1- DOVE SONO I SOLDI PER L'OSPEDALE DI FIRENZE, ROBERTO?
Riceviamo e pubblichiamo
Su Facebook, il gruppo COMUNISTI, DOVE? DOVE?
https://www.facebook.com/pages/COMUNISTI-DOVE-DOVE/211529678868384 lancia questa domanda a Benigni, che da Fiorello si è sperticato in un mega sermone sul fatto che "bisogna dare l'esempio", soprattutto in tempo di crisi. Davvero ha incassato 400mila euro per due vecchie battute su Berlusconi, una moralina, e una canzone vecchia di trent'anni sulla merda? Che esempio sarebbe?
"Benigni per la sua "magra" esibizione ha preso la modica cifra (parliamo sempre di soldi dalla tv pubblica) 400.000 euro. Perché il compagno non ripartisce i soldi alla classe operaia (che lui tanto ha a cuore), e che attualmente è la vera vittima della forte crisi economica da lui giustamente citata? Almeno farebbe un bel gesto nei riguardi di quelle persone che credono nella sua onestà intellettuale (e non), e nella sua bontà di cuore! A proposito...Roberto, l'ospedale di Firenze ancora sta aspettando la donazione dei soldi presi dall' ultimo SanRemo. Ma scommetto che hai avuto da fare...appena avrai tempo la farai. Vero Roberto?? Tu sei onesto non sei come SILVIO!"
BENIGNI E FIORELLO
2- BENIGNI: LO SHARE NON È TUTTO - UNA STANCA PERFORMANCE PAGATA, SECONDO RUMORS, 400 MILA EURO.
Bruno Giurato per "Lettera 43"
La vecchia cara coprolalia tira sempre. Il picco di ascolti di #Ilpiùgrandespettacolodopoilweekend è stato l'Inno del corpo sciolto di Roberto Benigni.
Alle 23,10, quando il Nostro ha iniziato a intonare la canzoncina, gli spettatori hanno raggiunto quota 16 milioni e 60 mila. Alla fine del cameo si è avuto il picco di share: 61,55%.
Un risultato impressionante: il celebratissimo Adriano Celentano con Rockpolitik nel 2005 arrivò al 49%, sempre durante l'ospitata di Benigni. Sono numeri che dicono molto, se non altro giustificano gli introiti pubblicitari per un cachet del Roberto nazionale che, secondo i bene informati, si aggira sui 400 mila euro. Più di Fiorello, che ne ha incassati 300 mila a puntata.
BENIGNI E FIORELLOI BUGS DEL CAMPIONE DI ASCOLTI
La coprolalia tira sempre, quindi. O è Benigni che, sarà l'aura da Oscar, sarà l'effetto epocale della caduta di Berlusconi, miete successi a prescindere.
Sì perché secondo molti quella del 5 dicembre 2011 non è stata un'apparizione memorabile. Aldo Grasso sul Corriere della sera ha scritto di un Benigni «spento». I critici televisivi, chi più chi meno, hanno sottolineato la dipendenza di Benigni da Berlusconi: e in effetti la Fiaba del Cavaliere è stato il momento più allegro della performance.
IL CORPO SCIOLTO IN TONALITÀ GALLINACEA.
Certo, il fatto che il comico toscano avesse tolto il gesso solo da due giorni gli ha impedito di esprimere la solita fisicità, di saltellare e perfino di soppesare i contrafforti di Fiorello, così come a suo tempo aveva fatto con Pippo Baudo.
E non è l'unico calo. Il sullodato Inno del corpo sciolto è stata magari una canzone rivoluzionaria, all'epoca, e in più discende dalla tradizione della parolaccia toscana, che dal Burchiello all'Aretino (per non parlare di Dante) ha nobili ascendenze. Certo che vedere i due big della televisione italiana sdoganare la frase «viva la merda che ricopre tutto il mondo» su Raiuno sa un po' di giochino per bambini in casa di nonna Rai. Tra l'altro in una tonalità troppo alta (Re maggiore) che dava alla voce di Roberto inflessioni gallinacee.
BENIGNI A SANREMOIL SERMONE DI FINE SHOW
Che dire poi della predica finale del premio Oscar risultata un minestrone di luoghi comuni. Benigni ha aperto dicendo: «io sono quello che sa meno del mondo», dopodiché, tanto per correggere la professione di umiltà, è passato a citare l'Ecclesiaste: «due valgono più di uno».
COME PREDICARE CRITICANDO LE PREDICHE.
Ha alleviato l'eventuale scoramento collettivo per la triste situazione economica citando Sandro Pertini, volontario nella prima guerra mondiale nonostante la fede pacifista, e riportando una sua frase che suona piena di autoironia involontaria: «I giovani non sentono i discorsi, non sentono i sermoni». Come se non stessimo ascoltando un sermone. E ha chiuso citando il geniale fumettista Andrea Pazienza: «Non bisogna mai tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa». Solo che la frase non era di Pazienza, che l'aveva solo riportata in un fumetto. Pare fosse di Che Guevara. Insomma, meno male che c'era l'Inno del corpo sciolto. Chi non ha apprezzato è stato solo un "rosicone". O meglio, uno: «stitico geloso».