Dal libro inedito dell’ex sovrintendente della Scala Carlo Fontana, “Sarà l’avventura. Una vita per il teatro”, ed. Il Saggiatore, in uscita a dicembre
Primavera 2003. Usciamo da una riunione con il sindaco Albertini. Siamo nel cuore
della ristrutturazione del Piermarini: abbiamo, tutti, validi motivi per essere preoccupati. Davanti al cancello di Palazzo Marino, Bruno Ermolli mi dice: «Tu non ti rendi conto che ti scopi la più bella donna del mondo, che tutti vorrebbero scoparsi: la Scala». Piu che
di scoparla, per me si tratta di servirla con amore, ma se fossi stato più sveglio avrei capito che l’amore rende ciechi e, grazie anche alla mia lunga esperienza nei meandri del potere politico, quella frase avrebbe dovuto farmi riflettere: Berlusconi ha stravinto le elezioni, e la Scala per molti può essere un lussuoso e utile luogo di rappresentanza,
Bruno Ermolli, che non a caso e definito il «Gianni Letta di Milano», aspira ad avervi un ruolo di sempre maggior rilievo. E scaltro, sa come muoversi e come prendere Muti. Ha una qualità: e – come lui stesso si definisce – «omeopatico», bravo cioè a dire ciò che a
uno piace sentirsi dire.
«Tu non ti rendi conto che ti scopi la più bella donna del mondo, che tutti vorrebbero scoparsi»
Quell’espressione mi mette a disagio, provo una sorta di malessere, ma la prendo come una bizzarria che lascia il tempo che trova.
Faccio un errore di superficialità: non si tratta di una semplice «ipotesi» e ne ho conferma il 13 marzo 2003, quando alla cena organizzata da Francesco Micheli in onore di Lucia Annunziata, nominata presidente della Rai, non vengo invitato «perché Muti non gradisce la mia presenza».
Parigi, 16 giugno 2003
Al Sovrintendente Carlo Fontana
Caro Carlo,
rispondo alla tua lettera, raccolta durante la mia brevissima sosta a Milano, in transito per Parigi. Mi sorprende il fatto che, mentre sono giornalmente in contatto con tutto il mondo, tu non sia riuscito a raggiungermi neppure telefonicamente per circa un mese intero. Mi chiedi un incontro per una nuova chiarificazione, ma alle diverse, che abbiamo avuto in questi ultimi anni, non credo sia necessario aggiungerne un’altra.
Desidero solo dirti che tristemente assisto, e con me tanti altri, ti assicuro, al declino lento di un teatro, privo di intraprendenza, di coraggio, di idee stimolanti, di proposte nuove, cariche di messaggi culturalmente ampi e differenziati per la crescita di un pubblico nuovo, più vasto. Il nostro sta diventando un Teatro sterile, in cui«i numeri», che nessuno sottovaluta, sono diventati più importanti dell’ardimento artistico.
Aggiungo che un grave senso di scoraggiamento e di sfiducia, come mi viene direttamente comunicato, pervade le masse artistiche e tecniche, coloro cioè che il teatro lo fanno per davvero.
Moltissimi lamentano non solo l’assenza di un Direttore artistico, che fisicamente non c’è, ma anche l’assenza di una Direzione in generale, lontana dai problemi e dalle esigenze dei lavoratori. Potrei continuare e addentrarmi nei dettagli, ma non intendo fare qui l’elenco delle «lamentazioni».
Con i più cari saluti
Riccardo
Milano, 17 giugno 2003
6 agosto 2003.
Una serata milanese afosa e sonnolenta. Ci incontriamo da Peck, ristorante in via Victor Hugo. Una cena riservata. Confalonieri festeggia il suo compleanno. Mi presento con una serie di appunti, nei quali elenco quello che ho fatto alla Scala. Durante la conversazione
prendo nota… pronto a ribattere nel merito di eventuali richieste di
chiarimenti. Poche frasi.
Albertini: «Nessuno pensa di accusarti di nulla. Nessuno pensa di revocare il sovrintendente, nemmeno Muti, che vuole solo che tu ti dimetta».
«Ma la Scala è una istituzione pubblica!»
