Daniela Uva per “il Giornale”
Nell' epoca dei social network e dell' iper connessione, una recensione pubblicata su internet può cambiare la reputazione di una struttura turistica. Può spingere migliaia di utenti a visitarla, ma anche allontanarli per sempre. Ecco perché i portali che si basano sui feedback dei clienti devono necessariamente garantirne l' autenticità. Ma come si fa a controllare che ogni giudizio sia frutto di un' esperienza reale? A quanto pare è impossibile.
Per questo Tripadvisor uno dei più importanti siti del mondo specializzati nella prenotazione online delle vacanze adesso dovrà pagare 100mila euro.
A tanto ammonta la multa comminata, in Italia, dal Consiglio di Stato. Si chiude così una lunga vicenda, cominciata nel 2014.
Cinque anni fa il portale era stato giudicato «colpevole» dall' Antitrust, e per questo condannato a versare 500mila euro. L' Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva, infatti, ravvisato una pratica commerciale scorretta che consisteva nella «diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni, pubblicate sulla banca dati telematica degli operatori, adottando strumenti e procedure di controllo inadeguati a contrastare il fenomeno delle false recensioni».
Pochi mesi più tardi, precisamente nel 2015, la multa era stata annullata dal Tar.
Secondo i giudici amministrativi di primo grado, la società «non ha mai asserito che tutte le recensioni sono vere, richiamando anzi l' impossibilità di controllo capillare e invitando a considerare le tendenze delle recensioni e non i singoli apporti».
Adesso è arrivata la parola definitiva: ad aver ragione è l' Antitrust. Il Consiglio di Stato ha, infatti, ribadito che i claim pubblicati sul portale sono in grado di «influenzare i consumatori sin dal primo contatto, ingenerando il falso convincimento dell' affidabilità delle recensioni pubblicate». Insomma, chi si rivolge a Tripadvisor per decidere dove dormire o dove mangiare si fida ciecamente di ciò che legge. E quindi non può non essere condizionato dai giudizi pubblicati dagli altri utenti.
I giudici hanno, in particolare, contestato alcune frasi riportate sul sito. Per esempio: «Non importa se preferisci le catene alberghiere o gli hotel di nicchia: su Tripadvisor puoi trovare tante recensioni vere e autentiche, di cui ti puoi fidare. Milioni di viaggiatori hanno pubblicato online le proprie opinioni più sincere su hotel, bed & breakfast, pensioni e molto altro».
Oppure, «vuoi organizzare un viaggio? Passa prima su Tripadvisor. I viaggiatori della community hanno scritto milioni di recensioni sulle loro vacanze migliori e peggiori che ti aiuteranno a decidere cosa fare». E infine, «Tripadvisor offre consigli di viaggio affidabili, pubblicati da veri viaggiatori». Si tratterebbe, secondo il Consiglio di Stato, di una sorta di pubblicità ingannevole perché la società non è in grado di garantire la correttezza dei feedback pubblicati dagli utenti, e quindi non può vantare «recensioni vere e autentiche» delle quali le persone si possano realmente fidare.
Da parte sua, il portale ha sottolineato come questa sentenza confermi «che non ci sono prove che Tripadvisor abbia ingannato i consumatori», visto che non chiede «di cambiare alcunché sul sito», domandando invece alla società di «restituire l' 80 per cento della multa che aveva ingiustamente imposto nel 2014». Per Federalberghi, invece, si conferma «la necessità di bonificare un sistema inquinato dalle fake reviews».