RAI, DI TUTTO E DI PUS - SI LAVORA A UNA IPOTESI CON GIAMPAOLO ROSSI AD, ROBERTO SERGIO DG E ANTONIO MARANO, IN QUOTA LEGA, PRESIDENTE PRO-TEMPORE (IN QUANTO CONSIGLIERE PIÙ ANZIANO) AL POSTO DELLA AGNES, SPINTA DA GIANNI LETTA - PER LEI NON CI SONO ANCORA I VOTI SUFFICIENTI IN COMMISSIONE VIGILANZA RAI - SERVONO I DUE TERZI DEI CONSENSI, OVVERO QUALCUNO PROVENIENTE DALLE OPPOSIZIONI, E NE MANCANO DUE (CHE POTREBBERO VENIRE, PIÙ AVANTI, DAL M5S)
Estratto dell'articolo di Mario Ajello per "Il Messaggero"
Tanta fatica, tanto travaglio, ma adesso - finalmente! - la nuova governance della Rai si sta concretizzando. In uno schema che vede una certezza e due probabilità: Giampaolo Rossi amministratore delegato è la certezza e Roberto Sergio come direttore generale (ossia staffetta e scambio di posti tra i due) e Antonio Marano come presidente pro tempore sono le due ipotesi che marciano speditamente verso la realtà.
La Lega che ha fatto molti problemi sulla Rai a Meloni, con uno schema così si sente abbastanza garantita. Se poi riuscirà a conservare anche la direzione della TgR, dove Alessandro Casarin altro papabile leghista per il Cda ma ora Marano è in vantaggio per questioni anagrafiche, il Carroccio può sentirsi ancora più tranquillo ma non è detto affatto che Roberto Pacchetti, slaviniano attualmente condirettore, riuscirà a salire l'ultimo scalino perché la poltrona della corazzata dell'informazione regionale fa gola anche agli altri partiti della maggioranza.
Il 26 settembre, giovedì prossimo, il voto finora sempre rinviato per scegliere i 4 membri del Cda Rai di nomina parlamentare ci sarà. E ci sarà anche, in quasi simultanea, la scelta del Mef - azionista del servizio pubblico - dei suoi due rappresentanti nel consiglio: Rossi e Simona Agnes, che è destinata alla presidenza ma ancora i voti sufficienti non ci sono in Vigilanza Rai perché per legge servono i due terzi dei consensi, ovvero qualcuno proveniente dalle opposizioni, e ne mancano due.
Ecco allora la carta Marano. E' del 1956 come Antonio Di Bella (su cui il Pd non sa se puntare o no per il Cda perché tentato dall'Aventino del non voto sia nelle Camere sia in Vigilanza: Schlein ha tutto l'interesse a tenersi fuori e poi a bombardare TeleMeloni come occupazione orbaniana del servizio pubblico) ma il manager leghista è di un mese più anziano dell'ex direttore del Tg3. E così, in assenza di un presidente votato, toccherà al consigliere più anziano farne le veci, in un interim che chissà quanto potrà durare.
Ma Agnes nessuno ha intenzione di ritirarla, se al primo scrutinio non raggiunge i voti, verrà ripresentata più in là e del resto anche Marcello Foa in prima battuta non ebbe i voti e poi li trovò. Due voti per lei, o subito o dopo, il centrodestra crede di trovarli presso M5S.
Conte si sta mostrando disponibile al dialogo - per arrivare a un presidente di garanzia, che però per ora gli stellati dicono non debba essere Agnes - nella speranza di ottenere in cambio per Giuseppe Carboni la guida di RaiNews24, dove il meloniano Paolo Petrecca è in scadenza a novembre, e altre compensazioni nelle direzioni di genere e soprattutto nelle vice-direzioni dei tiggì.
LA QUADRA Anche questa volta si conferma che la Rai è la spia più precisa, e l'anticipatrice, di quel che accade nella politica. Il campo largo del centrosinistra potrebbe saltare anzitutto sulla Rai. Se il Pd sceglie davvero l'Aventino schleineriano, i 5 stelle non saranno della partita. Conte non vuole a nessun costo rinunciare al suo fedelissimo Alessandro Di Majo, avvocato, nel Cda. Faceva parte di quello scaduti a maggio e farà parte del nuovo.
… La morale della storia, per ora, è la solita: il centrodestra dopo qualche contrasto trova la quadra grazie al cemento del potere, mentre il centrosinistra voglioso di campo largo alla prima prova - e la Rai è la prova regina - si restringe e si riempie di buche.