Confalonieri mi interrompe pregandomi «di non fare il Ciampi» e mi ricorda: «Tra Sacchi e Van Basten, io scelgo Van Basten».
Da milanista, un messaggio chiaro.
7 agosto 2003
Egregio Signor
Dr Carlo Fontana
FILIPPO FACCI ALLA SCALA con l'ex sovrintendente carlo fontana e moglie
Caro Sovrintendente, caro Carlo,
faccio seguito alle intese intercorse nella cordialissima cena di ieri sera. Nonostante i delicatissimi argomenti trattati, le pesanti responsabilità che incombono su di noi, la palpabile tensione in cui viviamo, non mi sento di utilizzare un aggettivo diverso per descrivere il clima in cui si e svolto il nostro incontro. Anche e soprattutto grazie a te.
Dobbiamo alla Tua rettitudine, alla Tua professionalità, alla Tua intensissima motivazione di «Uomo di valore» e «di valori», se posso proseguire questo scritto con una proposta che mi auguro ci consenta di proteggere il più prestigioso teatro Lirico del mondo dal disastroso baratro di un conflitto distruttivo. Rispetto la Tua dignità di uomo che non accetta di cedere ai soprusi ma mi rivolgo all’uomo delle istituzioni che sei, come lo e stato Tuo padre perché e solo questo Carlo Fontana che può sopportare un sacrificio personale cosi penoso, e rispondermi positivamente… per la Scala, e per quello che rappresenta per l’Italia e il mondo.
Vorrei dirTi altro, ma mi costringo ad essere conciso e prosaico per
necessita, non per scelta.
Ecco la soluzione:
1) Dimissioni volontarie del Sovrintendente entro settembre 2003
con decorrenza immediata.
2) Contestuale nomina a Consigliere della Fondazione Scala, qua-
le rappresentante di uno degli Enti Fondatori, previe dimissioni di
uno dei consiglieri.
3) Nomina a Vicepresidente della Fondazione Scala e deleghe gestionali
significative, anche se non equipollenti alle attuali (previste dallo
Statuto) e da concordare anche su Tua proposta. Certamente tutte
quelle inerenti agli aspetti organizzativi, finanziari, amministrativi
etc etc, ed escludendo la Direzione Artistica e Musicale alle dirette
dipendenze del Sovrintendente.
4) Immutato trattamento economico fino al termine dell’attuale mandato
da Sovrintendente.
Attendo la Tua generosa risposta
Con stima e cordialità.
Gabriele Albertini
Ottobre 2003.
Il Cda della Scala nomina Mauro Meli direttore artistico/direttore della divisione Teatro alla Scala. Un compromesso, che accetto per un unico motivo: arrivare con successo al traguardo della riapertura del Piermarini da sovrintendente. Al Lirico di Cagliari Mauro Meli percepisce 200mila euro di stipendio. Io, alla Scala, 180mila. Mi offrono di alzare il mio stipendio a 200mila, ma naturalmente rifiuto: avrei accettato la loro proposta se fosse stata legata al merito, certo non per giustificare lo stipendio di un altro.
Albertini commenta: «La classe non è acqua».
Un pomeriggio di novembre 2003.
Nel suo ufficio di via Fatebenefratelli, partecipo a una riunione con Bruno Ermolli e con l’avvocato Paolo Sciume, rappresentante della Regione Lombardia nel Cda, indicato dal presidente Roberto Formigoni, con il quale condivide l’appartenenza a Comunione e liberazione. Seduto di fronte a me, l’avvocato fa il gesto «uno» con il pollice.
Chiedo cosa significa.
«E sufficiente un milione di euro per le tue dimissioni?»
«Ho un mandato, ma se volete cacciarmi motivate la vostra scelta.»
Non se ne fa niente.
Il 4 dicembre 2003 viene pubblicata una mia intervista con il settimanale
Famiglia Cristiana, che chiude con due domande, alle quali
rispondo con cortesia.
È vero che il maestro Muti ha una certa difficoltà a ospitare alla Scala
direttori d’orchestra della sua stessa levatura?
Su questo non le risponderò certamente mai.
C’è un motivo per cui, da quando è stato nominato direttore dell’Orchestra
Verdi, Riccardo Chailly non ha più messo piede alla Scala?
