elio lannutti

ELIO E LE STORIE FAKE – DOPO IL TWEET DI LANNUTTI SUI "SAVI DI SION", LA COMUNITÀ EBRAICA CHIEDE LE DIMISSIONI DEL SENATORE COL VIZIO DELLA BUFALA – SUL SUO PROFILO FIOCCANO I COMMENTI ANTISEMITI E LUI FA FINTA DI NIENTE: “SONO ABITUATO ALLA MACCHINA DEL FANGO” – L’INFATUAZIONE CON DI PIETRO, L’ADUSBEF, I RETTILIANI, I LIBRI E GLI STRAFALCIONI: ECCO CHI È

1 – LA PROTESTA DEGLI EBREI CONTRO I 5 STELLE

Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”

 

luigi di maio elio lannutti

A tarda sera, a tre giorni da quando era stato postato, il retweet stava ancora là, in bella mostra sulla sua bacheca. Il senatore Elio Lannutti non ha ritenuto di rimuovere il post dell' articolo che prende per buoni i Protocolli dei Savi di Sion (oltre ai rettiliani e alla «Nobiltà nera» che governa il mondo e che farebbe «sacrifici umani»). Un post che continua a far discutere, ma non in casa dei 5 Stelle, che ritengono chiusa la questione con le scuse del senatore (arrivate due giorni dopo il post) e con la presa di distanza del capo politico e vicepremier Luigi Di Maio.

 

LANNUTTI E IL TWEET BUFALARO SUI SAVI DI SION

La comunità ebraica e le opposizioni insistono nel chiedere che vengano presi provvedimenti nei confronti di Lannutti. Il senatore, twittatore seriale (rilancia anche 50 contenuti al giorno, spesso da siti di fake news), ha ripreso regolarmente la sua attività, sia pure con una qualche cautela in più. Dopo aver rilanciato alcuni post solidali con lui, commenta così: «Grazie, sono abituato alla macchina del fango». E poi pubblica un altro post, in attacco: «Mai una frase, un pensiero, un' azione contro gli ebrei perseguitati e trucidati dai nazisti. Mai affermato di essere antisemita. Piuttosto che querelare per la macchina del fango attivata, mi sono scusato, ma se continua la diffamazione, sarò costretto a farlo».

 

Noemi Di Segni Mattarella

Nei commenti si leggono molte difese del senatore, di questo tenore: «Falsi o meno che siano i protocolli dei Savi di Sion una cosa è certa: la verità è che è vero che è tutto in mano ai sionisti» (Benedetta Manini).

 

CARLA RUOCCO ELIO LANNUTTI

Nessun altro esponente di spicco del Movimento 5 Stelle interviene sul tema. Parla, invece, la presidente dell' Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni: «Credo che sia gravissimo, un senatore della Repubblica italiana non può essere senatore se ha questo nella sua mente. I rigurgiti antisemiti non sono un pericolo, ma una realtà».

Auschwitz forno crematorio

Nel Partito democratico Emanuele Fiano sfida il senatore: «Lei minaccia querele, le faccia contro di me.

 

Anche dal testo che ha citato sono partiti i carri bestiame per Auschwitz. Proceda pure». Carmelo Miceli, deputato dem, commenta: «Non basta prendere le distanze, il Movimento dovrebbe espellerlo e chiedergli di lasciare il seggio». Il senatore Antonio Margiotta ribadisce: «Le parole del senatore Lannutti sono un insulto alla memoria. Sono la rappresentazione plastica dell' incapacità di comprendere la storia drammatica del Novecento e il contegno, onore e responsabilità che impongono un ruolo pubblico.

 

Diffondere fake news antisemite è incompatibile con l' incarico di parlamentare. Di Maio tragga le conseguenze». Anche Forza Italia attacca. Dopo Mara Carfagna, interviene Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo: «L' antisemitismo si combatte non prendendo le distanze, ma allontanando le persone. Perché il Movimento Cinque Stelle ha fatto dimettere il velista Mura e non il senatore Lannutti che diffonde bufale antisemite? Forse per i 5 Stelle il velismo è più grave dell' antisemitismo?».

 

2 – CHI È ELIO LANNUTTI, IL SENATORE M5S DEL POST SUI SAVI DI SION

Samuele Cafasso per www.lettera43.it

 

auschwitz birkenau

L'uomo delle manette per tutti questa volta ha davvero esagerato: nemmeno i suoi storici sostenitori, dentro e fuori i Cinque Stelle, possono difendere il senatore Elio Lannutti che rilancia, come fosse niente, un articolo che ripropone una delle più antiche fake news del mondo, quella del protocollo dei Savi di Sion, pilastro del pregiudizio antisemita in Europa.

