CAFONALINO - ROMA DECAFONALIZZATA DALL’ARTE: AL MACRO “STRISCIA” LA GIOSTRA DI CARSTEN HÖLLER, VINCITORE DELL'EDIZIONE 2011 DEL PREMIO ENEL CONTEMPORANEA, E DA MILANO SI SCAPICOLLANO MIUCCIA PRADA, FRANCESCO VEZZOLI, IL DIRETTORE GENERALE DI MEDIOBANCA MAURIZIO CEREDA, LUIGI ROTH DI TERNA, IL GENERO DI BAZOLI GREGORIO GITTI - DA TORINO PATRIZIA SANDRETTO REBAUDENGO E LUCA MASSIMO BARBERO - DAI NEO POTERI ROMANI PIERO GNUDI, MARTA DASSÙ E IL NEO CONSIGLIERE DIPLOMATICO DI MONTI PASQUALE TERRACIANO ….
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
1- L'ARTE CONTEMPORANEA? UN GIRO DI GIOSTRA
Claudia Colasanti per "il Fatto Quotidiano"
"Vieni a farti un giro". Così recitano i messaggi promozionali che invitano il pubblico a vedere l'opera vincitrice dell'Enel Contemporanea Award, premio giunto alla quinta edizione. Una delle questioni odierne più spinose riguardo l'arte ruota proprio attorno al tema dell'intrattenimento. à ancora possibile attrarre un pubblico - nei nuovi musei-contenitori - che non desideri essere coinvolto esclusivamente attraverso sollecitazioni elementari, ludiche, giocose?
L'esempio più calzante riguarda l'artista belga Carsten Höller (classe 1961), che ha vinto il premio, e in particolare quest'opera, appena inaugurata nella nuova ala del Macro di Roma. La recente, immensa, sala del museo (anch'essa denominata sala Enel), progettata da Odile Decq, sembra creata per ospitare questo genere di colossali installazioni, luminose, appariscenti, più che spettacolari.
Double Carousel with Zöllner Stripes: due giostre dall'aspetto vintage (i vecchi calcinculo) che si muovono in senso opposto e a velocità ridotta, permettendo ai visitatori di salire e scendere liberamente, mentre le pareti bianche e nere optical invitano gli occhi a perdere le coordinate dello spazio e del tempo.
Insieme ad altri artisti emersi negli anni Novanta, Höller interpreta l'arte come pratica di condivisione e convivialità , verso la sovrapposizione con il movimento della realtà e l'evasione dalla vita quotidiana. La reazione del pubblico è molteplice: per taluni è arte, per altri no, ma l'impatto con questo doppio carosello è senza dubbio coinvolgente e nostalgicamente festoso.
2- HÃLLER: L'ARTE à UNA GIOSTRA «LE BIENNALI SERVONO SOLO AI GIOVANI, TROPPA COMPETIZIONE»
Stefano Bucci per il "Corriere della Sera"
Da Stoccolma a Roma. Poi da Roma a New York e ritorno. Tutto in cinque giorni. Dura la vita per le star dell'arte contemporanea (del genere Koons, Cattelan, Hirst). Eppure Carsten Höller, vincitore dell'edizione 2011 (la numero cinque) del Premio Enel Contemporanea, rinnega immediatamente questo ruolo, nonostante il tour interoceanico in cinque giorni sia proprio il suo: «Non amo lo star system, voglio continuare a sentirmi un outsider. D'altra parte, se volessi davvero essere al centro del mercato dell'arte o delle mode non me ne starei a Stoccolma. Piuttosto avrei scelto di vivere e lavorare a Londra, a Parigi oppure a New York».
Forse, verrebbe da aggiungere, non avrebbe neppure scelto il Ghana e l'Africa occidentale come luogo ideale dove rigenerare la propria creatività : «Quando sono laggiù - assicura con entusiasmo - è come se rinascessi ogni volta». Proprio l'Africa, d'altra parte, ha portato definitivamente al successo questo artista (nato a Bruxelles nel 1961 da genitori tedeschi, ma che da tempo vive e lavora in Svezia) e che ha iniziato in modo del tutto anomalo: con una laurea in scienze agrarie, una tesi sulla comunicazione olfattiva tra gli insetti, una specializzazione in fitopatologia (c'è chi definisce il suo occhio d'artista, un occhio «da entomologo»).
