE OFFERTA ESTERO RAI ITALIA...