Marco Giusti per Dagospia
Se ne va un mito assoluto del cinema degli Ercole e dei Maciste, ma anche di spaghetti western e del cinema dei luchadores all’italiana, Giovanni Cianfriglia, noto anche come Ken Wood, che con tuta e mascherina diventerà Superargo o Devilman, 89 anni, pescatore di Anzio, gran nuotatore, boxeur dal fisico spettacolare responsabile in realtà di tutte le scene d’azione dei più popolari Steve Reeves e Gordon Scott.
Così legato come stuntman ai due principali protagonisti del peplum che in “Romolo e Remo” dovette combattere praticamente contro se stesso. Se negli spaghetti western è uno dei pochi attori italiani utilizzabili come indiano, nel raro genere di supereroi all’italiana diventa protagonista come Superargo di “Superargo contro Diabolikus” di Nick Nostro, dove se la vede con il Diabolikus di un altro maestro del menamose, Mario Novelli alias Anthony Freeman.
giovanni cianfriglia in superargo contro diabolikus
Come tanti attori e stuntman del tempo poteva passare in tutta tranquillità da ruoli da protagonista come nei due Superargo a tornare a fare il cascatore o la controfigura per i bistecconi americani che non si sapevano muovere. Nato a Anzio nel 1935, a sedici anni fa il suo esordio in “Elena di Troia” di Robert Wise, il film dove nascono tutti gli stuntmen italiani, e dove il mitico Er Faciolo gareggiò con un più celebre stuntman americano. E si sfracellò a terra, come ricordava Sergio Leone.
Finito il militare, passato ai medio massimi nella boxe, diventa controfigura di Steve Reeves nel suo secondo Ercole, cioè “Ercole e la regina di Lidia” di Pietro Francisci. “Ho fatto delle giornatelle”, raccontava. “Poi lui mi ha chiesto di fare la sua controfigura e ho accettato”. Lo si vede bene che è lui e non Steve Reeves nel confronto con Primo Carnera. “All’epoca avevo un fisicaccio”, racconta nel libro sui cascatori italiani di Fabio Melelli, “Ho fatto Gordon Scott, Reg Park, Mark Forrest. Ma Steve era gelosissimo”.
Al punto che voleva che per gli altri attori dovesse essere più goffo, temendo confronti. Gelosia che non lo ferma da un atteggiamento coatto e padronale. Visto che nelle cronache del tempo si legge di un grande cocktail per la stampa sul set con Steve Reeves e le sue attrici vestiti con le tuniche di scena durante la lavorazione di “La battaglia di Maratona” dove Reeves rifiutò di posare con la sua controfigura, “Giovanni Cianfriglia, 24 anni di Anzio”.
Con Steve Reeves gira anche “Morgan il pirata” e “Il figlio di Spartacus” di Sergio Corbucci, dove affronta trentasei stuntmen tutti insieme. “Iniziavo con un salto da sei metri, con una maschera, una spada, sgabelli, mazze, frutta (perché c’era una festa), L’ho fatta benissimo, una sola volta, perfetto. E’ stata dura affrontare trentasei stuntmen uno dietro l’altro, durava tre minuti quella scena, non finiva mai…”. Ma Cianfriglia fa un po’ di tutto.
E’ bravo nel duello alla spada, per i cazzotti, venendo dalla boxe, non c’erano problemi, a andare a cavallo glielo avevo insegnato Neno Zamperla. Con Pietro Torrisi, i Dell’Acqua, suo fratello Domenico, Mario Novelli formano una famiglia di stuntmen italiani imbattibili, che si fanno le ossa col peplum ma possono fare di tutto. A cominciare dagli western. E di spaghetti western Cianfriglia ne girerà davvero tanti. Diventerà una presenza fissa in quelli di Enzo G. Castellari, da “Ammazzali tutti e torna sola” a “Keoma”, in quelli di Gianfranco Parolini, i Sabata, Indio Black, ma anche nei piccoli western di Roberto Mauri e di Sergio Garrone. Per Sergio Corbucci diventa addirittura un apache in “Johnny Oro” dove si lancia come protagonista Mark Damon.
