CHI HA INVENTATO L’UOMO FORTE? – SCALFARI, PADELLARO E PANEBIANCO METTONO IN GUARDIA CONTRO L’ESAGERATO POTERE DI RENZI E SALLUSTI SI SCATENA: “CORRIERE E REPUBBLICA, ACCECATI DALL’ANTIBERLUSCONISMO, HANNO DISTRUTTO IL PAESE E CREATO IL MOSTRO RENZI”
1.IL MOSTRO RENZI ADESSO FA PAURA A CHI L’HA CREATO
Alessandro Sallusti per “il Giornale”
Premio Guido Carli Alessandro Sallusti
Cade un altro tabù. Da oggi si può dire che Matteo Renzi è un dittatore senza rischiare di passare per fascisti, populisti, analisti rozzi o finire sotto procedimento disciplinare dell'Ordine dei giornalisti. Angelo Panebianco sul Corriere della Sera ed Eugenio Scalfari su la Repubblica hanno dedicato infatti i loro editoriali domenicali allo stesso tema dell'uomo solo al comando. Panebianco sostiene che Renzi è un Berlusconi un po' più pericoloso perché non ha contro, in modo pregiudiziale e massiccio, la grande stampa nazionale e internazionale oltre che i poteri forti dell'economia e della finanza. Scalfari si limita a dare alcuni consigli a un «premier narcisista» per difendersi da se stesso.
Che dire: cari signori, benvenuti nel mondo reale di un Paese a democrazia sospesa. Del quale Renzi è però solo un prodotto, ultimo anello di una catena forgiata e montata proprio nelle fucine di Corriere e Repubblica con il contributo attivo degli stessi Scalfari e Panebianco.
Parliamo di giornali che accecati dall'antiberlusconismo hanno sputato sul loro e nostro Paese, infangato e screditato istituzioni e grandi aziende nazionali, che hanno auspicato prima e inneggiato poi alla cessione di parte della sovranità nazionale a governi e poteri bancari esteri. Parliamo di intellettuali che hanno applaudito all'arrivo di un governo - quello di Monti - extraparlamentare, che hanno coperto i complotti di Napolitano, peggior presidente della storia repubblicana, che hanno taciuto sulle invasioni di campo della magistratura, che non sono scesi in piazza a sventolare la Costituzione - come accadeva ai tempi di Berlusconi regnante - quando si insediò Renzi, terzo premier consecutivo arrivato a Palazzo Chigi senza passare dalle urne.
È andata già bene che in una situazione del genere ci sia ancora un governo e non una giunta militare. I Panebianco, gli Scalfari e i loro giornali hanno poco da lamentarsi o da preoccuparsi. Con la penna, messa al servizio dei loro padroni, hanno distrutto un Paese e creato il mostro Renzi. Che infatti è uno di loro: furbo, opportunista pronto a fare carne di porco degli avversari pur di raggiungere l'obiettivo.
2. TOH, ORA È ALLARME UOMO FORTE
MSc per “il Giornale”
Davanti c'è Lui, il Narciso, l'uomo forte, «l'uomo solo al comando». Dietro soltanto macerie, cioè nemici divisi, litigiosi, sconfitti, scappati sull'Aventino. E i giornali cominciano a preoccuparsi: Renzi non starà accumulando troppo potere? Non ci saranno rischi di una deriva autoritaria? Se per Eugenio Scalfari «bisogna aiutare Matteo a difendersi da se stesso», Angelo Panebianco sul Corriere della Sera lo paragona a Silvio Berlusconi perché «entrambi sono stati accusati di rappresentare una minaccia per la democrazia». Sul Fatto invece Antonio Padellaro lo accosta a Bettino Craxi: «É lo stesso format, tutti e due nascono a sinistra per spaccare la sinistra».
Il piglio, la spregiudicatezza, la rottamazione, il modo con cui e arrivato a Palazzo Chigi, l'insofferenza alla critiche, il braccio di ferro con i sindacati, la capacità di manovra e di trovare consenso, queste le caratteristiche e le circostanze della fortuna del premier. Oggi, sostengono i commentatori, Renzi non sembra avere rivali ma domani, dicono, potrebbe andare peggio. Dalla legge elettorale «su misura» alla riforma del Senato alla conquista della Rai: il potere di Matteo si sta espandendo.
Come al solito, nel suo articolo domenicale, il fondatore di Repubblica parte da lontano, da Marco Minghetti, che governò 150 anni fa e che ora come Virgilio accompagna Scalfari, sembra di capire, nella discesa agli Inferi. In una bolgia c'è Renzi al quale vengono riconosciute alcune qualità, «l'innovazione, il coraggio e la volontà che gli hanno consentito di essere alla testa del Pd e di farne il più forte partito italiano». Però Matteo «è Narciso e mira all'utile proprio», anche se poi ogni tanto «vuole essere di giovamento altrui sicché tiene alla briglia il suo Narciso affinché gli altri gli rinnovino la fiducia e rafforzino il suo ruolo da protagonista».
Ma per «produrre questi effetti» concentra il potere nelle sue mani. «Questo spiega il progressivo indebolimento dei ministeri e la costruzione di uno staff a Palazzo Chigi capace di determinare le linee di governo». La prova? L'interim alle Infrastrutture, che si preannuncia lungo, la fine del bicameralismo con un Senato regionale e una Camera di nominati, la legge elettorale che guarda solo alla governabilità.
Panebianco è preoccupato per la riforma Rai, che «accrescerà il controllo di Palazzo Chigi», per la stretta sulle intercettazioni, per l'Italicum «che gli cade addosso come un vestito di alta sartoria». La mobilitazione antiautoritaria contro Berlusconi «fu esagerata» e Renzi «ci sta abituando all'idea che un uomo solo al comando non equivalga al fascismo», però questo «non può renderlo immune dalla critiche».
Infine Padellaro. «L'ascesa rapace tra partito e governo, senza fare prigionieri, sotto l'insegna del cambiamento. Il disprezzo per il Parlamento, l'insofferenza per i giornalisti: Renzi e Craxi, due carriere parallele, «lo specchio di un Italia malata».