MAO E’ VIVO E GOVERNA INSIEME A NOI - PURGATO IL POLITBURO DAI FUNZIONARI CORROTTI, XI JINPING DÀ LA CACCIA AGLI OPPOSITORI INTERNI PER RIAVVICINARSI AI NEO-MAOISTI - UNIVERSITARI, GIORNALISTI, ARTISTI E INTELLETTUALI ACCUSATI DI “CONTAMINARE LA NAZIONE CON IDEE OCCIDENTALI”
Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
XI Jinping ha conquistato il partito grazie all’immagine di riformatore, ma si rivela oggi più rosso dei nostalgici neo-maoisti che ha sconfitto nella corsa per il potere. Nel primo biennio al potere, il successore di Hu Jintao ha costruito la propria fama di guerriero anti-corruzione, arrivando a colpire i funzionari più influenti dentro il comitato centrale del Politburo.
Arginato il cancro che corrodeva dall’interno il partito-Stato, il presidente cinese rivolge ora l’attenzione ai «pericoli esterni», lanciando una nuova campagna contro docenti, giornalisti, artisti e intellettuali, accusati di «contaminare la nazione con idee occidentali e liberali». Pechino nelle ultime settimane assiste così a sorpresa al grande ritorno di maoisti, rivoluzionari, generali e conservatori di sinistra, scatenati in purghe e delazioni all’interno di università, media e centri culturali.
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L’obbiettivo ufficiale è impedire «all’influenza straniera di destabilizzare il Paese, diffondendo concetti come stato di diritto e società civile». Analisti e dirigenti più aperti confidano che Xi Jinping punta invece a «fingere una svolta politica a sinistra per promuovere riforme economiche di destra». Riconquistare l’appoggio dei falchi neomaoisti, spaventati e perseguitati dal 2012, sarebbe cioè necessario per trasformare la Cina in un regime autoritario sempre più simile ai capitalismi dell’Occidente.
Eserciti di “custodi della tradizione”, ingaggiati dalla propaganda, balzano sui blogger che osano criticare Mao Zedong e ripuliscono il web dalle «crescenti eresie ispirate dal liberalismo occidentale». Ispettori del partito infiltrano scuole, università, redazioni, uffici, teatri, case editrici e istituzioni culturali per «stanare i compagni non abbastanza comunisti».
Non è esplosa la violenza della «rivoluzione culturale », ma i nuovi «guardiani dell’ideologia » hanno il potere di eliminare chiunque si opponga alle direttive presidenziali che si rifanno esplicitamente a Marx e a Lenin. Negli ultimi giorni, come riportato dall’agenzia Xinhua, lo stesso Xi Jinping ha diffuso nuove linee guida affinché «i centri formativi d’eccellenza tengano alta la guardia sull’ideologia».
La «rivoluzione degli ombrelli », che ha scosso Hong Kong tra fine settembre e metà dicembre, ha spaventato i leader di Pechino. Le rivendicazioni democratiche degli studenti, nell’ex colonia britannica, hanno suggerito ai vertici del partito che «la corruzione politica frena la crescita economica», ma che «il virus della democrazia occidentale può far implodere il sistema».
Il New York Times , parlando di «fase due dell’attacco al dissenso cinese», ha ricordato ieri che due documenti interni censurano i «valori universali che criticando Mao minano la sopravvivenza del partito». Zhang Hongliang, esponente della sinistra patriottica, allo stesso giornale ha detto che grazie a Xi Jinping «dopo un periodo di oblio oggi in Cina è un momento d’oro per essere di sinistra».
Per gli oppositori i rischi aumentano ogni giorno. Wang Congsheng, docente di Diritto, è stato arrestato per aver rivolto blande critiche al partito, come il giornalista Qiao Mu. L’editorialista Wang Yaofeng è stato licenziato per il sostegno ai giovani di Hong Kong. Centinaia di cronisti, avvocati e professori sono ridotti al silenzio dall’incubo delle persecuzioni.
LIU YONGQING MOGLIE DI HU JINTAO
Simbolo dell’offensiva neomaoista sono i documenti numero 30 e numero 9 del Comitato centrale, il primo riservato, il secondo pubblicato online. In questi Xi Jinping sintetizza la sua visione del potere, intimando ai funzionari di «non lasciar cantare gli uccelli che volano contro il partito» e di «non lasciar mangiare il cibo del partito a chi vuol avvelenare l’intera pietanza». L’ufficiale Global Times ha scritto che «il sistema adotterà decisioni sempre più forti contro chi mina la stabilità del partito, ponendo due alternative: cambiare o essere espulsi».
Se la campagna anti-corruzione ha seminato il panico nel circolo ristretto della nomenclatura, quella neo-maoista colpisce ora la maggioranza dei cinesi. Dagli abusi dei pochi eletti Pechino passa ai diritti diffusi che la classe media sempre più rivendica come naturali. Secondo lo storico Wu Si, Xi Jinping rilancia Mao per smontare l’accusa di essere un neo-liberale. Esercito e nostalgici assicurano al contrario che «riscopre il comunismo per globalizzarlo». La gente, più semplicemente, si ripone la domanda che l’assilla dall’inizio: chi è realmente il suo nuovo imperatore?