GOD SAVE THE QUINN! “MIO PADRE VIOLENTO? L’HO VISTO METTERE LE MANI ADDOSSO A MIA MADRE UNA VOLTA SOLA NELL’ARCO DI 30 ANNI” – DANNY QUINN RACCONTA IL PADRE ANTHONY: “ERA SEVERO. DA PICCOLO DIEDI FUOCO A UN BANCO A SCUOLA. LUI MI PRESE A CINGHIATE” – HA AVUTO 13 FIGLI. "NON CI SIAMO MAI VISTI TUTTI, ABBIAMO VITE DIVERSE” – È RIUSCITO A SALUTARLO PRIMA CHE MORISSE? "NON PROPRIO. NON MI RIVOLGEVA LA PAROLA DA 5 ANNI PERCHÉ AVEVO PRESO LE PARTI DI MIA MADRE NEL DIVORZIO” - E POI SANREMO '89 E L’EREDITA’ LASCIATA DAL PADRE ALL’ULTIMA MOGLIE: "È ANCHE SEPOLTO SU UNA PROPRIETÀ PRIVATA”
Estratto dell’articolo di Elvira Serra per corriere.it
Danny Quinn: il ricordo più bello di suo padre?
«Quando faceva Zorba a Broadway. Vederlo felice mentre lo applaudivano è stato uno dei momenti più gioiosi. C’eravamo tutti: io, mamma, i miei fratelli Lorenzo e Francesco».
E il più brutto?
«Forse uno dei più difficili è stato quello del divorzio».
Suo padre era violento?
«No, anzi, per favore correggiamo questa cosa. L’ho visto mettere le mani addosso a mia madre una volta sola nell’arco di 30 anni, ed è quello che ho raccontato agli avvocati durante il loro divorzio».
Quando eravate piccoli non vi picchiava con la cinta?
«No, anche quello è successo solo una volta e fu buffo, a suo modo, ma non potevo ridere sennò avrei peggiorato le cose. Non ricordo cosa avessimo combinato, eravamo tremendi. Era stata mia madre a chiedere l’atto disciplinare».
Forse avevate dato fuoco a qualcosa?
«No, quello era Lorenzo».
Ma lei aveva incendiato un banco di scuola dai Giuseppini, a Roma. E fu espulso.
«Io non ero proprio un incendiario, ero un fumogeno: avevo dato fuoco a della carta, senza calcolare che il banco era di legno; e prese fuoco...».
Tornando alla punizione?
«Ci mise in fila e ci dette delle cinghiate sulle cosce, ma non ricordo che ci abbia fatto male. Mi sembrava una cosa degli antichi romani, molto scenografica».
Però raccontò di aver preso in generale più botte di tutti.
«No. Una volta mio padre mi diede uno schiaffo, l’unico, ma eravamo a tavola e me lo presi in faccia perché avevo parlato fuori turno. Ma io parlo sempre fuori turno!».
Allora era severo.
«Certo, per forza!».
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Apriamo la scatola dei suoi fratelli: ho calcolato 12 figli.
«Quando siamo nati noi tre lui ne aveva già 5 dal primo matrimonio. Chris era morto piccolino a 3 anni in piscina, infatti con la mia bambina ho il terrore, ma adesso che ha 5 anni va a scuola di nuoto».
Dunque: Chris, Christina, Catalina, Duncan, Valentina. Poi siete nati voi, dal matrimonio con Jolanda Addolori.
«Francesco (scomparso nel 2011, ndr), io e Lorenzo».
Sean e Alex?
«Sono nati durante il matrimonio con mia madre da una tedesca che è appena morta. Ma c’è anche Matthiew, concepito con una francese: lui non ha mai voluto nessun rapporto con noi o con mio padre».
Ci sono, infine, Antonia e Ryan, avuti con l’ex segretaria che poi sposò. E siamo a 13.
«Però Raúl Juliá jr mi disse che ne aveva altri due a Città del Messico. Forse faremo un progetto per cercarli».
Vi siete mai visti tutti?
«No, ma non per cattiveria: abitiamo lontani e abbiamo vite diverse. Ryan, il piccolo, l’ho incontrato a Barcellona. Vorrei organizzare qualcosa, magari in America».
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Sarà stato difficile condividere il suo papà...
«No, perché sinceramente non era condiviso. Il problema era per gli altri fratelli, semmai. Uno, in particolare, raccontò che vide per strada me, papà e Lorenzo, ma gli proibirono di avvicinarsi».
In casa non ne parlavate?
«Ricordo solo una conversazione a tavola, a 16-17 anni: mio padre diceva che aveva fatto un errore e voleva chiuderla lì. Con la tedesca, però, aveva fatto lo stesso errore due volte di seguito...».
È stato un po’ difficile essere figlio di Anthony Quinn?
«No, semmai me lo sono reso difficile. Perché in realtà era bellissimo: ovunque andassimo la gente lo riconosceva e spalancava le porte».
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Ripensa ogni tanto al «suo» Sanremo dell’89?
«Per farlo ci vogliono tre mesi di preparazione: noi abbiamo avuto solo 10 giorni...».
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Dove sono i due Oscar vinti da suo padre?
«È un tema delicato perché purtroppo mio padre ha lasciato la sua eredita all’ultima moglie: è anche sepolto su una proprietà privata».
Non può andarlo a trovare?
«Non è nelle mie corde, ma non so come funziona».
Com’è possibile che abbia lasciato l’intera eredità a lei?
«In America puoi lasciarla anche al gatto. Può essere spiacevole, ma più per le cose sentimentali, per l’arte: mio padre era scultore e pittore, realizzò tantissime opere».
Una parte non è a Roma?
«No, fece trasportare tutto negli Stati Uniti».
È riuscito a salutarlo prima che morisse?
«Not really. Lui era a letto, e mio fratello gli ha avvicinato la cornetta. Non mi rivolgeva la parola da 5 anni. Aveva smesso di parlare solo con me, perché avevo preso le parti di mia madre nel divorzio».
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