CLAMOROSO! I MONTIANI AMMETTONO CHE SONO PRONTI A BUTTARSI SU RENZI (SPERANDO CHE RENZI NON SI FACCIA MALE) - DA INFLESSIBILI MORALIZZATORI, ADESSO CHE NON SERVONO A UN CIUFOLO, I MONTIANI NON ESCLUDONO DI COLLABORARE COI GRILLINI, NÉ DI APPOGGIARE PD E PDL, NÉ DI TORNARE ALLE URNE, NON DANNO PER SCONTATA LA FIDUCIA A BERSANI...

Claudio Cerasa per "Il Foglio"

"Le elezioni? Non sarebbero una follia. Un governo con Grillo? A certe condizioni si potrebbe. Se Renzi fosse in campo? Beh, in quel caso...". L'improvviso anche se non imprevedibile passaggio di Mario Monti dallo status di grande e supremo salvatore della patria a quello di inconsolabile capo di un piccolo partito così piccolo da non essere in grado di svolgere neppure la classica azione-stampella tradizionalmente esercitata da molti piccoli partiti italiani ha contribuito, come è naturale, a far calare l'attenzione attorno al mondo del professore bocconiano.

Ma nonostante ciò, e nonostante il magro bottino raccolto alle elezioni dalla Lista montiana (10 per cento, 47 deputati, 19 senatori), si potrebbe dire, galileianamente parlando, che eppur qualcosa si muove. Che ci sia un piccolo anche se impercettibile movimento nell'universo montiano lo dimostrano non solo le parole sussurrate mercoledì dal presidente del Consiglio uscente ma anche i molti (e probabilmente ultimi) appuntamenti istituzionali convocati da Monti a Palazzo Chigi. Martedì è stata la volta di Renzi, nelle prossime ore, prima del Consiglio Ue del 14 marzo, sarà la volta di Bersani, di Alfano e probabilmente del "signor Grillo".

Ecco: ma cosa bolle in pentola tra i montiani? Che intenzioni hanno? Cosa progettano? Che governo sognano? Abbiamo girato queste domande al senatore (montiano) Pietro Ichino e ne è venuta fuori una conversazione utile a capire cosa ne sarà, in questa o nella prossima legislatura, di quel 10 per cento incassato alle elezioni. Primo punto: è vero che l'unico governo a cui i montiani voterebbero la fiducia sarebbe quello formato, oltre che da Monti, da Pd e Pdl? Ichino spiega che le cose non stanno esattamente così. "Non è così.

L'unico governo cui voteremmo la fiducia è quello che tenga ferma la barra del timone sul mantenimento degli impegni assunti dall'Italia in Europa; condizione indispensabile per consentire all'Italia stessa di svolgere un ruolo da protagonista nella costruzione del nuovo sistema di governo dell'economia europea. Potrebbe anche accadere che un governo di questo genere venisse sorretto dal voto di una parte soltanto di una delle forze politiche maggiori in campo. Compreso eventualmente, non si può escludere a priori, una parte del Movimento 5 stelle". E Renzi? E Bersani? E Napolitano? Su questi temi, Ichino ha alcune idee interessanti.

Dice Ichino: "Al contrario di quello che si crede io non penso che Bersani abbia sbagliato a rivolgersi a Grillo per tentare di fare un governo. In questo modo, infatti, il segretario del Pd rende a tutti un buon servizio, costringendo il Movimento ad assumersi tutte le proprie responsabilità, mettendo allo scoperto la propria non disponibilità a contribuire al governo del paese nel quadro costituzionale vigente". Ichino dunque considera valida la mossa di Bersani - andare al Quirinale, chiedere l'incarico, preparare una rosa di 15 ministri, portare le otto proposte in Parlamento e farsi votare contro dai grillini "irresponsabili" - ma la ritiene valida solo a una condizione: "La condizione è che sia depurata dell'ultimatum con cui lo stesso Bersani l'aveva presentata inizialmente: cioè della indisponibilità del Pd per alcuna altra soluzione possibile della crisi.

