Marco Giusti per Dagospia
Con la morte di Galliano Juso, 87 anni, si chiude un’era per il cinema italiano. Un’era gloriosa fatta di produttori che credevano al cinema sotto ogni forma possibile, pronti a qualsiasi invenzione con qualsiasi budget. A reinventarsi costantemente, rischiando in proprio, e a ricominciare ogni volta. Un percorso che va dalla produzione esecutiva di avventurosi erotici anni ’60 come “Gungala la vergine della giungla” di Ruggero Deodato con Kitty Swan o di western come “Il grande silenzio” di Sergio Corbucci alla fortunata serie del Monnezza, ben undici film diretti da Bruno Corbucci e interpretati da Tomas Milian.
Da “Il poliziotto è marcio” di Fernando Di Leo, “Fiorina la vacca” di Vittorio De Sisti, “Piedino il questurino” di Franco Lo Cascio con Franco Franchi, i primissimi film prodotti da Galliano Juso, al film di esordio di Ciprì e Maresco, “Lo zio di Brooklyn”. Un film che doveva produrre con i soldi di Luciano Martino, ma quando Martino si accorse che il film era in bianco e nero e in siciliano stretto uscì dall’impresa, richiese i soldi (vabbé…) a Galliano, che intanto era riuscito miracolosamente a venderlo a De Laurentiis, che non sapeva bene, a sua volta, quel che stava producendo.
Ovviamente. Galliano aveva delle intuizioni geniali, pensiamo solo a “Ku fu dalla Sicilia con furore” e “Ultimo tango a Zagarol”, capolavori stracult di Nando Cicero con Franco Franchi senza Ciccio, al duo di commedie barzellettistiche “I carabbinieri” e “Miracoloni” di Francesco Massaro, al mitico “W la foca” di Nando Cicero con Lory Del Santo e Bombolo distribuito dalla Titanus di Goffredo Lombardo, che si vergognava talmente tanto di averlo nel suo listino da togliere la scritta “Titanus presenta”. Un film che fece perdere un boato di soldi a Galliano.
Spesso metteva in piedi un progetto e lo cedeva a un altro produttore mettendo in atto un processo di rimandi infiniti. Galliano passa dal cinema erotico d’autore di Tinto Brass, “Snack Bar Budapest” a quello di Moana, “Amami” di Bruno Colella, intuendo le potenzialità della porno star. Punta su Giuliana Gamba regista di film erotici, “Profumo” con Florence Guerin. Produce “La signore della notte” di Piero Schivazappa con Serena Grandi. Gioca col trash come nel parodistico “Chicken Park”, esordio folle di Jerry Calà alla regia, e punta sul primo film lesbo italiano militante, “Benzina” di Monica Stambrini con Maya Sansa e Regina Orioli.
Intuisce per primo, è un fatto, le possibilità del cinema diretto dalle donne, dalla Stambrini a Karen Di Porto. Cerca di far funzionare, dopo Moana, anche Rocco Siffredi, star dell’hard internazionale, nel cinema soft, con “Amorestremo” diretto da un’altra ragazza, Maria Martinelli, poi di riportare Tomas Milian in Italia. Lo sappiamo tutti che, produttivamente, è lui che si è inventato i grandi successi di Tomas, anche se poi ha dovuto cedere tutto a Cecchi Gori. Sono gli alti e bassi della vita.
Galliano vive in pieno gli anni e gli eccessi più folli della Roma cinematografara a cavallo tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80. Cade rovinosamente, ma si riprende sempre. Miracolosamente. Mette in piedi film anche molto personali, come “Maschio, femmina, fiore, frutto” diretto da Ruggero Miti, scritto da Lidia Ravera, Enzo Ungari, Gianni Barcelloni, con Anna Oxa che si sdoppia tra un personaggio maschile e uno femminile partendo dal paesello pugliese, che è poi quello dove era nato Galliano nel 1937. E insegue per anni i progetti che ama.
Cerca di fare il sequel di “L’allenatore nel pallone” senza Lino Banfi, prima con Max Giusti poi con Massimo Ceccherini. Lo accompagnai io stesso dai fratelli Martino, che avevano prodotto il primo film. Ma non lo aiuteranno. Per nulla abbattuto, produsse come poteva “Tutti all’attacco” con Massimo Ceccherini. Si ritrova fin troppe volte a dover tagliare budget o rivendere progetti che potrebbero essere vincenti. “Milionari”, scritto da Massimo Gaudioso e diretto da Alessandro Piva nasce prima di “Gomorra”, ma esce dopo, senza un budget adeguato, con metà del copione che era stato scritto.
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Ha un’idea di cinema su tutto. E’ amico di giovani registi come Matteo Garrone e Luca Guadagnino, come di Nuti e Ceccherini. Anche se la nostra industria lo prende un po’ in giro (lo chiamavano “Juso per ferie”), in realtà tutti gli vogliono bene. Anche se ci litigavi, era impossibile non far pace. Tanta era la passione con la quale, malgrado l’età e la mancanza di budget adeguati, portava avanti i progetti. Più giovani di tanti giovani produttori, che lo vedevano ormai come un dinosauro.
Con Massimo Gaudioso avevamo ideato un film su Tanio Boccia, mitico regista di serie Z italiano, quello del celebre scherzo di Sordi a Fellini (“Federì, te devo dare una brutta notizia. Non hai vinto tu l’Oscar. Sai chi l’ha vinto? Tanio Boccia”), e Galliano si prende il progetto e lo propone a qualsiasi attore e qualsiasi regista col titolo “Il grande Boccia”. Come facevi a prendertela? Già sapere che sullo schermo avremmo visto come prima scritta “Galliano Juso presenta Tanio Boccia” ci ripagava dell’incazzatura. Due miti stracult in una pagina sola.
Pazienza se aveva massacrato il progetto, che penso sia l’ultimo o quasi che ha fatto prima di morire. E spero che il film, diretto dalla sua protetta Karen Di Porto (“Maria per Roma”) e interpretato da Ricky Memphis, sia stato completato, anche se sapevo che un anno fa si era interrotto per mancanza di soldi. Come spesso capitava nel suo cinema.
In questi ultimi anni ne aveva prodotti altri, anche riusciti come il divertente “Nel bagno delle donne” di Marco Castoldi con Luca Vecchi. Aveva un progetto in Puglia, “Mangia!” di Anna Piscopo, uno in Sicilia con Franco Maresco, uno a episodi… Poi ti chiamava, aveva un’altra idea, ci prendiamo un caffè… Impossibile fermarlo… Ci mancherà Galliano.