IL RICHIAMO CON ASTRAZENECA È SICURO? IL PRESIDENTE DELL'AIFA GIORGIO PALÙ SUL GRAN CASINO DELLE SECONDE DOSI: "FRANCESI E TEDESCHI HANNO SUGGERITO DI FARSI L'INIEZIONE CON PFIZER O MODERNA DOPO AVER RICEVUTO ASTRAZENECA. PER NON RIATTIVARE UN MECCANISMO CHE PUÒ AVERE ESITI DRAMMATICI. MA SIAMO SUL CAMPO DELLE IPOTESI… L'ITALIA DEVE ACCELERARE, RIMANDANDO I RICHIAMI"
Margherita De Bac per il "Corriere della sera"
«Siamo in guerra contro un nemico terribile, non possiamo ragionare come se vivessimo nella normalità». Giorgio Palù, virologo, presidente dell'Agenzia del farmaco Aifa, difende le scelte dell'Italia sulle modalità di somministrazione dei vaccini e di allungamento dell'intervallo fra le dosi.
Dopo una prima dose di AstraZeneca si può passare a un richiamo con Pfizer o Moderna?
«I francesi e i tedeschi hanno suggerito di farlo per le persone con meno di 55 anni e 60 anni, rispettivamente».
Perché mischiare vaccini nati da tecnologie diverse?
«Estrema cautela. I circa 200 casi di trombosi, molto infrequenti, segnalati dopo la prima somministrazione di AstraZeneca in soggetti giovani, hanno spinto ad alzare la guardia. L'incidenza di tali effetti avversi è comunque estremamente rara, un caso su oltre 100.000 vaccinati, tanto che né l'agenzia Ema né l'Oms hanno posto restrizioni».
Si tratta di reazioni osservate solo dopo la prima dose. Che motivo c'è per non fare il richiamo con lo stesso preparato AstraZeneca?
«Il timore è che un individuo dopo la prima dose possa aver ricevuto uno stimolo, che però non ha avuto conseguenze, e che la seconda iniezione possa riattivare quel meccanismo con esiti drammatici. Siamo sul campo delle ipotesi».
Perché l'Italia non ha seguito Francia e Germania sui limiti d'età per la seconda dose di AstraZeneca?
«Non c'è alcuna evidenza di eventi avversi scatenati dal richiamo».
La seconda dose di Pfizer e Moderna, che da scheda tecnica andrebbe somministrata rispettivamente dopo 3 o 4 settimane dalla prima, può essere ritardata fino al 42esimo giorno?
«Sì è possibile, lo dimostrano studi recenti. Però non bisogna andare oltre questo periodo per non rischiare di vanificare l'efficacia complessiva del vaccino».
Come mai avete cambiato idea? Inizialmente questa strategia, attuata dagli inglesi e molto criticata, era stata ritenuta insicura.
«Quando un vaccino passa dalla sperimentazione su poche decine di migliaia di persone all'applicazione sul campo con decine di milioni, le evidenze possono consolidarsi e i piani subire modifiche. Non ci basiamo su opinioni ma su dati pubblicati. Nuove ricerche indicano che la seconda dose può essere ritardata. Così è accaduto per il vaccino AstraZeneca: la seconda dose viene praticata nel corso della dodicesima settimana. Bisogna riconoscere agli inglesi il merito di aver avuto un approccio pragmatico, sulle prime non condiviso. I risultati ottenuti dal governo Johnson sono premianti e contiamo lo siano anche per noi».
Ora tocca all'Italia considerare soluzioni non ortodosse?
«In linea teorica sarebbe meglio rispettare l'intervallo di tempo tra le due dosi. Ma dobbiamo correre ai ripari. C'è carenza di vaccini e bisogna proteggere il più alto numero di cittadini: anche poche settimane guadagnate ritardando la seconda dose sono utili».
Non sarebbe più ragionevole mettere al sicuro i fragili rispettando i tempi?
«In un mondo ideale sarebbe così, ma è proprio per queste persone che dobbiamo correre, vaccinandone il più alto numero possibile».
coronavirus vaccinazioni a fiumicino
Nei sani potrebbe bastare una sola dose di AstraZeneca che dopo 3 mesi garantisce l'80% di efficacia?
«No, il richiamo è fondamentale per attivare la memoria immunitaria e una risposta efficace e duratura».