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Inchiesta su Erba, Parenti: «Le Iene hanno sollevato dubbi ragionevoli»
Lettera di Davide Parenti al “Corriere della Sera”
Nel suo editoriale sul Corriere, Aldo Grasso ci accusa di «imbastire processi alternativi basati più sul sensazionalismo che non sui fatti accertati». A proposito della strage di Erba si parla spesso di tesi innocentista. Già la parola tesi contiene un tranello, come se si sostenessero degli argomenti in modo assertivo e aprioristico.
La nostra inchiesta solleva molti ragionevoli dubbi a partire da fatti sul cui merito nessuno si è mai confrontato, nemmeno la Corte d’Appello di Brescia. Così come altri, Aldo Grasso non contesta la bontà e lo specifico delle questioni che proponiamo, usa argomenti retorici basati su assiomi: i 3 gradi di giudizio, l’infallibilità della magistratura, la presunta intenzione di cavalcare facili consensi per catturare auditel.
Grasso dice che Olindo Romano e Rosa Bazzi sono tornati nelle loro celle e che il no della Corte d'Appello di Brescia ha cancellato ogni speranza, nonostante il ricorso in Cassazione promesso dalla difesa. Grasso non dice che la Corte di Cassazione in altri casi analoghi, e per molti aspetti sovrapponibili, ha annullato le sentenze dei precedenti giudici. Se anche qui lo facesse, il processo si riaprirebbe, sarebbero ammesse le prove portate dalla difesa e finalmente in aula si parlerebbe di fatti, non di suggestioni.
il servizio delle iene sull assoluzione di azouz e la prova della macchia di sangue 15
Secondo Grasso, la nostra verità «va oltre quella dei tribunali, […] incurante delle regole di uno stato di diritto». Le regole dello stato di diritto prevedono che il giornalismo faccia anche questo: metta in discussione l’operato degli altri poteri dello stato. Ecco a cosa servono le inchieste (siamo rimasti in pochi a farle). E siccome la giustizia in terra non esiste, ma esistono i giudici che in quanto esseri umani sono fallibili, la nostra Costituzione (articolo 24 quarto comma) prevede e tutela la correzione dell'errore giudiziario.
le intercettazioni di olindo e rosa le iene 3
Aldo Grasso si domanda «chi stabilisce la verità, il giudice o il conduttore?». Boom: né l’uno né l’altro. Nei tribunali si arriva ad accertare una verità processuale che può non coincidere con quella fattuale. È qualcosa di cui ci si dimentica spesso e che con il nostro lavoro cerchiamo di ricordare. Grazie per l’attenzione.
Davide Parenti
Risposta di Aldo Grasso
Non sapevo foste giornalisti, o vi dichiarate tali solo quando vi fa comodo? Da troppo tempo il “metodo Iene” consiste non nel fare serie inchieste ma nel cercare argomenti che generino paura, indignazione, compassione se si tratta di malattie, al solo scopo di mettere in discussione l’affidabilità degli scienziati o la credibilità delle istituzioni. Il “metodo Iene”, come ho scritto più volte, dal caso Stamina ai vaccini, dalle cure miracolistiche alla lapidazione del regista Brizzi, ha già fatto troppi danni. (a. g.)
La replica di Dino Giarrusso
Gentile direttore, sul Vostro giornale Aldo Grasso attacca chi fa processi televisivi citando la mia persona in modo improprio. Chiedo diritto di replica per precisare due cose:
1) Quello che Grasso chiama «un po’ di carriera politica» sono 120mila voti di preferenza alle europee del 2019, per capirci il doppio di Giorgia Meloni nella mia circoscrizione e 30mila voti in più di Silvio Berlusconi, che in Sicilia era un mito: un successo enorme, nel libero esercizio della democrazia.
2) Io non ho mai imbastito «processi» in TV, ma ho fatto decine di inchieste (sulla guerra in Yemen, ad esempio) spesso riprese con evidenza anche da voi. Fra esse un’inchiesta documentale rigorosa, proprio nello stile del Corriere, quotidiano che leggo da sempre: una trentina di ragazze italiane hanno raccontato di aver subito molestie fisiche e psicologiche nel mondo del cinema e della TV.
Quindici di queste hanno raccontato che un regista, spesso col pretesto di prove di recitazione o provini, le ha baciate, le ha toccate, si è denudato, si è masturbato davanti a loro e via deliziando. Fu proprio il Corriere della Sera a rivelare che si trattasse di Fausto Brizzi. Secondo Lei, direttore, era una notizia da dare o da tenere nascosta? Forse a Grasso, alla faccia della difesa dei diritti delle donne, questo modo di fare sembra normale e non degno di nota, a me invece è sembrato giusto parlarne.
Il signor Brizzi non ha mai querelato il sottoscritto, né le ragazze, né la rete né Le iene, e nemmeno una parola dei racconti di quelle ragazze è mai stata smentita, mai. Un processo vi è stato DOPO la mia inchiesta allorché una ragazza ha denunciato Brizzi e il giudice ha deciso che la stessa non avesse sufficientemente esplicitato il proprio dissenso, e dunque ha assolto il regista.
Benissimo, siamo un paese democratico dove esiste il sacrosanto diritto alla difesa, così come il diritto all’informazione. Io non faccio l’avvocato né il giudice e mai ad essi mi sono sostituito: io mi occupo di fatti rilevanti da raccontare, e sono orgoglioso di averlo fatto, in quella ed altre occasioni.
Mi pare peraltro che per fatti assai meno incresciosi (come un tweet sessista), altri personaggi pubblici siano stati attaccati anche dal vostro giornale, in alcuni casi pagandone conseguenze importanti, benché in assenza di reati e dunque di condanne. Vi siete forse sostituiti ai giudici? No, avete fatto il vostro lavoro. Mi auguro Grasso non vi dedichi uno dei suoi corsivetti dove -lui sì- infischiandosene dei fatti, sceglie di esercitare il suo potere bastonando mediaticamente chi non gli va a genio.
antonino monteleone il caso erba il super testimone
Cari saluti, Dino Giarrusso.
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