Anche a questa domanda preferisco non rispondere.
Nel pomeriggio stesso ricevo, brevi manu, una lettera.
Milano, 4 dicembre 2003
Alla cortese attenzione
del dottor Carlo Fontana
Sovrintendente Teatro alla Scala
Gentile Sovrintendente,
dopo aver letto in Famiglia Cristiana (odierna rassegna stampa) le
tue risposte a proposito delle difficolta da parte della Scala e da parte
mia a ospitare i grandi direttori, ti prego di stare alla larga dalla mia
presenza.
Riccardo Muti
In teatro l’aria è irrespirabile….
Mantengo, a fatica, il mio stile, cerco di conservare intatta la mia integrità. Non è facile, ma il pensiero della ristrutturazione del Piermarini prevale. In una complicata coabitazione, vivo una progressiva delegittimazione del mio ruolo.
A partire da gennaio, mi offrono denaro, qualsiasi lavoro per Fininvest o di sistemarmi in un altro posto. Ermolli suggerisce che, avendo io un ottimo rapporto con Gian Arturo Ferrari, direttore della divisione libri del Gruppo Mondadori, potrei lavorare in casa
editrice. Rispondo che con Gian Arturo Ferrari vado molto d’accordo, ma che quello non e il mio mestiere.
«Se vuoi te lo mettiamo per iscritto» insistono.
L’11 agosto 2004 vado a Ravenna su invito di Cristina Muti, preoccupata
per la situazione. Un’ora di colloquio con il maestro. Decidiamo
di comune accordo che le nostre strade si divideranno, ma prendiamo
l’impegno di accantonare qualsiasi possibile conflittualità per arrivare
insieme al traguardo: la riapertura della Scala.
Il giorno dopo l’inaugurazione del 7 dicembre 2004, un’intervista con Natalia Aspesi sulle pagine di Repubblica è la goccia che fa traboccare il vaso. Trovano come pretesto il fatto che lamento il tentativo di non avere riconosciuto il mio ruolo nell’operazione di
restauro. Muti mi vuole fuori subito, ma a Ermolli e Albertini rispondo:
«Voi mi revocate e vi assumete la responsabilità di mandarmi
via».
2 aprile 2005.
Riccardo Muti si dimette.
A poca distanza di tempo Mauro Meli e costretto alle dimissioni.Gabriele Albertini riprenderà l’argomento Scala quindici mesi dopo, il 22 maggio 2006, in un’intervista a Sabrina Cottone per il
Giornale.
C’è qualcosa che non rifarebbe?
Si, e riguarda proprio la Scala. Non acconsentirei a fare ciò che il consiglio
di amministrazione mi ha fatto fare. Io avevo chiesto di astenermi nel licenziamento del Sovrintendente, Carlo Fontana, poi ho deciso di votare per un atto di lealtà e cosi facendo ho avallato un
errore.
E sul Corriere della Sera
“Il custode del verbo di Muti, al Corriere della Sera, portava il nome di Paolo
Isotta: e non c’è niente da aggiungere. Le signore al seguito del maestro, da un paio di colleghi di via Solferino, a tutt’oggi vengono simpaticamente chiamate «Le vestali», e in redazione, una volta, circolò un prestampato che recitava più o meno così: «Nella suggestiva cornice del teatro (spazio bianco) ennesimo trionfo del maestro Muti.
fedele confalonieri premio guido carli 2023
Applausi e battimani si sono succeduti per (spazio bianco) minuti. Il Maestro ha eseguito (ricopiare il programma) alla presenza di (contattare l’ufficio stampa)». Uno scherzo, per quanto al Corriere non c’è parola sulla Scala che non sia filtrata dal condirettore Paolo
Ermini e dal culturale Armando Torno. Il competente Francesco
Maria Colombo, sempre del Corriere, sgradito a Muti, si è infine congedato
ed è passato alla direzione d’orchestra. E che dire del presente?
Il dossier curato dal noto magistrato milanese Renato Caccamo ai danni del neo-attendente Mauro Meli (carte che certificano la sua
indubbia disinvoltura nel pagare gli artisti) ha trovato spazio solo
sull’Espresso”.