DAGOREPORT
Ci voleva quel guazzabuglio che si chiama Rai per far inciampare Mario Draghi nella prima grave, caduta di stile. Sulle nomine, Mariopio ha fatto un errere colossale.
Andiamo per ordine.
Il capo di gabinetto di Draghi (su consiglio di Paolo Gentiloni), Antonio Funiciello, stamane ha consegnato all'ad Rai, Carlo Fuortes, la lista con le proposte per le nomine, in cui svettava, in quota Pd, Simona Sala alla direzione del Tg1 al posto del grillino Carboni. Non solo Conte ha trovato indecente la proposta, ma ha posto un veto preventivo anche all'ipotesi Monica Maggioni (che nessun partito voleva), alla conferma del destrorso Gennaro Sangiuliano al Tg2 e alla presenza tra le nomine del renziano Mario Orfeo. Le posizioni si sono irrigidite tra urla, scazzi, discussioni furibonde.
Quando gli spazi per una trattativa si sono chiusi definitivamente, Fuortes si è trovato senza cartucce da sparare. A quel punto, il piccolo Napoleone di Viale Mazzini, con l'autorevolezza di un budino, ha fatto l'unica cosa che poteva: ha chiamato Draghi per avere lumi. Mariopio, preso atto delle resistenze grilline e della situazione di stallo, anziché chiamarsi fuori, è sceso in campo puntando le fiches su Monica Maggioni che, ripetiamo, nemmeno Enrico Letta voleva.
carlo fuortes foto di bacco (3)
Fuortes ha incartato la proposta Draghi e l'ha consegnata, pari pari, ai partiti. Quando Giuseppe Conte, assistito prima dai fedeli Rocco Casalino e poi dal fedelissimo Mario Turco, si è sentito proporre il tanto temuto nome della Maggioni, per di più con sigillo draghiano, è andato su tutte le furie, scompigliando ciuffo e pochette in un colpo solo.
Davanti a cotanto impeto, l'ad Rai ha rinculato al punto da bloccare le nomine. Confuso e intimidito, ha richiamato Draghi a cui ha riferito dell'opposizione dei Cinquestelle all'ipotesi Maggioni-Tg1. Mariopio non ha battuto ciglio e ha ghignato: "Vai avanti su questa strada".
La benedizione di Draghi alla direzione Maggioni, sebbene abbia sbloccato la partita delle nomine, è inopportuna. Una caduta di stile, appunto.
Innanzitutto perché il presidente del Consiglio avrebbe dovuto lasciare il pallino del gioco all'amministratore delegato. Con questo intervento a gamba tesa, Mariopio ha delegittimato l'autorità e la tanto sbandierata autonomia di Fuortes, che si è dimostrato incapace di trattare con i partiti e di prendere una decisione forte.
In secondo luogo, non si è mai visto un ex presidente della Rai, figura di garanzia, tornare nella mischia "lottizzata" delle direzioni dei telegiornali. Senza contare che nei suoi tre anni al vertice dell'azienda, la Maggioni ha visto e conosciuto cose che un direttore di Tg non dovrebbe né vedere né conoscere…
giuseppe conte luigi di maio 2
E poi Draghi e Monica Maggioni non sono due perfetti sconosciuti. Hanno familiarità, si conoscono. La giornalista frequentava casa dell'ex Bce ben prima che questi si accasasse a palazzo Chigi. Ha un rapporto di vecchia data con la portavoce di Draghi, Paola Ansuini, e gode della stima di Gianni Letta. Una donna dalla robusta rete di relazioni ma profondamente divisiva, soprattutto nella redazione del Tg1. Dove non è mai stata amata né rispettata. E poi il suo profilo, sostengono gli "addetti ai livori", non è quello richiesto di "alta professionalità" per occupare una poltrona così importante.
La furia di Conte, che è pur sempre alla guida del gruppo parlamentare più corposo, è comprensibile: ha perso la direzione amica di Carboni, al Tg1 si ritrova la sgradita Monica Maggioni e non ha ricevuto alcuna nomina compensativa. Una debacle totale.
Ma se Peppiniello Appulo è fuori di sé, Luigino Di Maio non strepita. Anzi. Nel periodo alla Farnesina, il ministro di Pomigliano ha avuto modo di conoscere la giornalista rosso-fuoco che si occupa di politica estera. Si sono visti, hanno chiacchierato. Hanno rotto il muro di diffidenza che li separava. Anche grazie all'indiscussa capacità della cronista di affascinare i suoi interlocutori.
La scelta della Maggioni, soprattutto per la rabbia di Conte, potrebbe avere strascichi per la leadership di Draghi. E' un precedente grave che rischia di impattare non solo nella delicata partita del Quirinale ma soprattutto nei già precari equilibri di maggioranza.
Ps: nel giro delle nomine mastica amarognolo anche Giorgia Meloni. La conferma di Sangiuliano al Tg2 non la fa esultare. Il direttore-tascabile è sì considerato "di area centrodestra" ma è più vicino alla Lega che a Fratelli d'Italia. La "Ducetta" avrebbe preferito la direzione della Radio, finita all'onnivoro Pd con Andrea Vianello.
andrea vianello giorgia meloni