 

«Come vicepresidente del Consiglio e come capo politico del M5s prendo le distanze, e con me tutto il Movimento, dalle considerazioni del senatore Elio Lannutti» ha scritto Luigi Di Maio. E pure Lannutti ha dovuto scusarsi, cosa che fa molto raramente. Finirà così la lunga storia tra il Movimento e uno degli storici precursori del giustizialismo in Italia?

 

UN GRILLINO DEGLI ANNI OTTANTA

luigi di maio elio lannutti

Fosse per Elio Lannutti, le patrie galere sarebbero più piene di quanto già non sono. «In cella mandarini Bankitalia, oligarchi Consob!», tuona dal suo profilo Facebook rivolto a tutti i suoi seguaci. «Zonin va arrestato. Subito. E non da solo», strilla il sito della sua associazione, l'Adusbef, Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari.

 

Ma mica solo le galere patrie vanno riempite, essendo lui promotore «di un tribunale internazionale, analogo a quello sui crimini di guerra, per mandare a processo i bankster, artefici della crisi sistemica e padroni dell’Universo, per crimini economici contro l’umanità». Il gusto della parabola, d'altronde, non gli è mai mancato.

 

Ma sbaglierebbe chi pensasse che Lannutti sia un furbone lesto ad adeguarsi allo spirito del tempo: anti-Casta, anti-banche, anti-poteri forti e tribuno del popolo quando tutti sono anti-Casta, anti-banche, anti-poteri forti e tribuni del popolo. Lannutti non segue lo spirito del tempo, lui piuttosto è l'uomo della provvidenza di hegeliana memoria. Quello che lo spirito del tempo lo incarna. Da almeno 30 anni.

elio lannutti diventa senatore a 5 stelle

 

Non c'è molto da stupirsi, così, del fatto che il Movimento Cinque Stelle, pur di averlo in Senato, abbia definito delle regole che, ad essere maliziosi, sembrano tagliate su sua misura. Infatti non si potevano candidare persone che avessero già svolto incarichi politici, o corso ad elezioni, con altre forze e partiti «a far data dal 4 ottobre 2009». Guarda un po', lui è stato parlamentare con l'Italia dei Valori nel 2008.

 

IL «FIGLIO DI CONTADINI» EX SINDACALISTA CGIL

Abruzzese, classe 1948, «figlio di contadini», costretto a emigrare in Germania per pagarsi gli studi - come non perde occasione di dire facendo un punto di orgoglio delle sue umili origini - Lannutti conosce il mondo delle banche a menadito, non fosse altro perché ci ha lavorato. Impiegato, c'è scritto su Wikipedia, «presso un grande istituto bancario» (il Banco di Roma, ndr), è stato per anni sindacalista della Fisac Cgil.

ANTONIO DI PIETRO

 

E poco importa che adesso sia senatore di un partito che i sindacati li vorrebbe travolgere e che, su Twitter, la Cgil gli notifichi richieste danni per le ennesime sparate contro Via Nazionale. Irrilevanti, da questo punto di vista, anche i primi passi politici in Democrazia proletaria, perché se oggi Lannutti è una star del web non è certo per i suoi trascorsi nella sinistra extraparlamentare. Il merito della sua fama è da ricercare negli anni di battaglie «a difesa dei risparmiatori» portate avanti grazie ad Adusbef, l'associazione fondata nel 1987 e che, a intervalli regolari, lo incorona presidente. Come potrebbe essere altrimenti? L'Adusbef è una sua creatura, la ragione della sua vita, lo strumento dell'eterno assalto al Palazzo che solo i più ingenui o smemorati pensano sia roba di oggi.

 

QUANDO REPUBBLICA LO DEFINIVA «L'ANTESIGNANO DEI PROVOCATORI»

adusbef

Nel 1991 Repubblica così scriveva di lui: «Elio Lannutti, impiegato al Banco di Roma, sindacalista della Cgil-Fisac e presidente dell'Adusbef, è l'antesignano dei provocatori democratici delle assemblee, di quella sparuta schiera dei professionisti del disturbo che prende la parola in nome dei cittadini».

 

Fiat, Alitalia, Sip, Banco di Roma, Comit. Non c'era assemblea degli azionisti in quegli anni in cui lui non si fosse presentato, puntualizzando, sbeffeggiando, mettendo alla berlina amministratori e manager. E non sempre, a dire il vero, senza ragioni. Fu in quegli anni che Adusbef divenne quello che è adesso: una gigantesca macchina di ricorsi, contestazioni, class action a disposizione di un popolo naturalmente diffidente (e anche qui, non sempre a torto) nei confronti di chi gestisce i suoi soldi.

