bettini zingaretti conte

CHI VINCE E CHI PERDE DOPO IL VOTO/1 - VINCE CONTE. DA PALAZZO CHIGI FANNO TRAPELARE CHE GIUSEPPI ''È AL LAVORO SULL'AGENDA DI GOVERNO PER IL RILANCIO DEL PAESE'', COPIANDO LE PAROLE DI ZINGARETTI: ''LA MAGGIORANZA ESCE PIÙ FORTE, CONTE DEVE RILANCIARE L'AZIONE SU TASSE, LAVORO, SCUOLA, UNIVERSITÀ, RIPRESA ECONOMICA'' - DOPO LA BATOSTA IN UMBRIA, DOVE PARTECIPO' ALLA CAMPAGNA, STAVOLTA NON SI E' FATTO VEDERE, E HA FATTO BENE - VINCE IL MODELLO BETTINI, CON IL PD CHE INGLOBA QUEL CHE RESTA DEI 5 STELLE

 

1 - ZINGARETTI, ORA GOVERNO È PIÙ FORTE, RILANCI

 (ANSA) - Il voto "rafforza il governo perché innanzitutto Salvini ha cercato di dare una spallata al governo. Si è voluto dare al voto un aspetto politico e questo tentativo è fallito: la maggioranza esce più forte, dobbiamo non essere pigri e Conte deve rilanciare l'azione in modo ancora più forte su temi concreti. Le tasse, il lavoro, la scuola, l'università, la ripresa economica. La maggioranza esce rincuorata mi auguro con meno problemi e più concretezza". Lo dice il segretario Pd Nicola Zingaretti parlando fuori dal Nazareno.

 

GIUSEPPE CONTE

2 - FONTI CHIGI, CONTE LAVORA A AGENDA,AVANTI PER RILANCIO

 (ANSA) - Il governo ora continua nella sua azione per il rilancio del Paese. Lo dicono fonti di Palazzo Chigi, dopo il voto per le regionali. Il premier Giuseppe Conte, spiegano le stesse fonti, è al lavoro sull'agenda di governo e attende i dati definitivi per ogni commento. Dalla presidenza del Consiglio trapela intanto soddisfazione anche per l'alta partecipazione democratica registrata in questa domenica di voto.

 

 

3 - CONTE SI SENTE PIU’ FORTE

Marco Conti per “il Messaggero

 

«Il risultato dell'Emilia Romagna non cambia l'agenda del governo». Giuseppe Conte lo ha detto tante volte e lo ripete anche dopo i risultati in Emilia Romagna. Dirlo ora, con il sorriso a trentadue denti, dà il senso dello scampato pericolo ma anche della volontà di evitare che la parte vincente della maggioranza, Pd e Iv, la faccia da padrone. Ciò che è certo, filtrava ieri notte da palazzo Chigi, è che «lo sconfitto è Salvini perché «ha pensato di strumentalizzare il voto regionale» ed «ha perso».

 

il centrosinistra unito a narni - roberto speranza nicola zingaretti vincenzo bianconi luigi di maio giuseppe conte

LA FRANCESE

Da quando è a palazzo Chigi Conte ha già vissuto una decina di competizioni elettorali, ovviamente spacciate tutte per decisive per la vita del governo. A primavera è prevista altra tornata di elezioni regionali e poi ancora il referendum sul taglio dei parlamentari. Tutti appuntamenti che rischiano di scaricarsi sull'esecutivo. Ma il fatto che la corsa del suo ex vicepresidente del Consiglio si sia fermata, toglie a palazzo Chigi quella sensazione di assedio vissuta da quando è iniziato il Conte2.

 

Anche perché i risultati emersi nella notte sembrano il compimento della crisi di governo di agosto, quando Conte si scagliò con una certa durezza nei confronti di Matteo Salvini vincendo alla fine il duello perchè l'allora ministro dell'Interno si ritrovò con tanti consensi, ma solo e senza i «pieni poteri» che aveva invocato. Ora che anche il centrodestra potrebbe avere i suoi problemi e la marcia di Salvini mostra limiti simili a quelli della francese Marine Le Pen, Conte si prepara ad aprire quella verifica di governo tante volte annunciata e che dovrebbe rappresentare un appuntamento decisivo, e al tempo stesso molto delicato, per portare la legislatura a compimento. Malgrado il pressing leghista, al rischio elezioni anticipate Conte non ci ha mai creduto anche perché i continui smottamenti nei gruppi parlamentari sono sempre andati in tutt'altra direzione.

 

Al tavolo della verifica di maggioranza arriverà un Pd notevolmente rinfrancato per il risultato elettorale in Emilia Romagna. Meno per aver perso la Calabria, soddisfatto per aver frenato l'onda salviniana ma costretto ora a fare i conti con il movimento delle Sardine. Dal lato dei vincitori c'è anche Matteo Renzi e la sua Italia Viva che ha forse contribuito a raccogliere quel voto moderato spaventato dalle citofonate.

 

Nicola Zingaretti Luigi Di Maio Giuseppe Conte

Sul piatto Iv ha già messo due temi, la riforma della prescrizione made in Bonafede e la cancellazione delle maxi-penali per i concessionari. Due argomenti non da poco visto che in settimana saranno oggetto di due distinte votazioni in Parlamento. L'incognita più complicata si chiama M5S. Il Movimento attraversa forse la fase più difficile da quando è nato e le percentuali raccolte ieri sembrano drammatiche. I grillini sono di fatto senza leader - a Vito Crimi è affidata una sorta di reggenza - ma pronti a tenere fermi quegli argomenti identitari (giustizia, Autostrade, salario minimo) che rappresentano ormai forse l'unica ragione sociale.

 

IL FUTURO

Dopo l'esperienza delle regionali in Umbria - dove Pd e M5S avevano provato a convergere su un unico candidato, poi sconfitto - Conte si è guardato bene dall'entrare nelle scelte dei partiti e, soprattutto, del M5S che non ha ancora deciso se mantenersi fuori dagli schieramenti come vorrebbe Luigi Di Maio o considerare organica l'intesa con il centrosinistra. In attesa che il Movimento a marzo decida sul suo futuro e faccia i conti con lo svuotamento del loro elettorato emerso in Emilia Romagna, al presidente del Consiglio spetterà quindi anche il compito di garantire il dovuto sostegno alle ragioni del primo partito di maggioranza che dopotutto gli garantisce la permanenza a palazzo Chigi frenando chi pensa sia possibile un possibile cambio.

 

Senza contare che anche il Pd sarà presto alle prese con un congresso e con la definizione del rapporto con il movimento delle Sardine che potrebbero aver contribuito non poco alla mobilitazione dell'elettorato di sinistra che potrebbe essere tornato al voto per fermare l'avanzata della Lega.

 

E' probabile che le residue resistenze ad una legge elettorale proporzionale possano finire sotto le macerie del voto di ieri, ma per Conte resta importante costruire, da qui al 2023, un'azione di governo in grado di fermare il centrodestra a trazione salviniana. D'altra parte nel sistema elettorale proporzionale, l'uno contro tutti si rivela spesso rischioso perché diventa tutti contro uno.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…