Un angolo appunto d'Africa «moderno e creativo» era quello che Höller aveva creato a Londra per la Fondazione Prada, dal 21 novembre 2008 al 12 luglio 2009: era nato The Double Club Project, il posto più trendy di Londra, bar-disco-ristorante- spazio d'arte firmato da Germano Celant e da Höller (cui la stessa Fondazione aveva già dedicato nel 2000 una mostra negli spazi di Milano con tanto di funghi rotanti, Upside Down Mushroom Room recitava il titolo che riportava immediatamente al soul Motown di Diana Ross).
Höller, dunque, è qualcosa a metà tra l'artista (con una predilezione per gli effetti di disorientamento) e lo scienziato (quantomeno per la sua formazione). Ma lui chiarisce subito, con decisione: «No, non sono io lo scienziato. Lo scienziato è chi mi osserva e vive le mie opere». Al visitatore scienziato toccherà sperimentare stavolta il gioco di due grandi giostre girevoli collocate a pochi centimetri di distanza l'una dall'altra, nella grande Sala Enel del Macro di Roma, una delle più grandi d'Europa.
Due giostre sulle quali si potrà salire e scendere con facilità mentre sulle pareti un gioco di strisce «esalterà l'illusione ottica e l'effetto di straniamento». Double Carousel with Zöllner Stripes si intitola l'opera «sul tema dell'energia» (come prevede il regolamento) che elabora un tema caro all'artista e che fa pensare alla scena finale di Delitto per delitto di Alfred Hitchcock. E che gli ha fatto vincere il premio davanti a Bruce Mau e Paola Pivi. E domenica, su quelle stesse giostre, Höller ha girato un video con cinquanta coppie di gemelli monozigoti scelti tramite annuncio online.
Cosa pensa del Macro e, in genere, dei nuovi musei? «Il Macro è uno spazio perfetto per l'arte. Sento che lì le mie giostre prendono davvero vita». E chiarisce: «I nuovi musei spesso sono troppo monumentali e opprimenti, non lasciano troppo spazio alla creatività dell'artista. Il Maxxi? Bellissimo ma troppo ingombrante. In fondo sembra Moby Dick».
D'animali (balene comprese) Höller ha buona conoscenza: nello scorso ottobre a Berlino, all'Hamburger Bahnhof Museum für Gegenwart aveva portato 12 renne, 24 canarini, 8 topi, due mosche e un'enorme Amanita muscaria per interrogarsi (nella sua opera Soma) sul ruolo della scienza e del mito nella nostra società .
In altri casi aveva invece utilizzato rinoceronti gialli, coccodrilli arancio, ippopotami rosa. Temi e figure che si ritrovano (tutti) nell'ambito di Experience, la grande monografica che il New Museum di New York gli dedica fino al 15 gennaio.
Meglio un museo o una Biennale, una delle tante che affollano ormai il panorama internazionale (Höller stesso ha partecipato a quella di Venezia, a quella di San Paolo, a Documenta Kassel)? «Le Biennali sono perfette per i giovani, per chi deve farsi conoscere; sono un palcoscenico mediatico perfetto - dice -. Ma spingono alla competitività , non alla creatività . Fanno inseguire l'effetto a tutti i costi. Non è quello che voglio in questo momento».
Anche se comunque i suoi lavori trovano sempre un bell'effetto mediatico: basti pensare ai cinque scivoli d'acciaio Test Site installati nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra (anno 2006) con tanto di file di visitatori in coda per lasciarsi scivolare e di proteste per gli eventuali pericoli. E delle nuove tecnologie cosa pensa l'artista entomologo che ama Bosch? «Sono fondamentali, ma deve essere sempre la mia mano a concludere tutto». Höller, l'ultimo profeta della manualità .