 

elio lannutti primo di nicola luigi di maio

Ma Lannutti non è solo un Azzeccagarbugli. Vede dove stanno andando i media italiani, vede l'onda eterna dell'anti-Casta e sa come cavalcarla: prima dei girotondi, prima dei forconi, c'erano lui e i suoi adepti sotto Montecitorio, sotto Palazzo Koch, a manifestare e, non troppo saltuariamente, a chiedere manette.

 

Tra i suoi vanti l'aver “ispirato” - dice - la tentata consegna di un tapiro ad Antonio Fazio, il presidente di Bankitalia di cui disse nel giorno delle dimissioni: «Festeggiamo la caduta del tiranno». Lo ha ricordato, in un pezzo del 2006 su La Stampa, Mattia Feltri. Erano gli anni in cui Lannutti iniziava la sua breve corsa a braccetto con Di Pietro: «Erano affratellati da un'ansia di giustizia dai tratti raggelanti», scriveva Feltri. L'ex magistrato, per altro, ha le sue ragioni a rivendicare di essere stato precursore del M5s. Ma se lo è stato, lo è stato anche con Lannutti.

 

DI PIETRO: «LANNUTTI? MI AVVALGO DELLA FACOLTÀ DI NON RISPONDERE»

LA BANDA D'ITALIA DI ELIO LANNUTTI

Quello che non si poteva sapere, 10 anni fa, era che la corsa del leader di Adusbef non si sarebbe più fermata. Anzi, avrebbe accelerato. È stato produttore a ciclo continuo di interpellanze parlamentari scritte per conto terzi prima (nel senso che un deputato scansafatiche in cerca di riflettori pronto a farsi latore dei suoi dettagliati report lo trovava sempre), poi candidato senza successo per i Verdi, quindi parlamentare recordman di presenze e proposte per l'Idv finito presto in rotta con Di Pietro («di lui non dico nulla, mi avvalgo della facoltà di non rispondere», ha detto l'ex magistrato a Lettera43.it).

 

CONOSCE GRILLO DAL 1994

Lannutti già nel 2015 era tra i 10 candidati alle Quirinarie dei cinque stelle, «l'ultima speranza di questo Paese», ha dichiarato a il Fatto in un'intervista del 2015. Anche qui: non è un innamoramento opportunistico dell'ultima ora, Lannutti partecipò al primo V-Day e conosce Beppe Grillo dal 1994, quando «facevamo la battaglia contro l'1-4-4 e la Sip fece di tutto per delegittimarci».

 

PROCURA DI TRANI

Sembra preistoria, forse un po' lo è. Ma il suo vero capolavoro sono, dopo le interpellanze parlamentari per conto terzi, i processi per conto terzi. È lui l'ispiratore della raffica di inchieste della procura di Trani del pm Michele Ruggiero contro banche, agenzie di rating e compagnia bella. Quella sulle agenzie di rating - i giornali ne appresero l'esistenza da un comunicato di Adusbef - si è risolta con un nulla di fatto. Come tante altre. Ma quanti titoloni. Quanti interrogatori eccellenti! D'altronde negli ultimi anni, ha scritto Il Foglio, la procura di Trani ha indagato su: American Express, Mps, Bnl, Unicredit, Credem, Intesa SanPaolo, Banca d’Italia e Deutsche Bank e sono stati interrogati Romano Prodi, Mario Monti, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il presidente della Bce Mario Draghi e quello della Consob Giuseppe Vegas. Una manna per l'uomo che non ha mai nascosto la sua passione per processi e manette.

 

MOLTI LIBRI, MOLTI STRAFALCIONI

elio lannutti con primo di nicola

Tutto materiale che magari Lannutti utilizzerà per uno dei suoi prossimi libri, dopo Euro, la rapina del secolo (Editori Riuniti, 2003), Bankster (Editori Riuniti, 2010), La Banda D'Italia, (Chiarelettere, 2015), Morte dei Paschi (Paperfirst, 2017). Una produzione da stakanovista che in parte spiega - insieme con la spiccata tendenza a vedere malaffare ovunque - qualche imbarazzante scivolone.

 

Come quando in Banda d'Italia ha accusato un dipendente di essere stato assunto da Via Nazionale senza averne i titoli in quanto nipote del capo dipartimento risorse umane ed ex capo dell'Ispettorato di vigilanza. Sarebbe stata una vergogna, ma invece era solamente un caso di omonimia. Piccoli incidenti, insomma. La rivoluzione d'altronde, si sa, non è un pranzo di gala.

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