SORCI VERDINI - L’EX MACELLAIO NON DEVE GUARDARSI SOLO DA TOTI: PER STATUTO I POTERI DI FIRMA SULL’USO DEL SIMBOLO, CANDIDATURE E CONTRIBUTI PUBBLICI SPETTANO A BONDI
Ugo Magri per "la Stampa"
A chi non conosce il magico mondo berlusconiano, risulta bizzarro lo psicodramma delle nomine interne. Perché mai questo accapigliarsi su incarichi e poltrone, se poi l'unico a decidere è sempre solo il Capo? Proprio qui sta il punto. Oggi Silvio c'è, tra un mese pure. Ma dal 10 aprile in avanti non si sa bene se e in che modo il Cavaliere potrà esercitare il suo comando.
Quel giorno si terrà l'udienza per decidere la sorte del condannato: un anno di affidamento ai servizi sociali o di carcere a domicilio. Nel primo caso, Berlusconi resterebbe in pieno controllo delle dinamiche di partito, salvo qualche limitazione di movimento e di orario; nel caso dei domiciliari, invece, i margini di autonomia dipenderebbero dalla discrezionalità dei magistrati.
I quali potrebbero mostrarsi di manica larga, consentendo all'ex premier una certa agibilità politica (incontri pubblici, dichiarazioni, interviste). O in alternativa, sarebbero legittimati a negargli qualsivoglia contatto col mondo esterno. Scoppierebbe in quel caso la rivoluzione, minacciano a Forza Italia. Secondo Brunetta, il «martirio» politico di Berlusconi sarebbe l'ultimo regalo della magistratura. Sta di fatto che si porrebbe a destra un problema gigantesco, specie se si andasse alle urne e ci fosse da decidere alleanze, liste, candidature e così via.
Il primo a saperlo è proprio Berlusconi. Che difatti prepara il paracadute. Ha individuato in Toti il portavoce ideale; gli vorrebbe affiancare un comitato ristretto di giovani promesse. E per quanto riguarda gli «asset» politici più delicati (uso del simbolo, candidature, contributi pubblici) sa di contare fino in fondo su colui che, secondo lo statuto forzista, detiene il potere firma: l'Amministratore nazionale, nella persona di Sandro Bondi. Il quale Bondi a sua volta si considera un semplice esecutore, e non ambisce a prendere decisioni in proprio: il depositario ideale.
Di tutto ciò si discute in queste ore, tra mille asprezze e parecchi veleni. A cominciare dai poteri di firma che spettano all'Amministratore. La questione tocca in particolare Verdini, uomo-macchina del partito, nonché artefice numero uno del patto Berlusconi-Renzi sulla riforma elettorale.
Se l'ultima parola sulle scelte organizzative facesse capo a Bondi, Verdini faticherebbe a esercitare il suo ruolo, sarebbe di fatto declassato. Insomma, gradirebbe che il Cavaliere conferisse a lui quelle deleghe. Fanno un tifo indiavolato per Bondi, viceversa, tutti quanti desiderano ridimensionare Denis temendo che si sia montato la testa. Ieri sera, ennesimo interlocutorio colloquio Berlusconi-Verdini per superare l'impasse.
Non è tutto. I cosiddetti «lealisti», di cui Fitto è l'esponente meglio conosciuto, ritengono urgente riportare le decisioni nell'ambito delle regole. A tal fine, l'unico organismo preposto dallo statuto «azzurro» a supportare Berlusconi è il Comitato di presidenza. Non sarebbe legittimo, insistono, un organo transitorio come quello che ha in testa il Cav, specie nel caso in cui lui venisse «silenziato» dai giudici. Ci vuole un luogo dove discutere e dove nel caso votare...
Il clima è teso. Al punto che la «Pitonessa» Santanché, sempre netta nei suoi giudizi, stavolta si chiude in un «silenzio riflessivo». Segno che qualche grossa tempesta si avvicina.
LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI DENIS VERDINI DENIS VERDINI SILVIO BERLUSCONI BERLUSCONI E GIOVANNI TOTI ALLA BEAUTY FARMBONDI E SCILIPOTI NEL GIORNO DELLA FIDUCIA AL GOVERNO LETTA FOTO LAPRESSE SANDRO BONDI