MA CHE VI HA FATTO TOPOLINO? – ZINGARETTI, CALENDA E CACCIARI USANO IL FUMETTO COME ESEMPIO DI LETTURA PER PERSONE POCO INTELLIGENTI E COLTE E VENGONO TRIVELLATI SUI SOCIAL – LA BATTAGLIA PER DARE DIGNITÀ AL POP E DI CONTRO IL MOTO PROGRESSIVO CHE PORTA L’ACCADEMIA A VOLER ESSERE LUOGO DELL’ENTERTAINMENT DISSIMULATO – PARENTE: “DOVREBBERO RICOMINCIARE A STUDIARE, MA TOPOLINO È GIÀ TROPPO DIFFICILE, CONSIGLIEREI AL MASSIMO PEPPA PIG, DOVE IN OGNI CASO SI USANO I CONGIUNTIVI MEGLIO DI QUANTO FACCIA DI MAIO”

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1 – «TOPOLINO», GLI INTELLETTUALI E LA BATTAGLIA PER LA PARI OPPORTUNITÀ DELLA CULTURA POP

Lorenzo Tomasin per www.ilsole24ore.com

 

I fatti. Qualche giorno fa, nel giro di poche ore, per una pura coincidenza, vari politici e intellettuali di sinistra citano scherzosamente e en passant il giornale Topolino o i suoi personaggi. Il neo-segretario del Pd Zingaretti opina che «La flat tax è una teoria da Paperon de Paperoni»; Cacciari sbotta: «Se la gente avesse letto più libri oltre a Topolino…»; Calenda si chiede se tra i molti libri di cui parla un avversario politico riferendosi a una preparazione solida sia incluso anche Topolino.

 

zingaretti suda all'assemblea pd 4 zingaretti suda all'assemblea pd 4

Apriti cielo. I redattori della rivista insorgono e deplorano il fatto che il loro giornale, su cui son cresciute generazioni d'italiani, venga sistematicamente vilipeso dai politici. Una paginata del Foglio propone un ritratto in piedi – peraltro ben scritto – di questo monumento letterario che è Topolino, oggetto di studi filosofici nientepopodimeno che di Giulio Giorello. Intellettuali televisivi e starlette delle reti sociali fanno a gara nel ricordare che Topolino è un rappresentante tra i migliori della nostra cultura attuale, una scuola di buona lingua (mai un refuso!), una galleria di classici rivisitati (chi non ricorda la Divina Commedia rivissuta da Topolino?).

tito faraci tito faraci

 

Tito Faraci, storico autore italiano di Topolino, inquadra il problema sul Fatto Quotidiano: quella veicolata da Topolino è la «cultura popolare» nei confronti della quale le élites del Paese mostrerebbero una spocchiosa sufficienza, relegandola ai margini di un'Italia «bacchettona, attaccata ad una visione serissima delle cose». Ecco, su questo – forse – c'è da discutere. E siccome non so se Topolino intenda dedicare al problema uno dei suoi approfonditi dossier d'inchiesta, provo a lasciare qui qualche appunto.

 

massimo cacciari (3) massimo cacciari (3)

L'eroica battaglia mirante a dare ai prodotti della cultura pop pari dignità rispetto a quelli della cultura libresca dura ormai da molti decenni, e non credo possa considerarsi allo stadio denunciato da Faraci, la cui immagine dell'Italia assomiglia a quella di un severo Paese calvinista – o comunista – d'altri tempi in cui stento davvero a riconoscerla.

 

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Nel 1977 un rappresentante della cultura libresca, Cesare Cases, immaginava – pensando di fare della fantascienza – un'Italia del 2020 in cui le Facoltà umanistiche sarebbero state ridotte a un'unica Facoltà di Scienze Umane e Sociali con «quattro materie obbligatorie: fumettologia, pubblicità, cosmetica e scienza del petting».

 

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A dire il vero, non siamo troppo lontani da questo brillante risultato, se appunto Topolino e in generale i prodotti della cultura pop rappresentano ormai l'oggetto di innumerevoli pubblicazioni scientifiche, di decine di corsi universitari e insomma di una pletora di prodotti che poi sono quelli che alimentano l'idea, sempre più largamente diffusa, delle facoltà umanistiche come luoghi dell'entertainment dissimulato.