Ma il film non funziona come dovrebbe. Lo stesso Corbucci era critico sul film: “Era il mio secondo western. Così così. È una delle poche volte che ho fatto gli indiani. Secondo me si poteva fare tutto tranne gli indiani, perché mi sembrava una contaminazione eccessiva il fatto di vedere degli italiani fare i pellerossa... Quando in Johnny Oro ho fatto gli indiani, ho fatto gli Apaches, perché gli Apaches erano indiani senza penne. C’era un mio amico [Giovanni Cianfriglia] che faceva lo stuntman che aveva una bella faccia, stava benissimo a cavallo, sembrava un indiano e con la fascia poteva passare. Però quando sentivo questo Apache che parlava con l’accento di Anzio mi prendeva chissà perché un senso di vergogna”.
Ma anche in “I cinque della vendetta” di Aldo Florio lo troviamo come indiano. Cianfriglia aveva un gran fisico ma un volto indurito, poco espressivo, e un po’ tutti i registi di western cercarono di dargli una chance in ruoli di duro, di cattivo. In “All’ultimo sangue” di Paolo Moffa interpreta il capo dei ribaldi, Billy The Gun, che ha al suo comando una massa di brutte facce da spaghetti western, come Silvano Zuddas, il Charles Bronson sardo. Sergio Garrone, che lo diresse in “Se vuoi vivere, spara”, si vantava di aver saputo far recitare anche delle “pietre” come Giovanni Cianfriglia. “Io ho la presunzione di aver fatto recitare anche le pietre. Certo, se al posto di Cianfriglia avessi avuto un attore americano...”.
Se non ha grandi chances negli eurospy, era poco adatto a fare lo 007 all’italiana, anche se lo troviamo in £”Agente 7S5 missione disperata” di roberto Bianchi Montero, diventa protagonista in film che stanno tra i supereroi e i film di luchadores messicani. Gira così “Devilman Story” di Paolo Bianchini come il forzuto Devilman, poi i due Superargo, cioè “Superargo contro Diabolikus” di Nick Nostro e “Superargo – L’invincibile superman” di Paolo Bianchini. “Era il momento che andavano questi film di uomini mascherati”, ricordava Nick Nostro.
“Inventai questa storia di un uomo mascherato, che era interpretato da uno dei miei Dieci Gladiatori, che nasceva pescatore e aveva poi aperto un ristorante ad Anzio dove ci portava a mangiare. Gli abbiamo messo questa maschera addosso e ha fatto tutto il film mascherato. Si vedevano solo gli occhi. Al punto che mi disse: ‘Professore, ma se un giorno viene mio fratello al posto, non è la stessa cosa?’ Gli dissi: ‘Fai un po’ come ti pare’. Per il sequel, il produttore e ideatore della serie, Ottavio Poggi, che aveva sotto contratto il protagonista, cambia regista, e Paolo Bianchini prende il posto di Nick Nostro.
Nel film Superargo, sempre interpretato da Ken Wood, cioè Giovanni Cianfriglia, ha lasciato il wrestling, e si è dato a pratiche meditative, aiutato in questo da un nerboruto indiano, tal Kamir, cioè il grande Aldo Sambrell. Viene chiamato in servizio come agente segreto quando iniziano a scomparire i più grandi lottatori di wrestling. Sono finiti nelle grinfie di un professore pazzo, Guy Madison, che li usa come “giganti senza faccia”, un esercito di zombie per conquistare il mondo. Superargo si scatena e mette le cose a posto. Molto affascinante.
Rispetto al film precedente Superargo cambia la mascherina nera ma rimane con l’abito rosso. Difficile dire, di fronte alla quantità dei film dove lo troviamo, da “Elena di Troia”, dagli Ercole e Maciste a “Gangs di new York” di Martin Scorsese a “Zoolander”, quanti ruoli abbia davvero interpretato e quante cascate, scene di botte abbia girato. Credo che siamo tra i 200 e i 300. La sua, come quella dei fratelli Dell’Acqua, di Mario Novelli, degli Zamperla, è una presenza costante nel nostro cinema di genere.
Lo potete trovare in “Palla di neve” come in “Angeli e demoni”. Simpatico, alla mano, con un fisico che ricordo ancora perfetto quando lo iniziai per una delle prime puntate di Stracult, Giovanni Cianfriglia ha attraversato tutto il cinema italiano dal dopoguerra a oggi.
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