Quella era davvero una sciocchezza molto pericolosa, che per fortuna è stata corretta dalla direzione del Pd. Detto questo - continua Ichino, che insieme con altri 18 senatori fa parte della piccola ma non irrilevante truppa dei montiani a Palazzo Madama - resto convinto che la fiducia a Bersani non sia scontata: la fiducia si dà a persone in carne e ossa: le persone contano, sul piano programmatico, molto più delle proposte, soprattutto quando esse sono estremamente generiche, come quelle presentate da Bersani. Tanto generiche, che possono assumere valenze diversissime riguardo alla questione cruciale, cioè alla nostra strategia europea, a seconda del modo in cui le si attuano".

Ichino si riallaccia, rendendolo più esplicito, all'allarme lanciato due giorni fa da Monti sulla questione che sia meglio tornare alle urne piuttosto che dare il via libera a un governo anti europeo; e in modo sintetico spiega in che senso i montiani non considerano affatto le elezioni anticipate come un'ipotesi da escludere del tutto: "Dar vita a un governo su posizioni incompatibili con la strategia europea dell'Italia costituirebbe la premessa per un disastro sicuro.

Meglio, allora, nella speranza di sventare il disastro, ridare la parola agli elettori: questa volta sulla vera alternativa di fronte alla quale ci troviamo, cioè pro o contro quella strategia". Il senatore montiano, infine, rilancia un tema che in queste ore è stato al centro di alcuni colloqui privati tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica e, a proposito del futuro possibile di Giorgio Napolitano, si spinge a lanciare un doppio appello al capo dello stato, pienamente condiviso anche dallo stesso prof. bocconiano.

"Confesso che sarei favorevole a una proroga, anche temporanea, di Giorgio Napolitano al Quirinale: mi parrebbe un elemento di garanzia e di stabilità del sistema, prezioso in questa situazione di incertezza istituzionale gravissima. Non ci sarebbe bisogno di un suo consenso preventivo formale: potrebbe essere lui, a seguito di un voto del Parlamento a larghissima maggioranza, ad accettare avvertendo che si dimetterà appena superata la crisi". Sempre su Napolitano, Ichino si spinge a dire anche qualcosa di più.

Qualcosa legato al nome giusto che alla fine potrebbe clamorosamente spuntare fuori se l'ipotesi A (governo Bersani) e l'ipotesi B (governo non politico appoggiato da Movimento 5 stelle e Pd) dovesse naufragare. "So - dice Ichino - che nel centrosinistra c'è qualcuno che sta ragionando intorno all'ipotesi che Napolitano possa essere la soluzione giusta per guidare un breve governo di larghe intese. In effetti è una delle soluzioni di cui disponiamo. Ma se lui fosse disponibile a rimanere in campo, ripeto, sarebbe meglio che vi rimanesse nel suo ruolo attuale".

E se invece la situazione dovesse precipitare e Renzi - come il sindaco ha lasciato intendere ieri in un'intervista al Messaggero - dovesse diventare a ottobre il candidato del centrosinistra? Cosa accadrebbe? I montiani sarebbero disponibili a confluire nel nuovo centrosinistra? Ichino non ci gira attorno e offre una risposta sincera: "Se la candidatura di Renzi si accompagnasse a un programma simile a quello con cui Matteo si è presentato alle primarie dell'autunno scorso, potrebbe essere lui il nome giusto per far convergere il percorso di Scelta civica con quello del Pd". Più chiaro di così...

 

renzi monti casini monti PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD RENZI E BERSANI ANDREA RICCARDI E MARIO MONTI FOTO INFOPHOTO MONTI RICCARDI MONTEZEMOLO riccardi, montezemolo, olivero

Ultimi Dagoreport

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO UN CALCOLO POLITICO: IL 25 MAGGIO SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)