 

Nessuno – nemmeno, credo, fra gli istruiti politici che lo citano scherzosamente – pensa che Topolino sia un vettore di valori negativi o di colpevole incultura. Semplicemente, chiunque sappia andare al di là della vieta contrapposizione tra cultura pop e cultura libresca sa che Topolino – come qualsiasi prodotto della sua filiera – rappresenta una versione legittimamente semplificata e banalizzata dei contenuti più complessi, proprio come la versione topesca della Commedia non è, semplicemente, la Commedia di Dante. Per cui citare Topolino come esempio di superficialità non significa metterlo alla gogna.

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Significa solo ricordare che dietro ogni ragazzino che legge (giustamente) un fumetto dovrebbe esserci un adulto che lo invita a leggere anche un buon libro (o che altro intendeva dire Cacciari, da cui per una volta è davvero difficile dissentire?). È chiaro: una società che cresca solo sulla lettura di Topolino non potrebbe essere considerata matura. Così come l'esaltazione di una cultura pop contemporanea equiparata a quella più complessa, più approfondita o più distante da noi (insomma più difficile) espone a un equivoco culturale, anzi a un rischio.

 

Umberto Eco, grande difensore della cultura pop quando quest'ultima non saliva ancora sulle cattedre universitarie, se ne rese conto solo alla fine della sua vita: a furia di contrapporre il superficiale all'approfondito, il primo prende il posto del secondo. E il secondo si perde definitivamente in mezzo ai like e ad applausi molto pop(ulisti). Che è poi esattamente il punto a cui siamo.

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2 – SE "TOPOLINO" È TROPPO COLTO PER I NOSTRI POLITICI

Massimiliano Parente per “il Giornale”

 

Sono tutti i giorni in televisione a discutere per slogan banali come se fossero usciti dal Grande Fratello, e se la prendono con Topolino. Come se i fumetti fossero una cosa da deficienti, il simbolo dell'ignoranza. Tipo Massimo Cacciari, dall'alto della sua cattedra: «Se la gente avesse letto qualche libro in più oltre a Topolino». Poi Nicola Zingaretti, che parla della flat tax come «una bufala da Paperon de' Paperoni». Poi Carlo Calenda per insinuare che forse Matteo Salvini ha letto solo Topolino. E anche Matteo Salvini, per sentenziare che «i numeri dei giornali hanno l'attendibilità di Topolino».

max vs max mostra di max papeschi e massimiliano parente 1 max vs max mostra di max papeschi e massimiliano parente 1

 

Ma cosa gli ha fatto di male Topolino? Sono stati stuprati da piccoli dalla banda Bassotti? Anzitutto su Topolino si sono formate generazioni e generazioni, e Walt Disney ha creato un immaginario che i suddetti se lo sognano. Non per altro un semiologo come Umberto Eco nel lontano 1964 analizzò il fumetto come una forma d'arte.

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Tanto per dire, già nel 1936 Topolino includeva personaggi come il professor Enigm, ispirato a Albert Einstein, e uno poteva imparare un po' di teoria della relatività. In un racconto del 1949 di Arthur C. Clarck dei venusiani arrivano sulla Terra e trovano pochi resti della civiltà umana, tra cui una scatola di latta della «Walt Disney Production». Se accadesse davvero, degli alieni potrebbero dedurre che siamo stati una specie intelligente, mentre dubito arriverebbero alle stesse conclusioni se trovassero la trascrizione di un dibattito tra i nostri politici.

 

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Inoltre Topolino spopola ancora tra i nostri figli, e anche tra gli adulti, soprattutto quelli con una certa cultura. Come d'altra parte tutto il mondo dei fumetti. Ci sono fumetti di Frank Miller, grande disegnatore e sceneggiatore di Batman, per esempio, molto più complessi dei libri di Massimo Cacciari; Dario Bressanini, un chimico e tra i nostri più brillanti divulgatori scientifici, ha la casa piena di fumetti; e Stan Lee, recentemente scomparso, è acclamato come un genio. La fumetteria è anche il negozio più frequentato dagli scienziati protagonisti di una delle serie tv più intelligenti e erudite degli ultimi anni, The Big Bang Theory. Insomma, chi denigra Topolino, dubito abbia sul comodino l'Ulisse di Joyce o la Recherche di Proust. E dovrebbero proprio loro ricominciare a studiare, ma Topolino è già troppo difficile, consiglierei al massimo Peppa Pig, dove in ogni caso si usano i congiuntivi meglio di quanto faccia Di Maio.

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