UN’EMOZIONE LUNGA UN CONCERTO - ACCOMPAGNATA DA UN ENSEMBLE DI ARCHI, BJORK HA APPARECCHIATO ALL’AUDITORIUM DI ROMA UN CONCERTO MERAVIGLIOSO – LA FINE DELLA SUA STORIA CON L’ARTISTA MATTHEW BARNEY HA FATTO BENE ALLA CREATIVITÀ DEL FOLLETTO ISLANDESE…
bjork cigno che depove uovo sul red carpet
Gianni Santoro per “la Repubblica”
Del folletto islandese che saltellava su brani tra il pop e la techno non è rimasto molto. Dalla crisalide è nata una farfalla leggiadra che flirta con la musica colta, con i musei, già celebrata con una retrospettiva al Moma di New York. Ma è ancora il palco l’habitat naturale di Björk: lì le sue visioni prendono forma con suoni, melodie, immagini sullo schermo, fuochi pirotecnici, gli abiti e l’interpretazione con il corpo.
Per l’unica data italiana del tour ieri nella Cavea dell’Auditorium Parco della musica di Roma, sold out nei suoi 3500 posti, l’artista islandese si è presentata di rosso vestita, maschera sugli occhi. Sullo schermo la richiesta di non fare foto e video e di godersi lo spettacolo.
La popstar si è messa da parte per fare spazio all’artista ferita, come ha raccontato nell’ultimo album Vulnicura, dove dettagliava la fine della sua storia d’amore con l’artista Matthew Barney. Un racconto in musica eseguito quasi per intero durante il concerto, dalla splendida evocazione del dolore di Stonemilker fino alla rottura di Mouth Mantra .
Poche concessioni al passato, scelte con estrema attenzione, per integrarle al racconto. Come I see who you are , da Volta. Come to me dal lontano Debut del 1993. Non ci sono i successi come Human Behaviour né tantomeno It’s Oh So Quiet , con fiati trionfali e voglia di Broadway.
Una vita artistica fa. Oggi Björk punta tutto sull’emozione. Quella intima, familiare, dolorosa. Tradotta in musica da un’orchestra da camera, un percussionista e l’elettronica del giovane produttore venezuelano Arca. Tutto per esaltare la vera protagonista: la voce. Björk non è mai stata così cantante. Usa la voce come strumento principe per raccontarsi. La spinge fino alla fine di Mutual core . Quando il dolore ormai è stato cantato, celebrato, elaborato, sublimato.