Stefano Della Casa per “La Stampa”
Quando Franco Battiato si accingeva a girare Musikanten, il suo secondo film come regista, si trovò di fronte a un problema non di poco conto. Sul film, ambientato nella redazione di una rete televisiva, aleggiava la presenza nientemeno di Ludwig van Beethoven, che di fatto era una sorta di transfert psicologico della protagonista Sonia Bergamasco.
Era una presenza complessa sia per il peso specifico del personaggio sia perché Franco Battiato con il grande Ludwig aveva un rapporto contraddittorio («A Beethoven e Sinatra preferisco l'insalata»). Battiato incontrò Alejandro Jodorowski a una fiera letteraria, lo avvicinò mentre andavano a cena e gli disse: «So che lei non accetterà mai, ma sarebbe sicuramente un Beethoven straordinario per il mio film».
Jodorowski al termine della cena si rivolse a Battiato con fare sornione: «Sa cosa le dico? Accetto. Non bisogna mai aver paura di chiedere. Io avevo lo stesso timore quando chiesi a Salvador Dalì di essere l'interprete di un mio film. La prima sorpresa è stata che ha accettato subito. La seconda sorpresa purtroppo è stata che quel film non si è mai fatto».
Questo dialogo avviene nel 2006, e rispetto all'incontro con Salvador Dalì era passato un quarto di secolo. A inizio anni '80, infatti, il regista naturalizzato francese ma cileno di nascita aveva preparato una sua versione molto personale di Dune, il romanzo di Frank Herbert che aveva venduto milioni di copie in tutto il mondo. Il cast era dei migliori.
La colonna sonora sarebbe stata scritta dai Pink Floyd che avrebbero conferito alle visioni un sottofondo musicale psichedelico, gli effetti speciali sarebbero stati supervisionati da Dan O' Bannon (quello di Space Vampires) dopo che il kubrickiano Douglas Trumbull si era dimostrato (parole di Jodorowski) «arrogante e inadatto», le scenografie sarebbero state curate da Moebius, E gli interpreti non erano certo banali: Orson Welles, Mick Jagger, David Carradine e, come già ricordato, Salvador Dalì.
Jodorowski era molto ottimista sul fatto che il film si sarebbe realizzato. Erano gli anni in cui il cinema scopriva la fantascienza e gli effetti speciali, il successo di George Lucas con Guerre stellari aveva aperto un mondo e i produttori cercavano film in cui lo stupore visivo avesse un ruolo importante. Jodorowski, con le lettere d'impegno dei suoi importanti collaboratori e gli storyboards disegnati dall'amico Moebius fece il giro di tutte le majors.
A un certo punto sembrava potesse concludere l'affare con Dino De Laurentiis, che da una decina d'anni si era trasferito a Hollywood e aveva già frequentato il genere prima con King Kong e poi con Flash Gordon. Fu proprio quest' ultimo film a disporlo male verso Jodorowski. Dino aveva infatti pensato per Flash Gordon a Federico Fellini come regista, puntando sulla grande passione che il regista nutriva per quel fumetto.
Come al solito, Fellini aveva un po' tergiversato e poi si era sottratto, e Dino ebbe forti dubbi nel coinvolgere in un progetto così costoso un altro regista «genio e sregolatezza». Come è noto, lo affidò poi a David Lynch del quale aveva molto apprezzato Elephant Man, ma anche con lui il risultato non fu soddisfacente.
Uno straordinario documentario diretto da Frank Pavich e in sala in questi giorni ripercorre la storia di questo sogno non realizzato. La voce narrante è quella di Jodorowski stesso, gli ospiti sono tanti e importanti, le immagini sono fornite dagli straordinari storyboard di Moebius che saranno poi alla base di un notevole fumetto sullo stesso argomento.
È curioso come a volte i film non realizzati diano origine a straordinari fumetti, era già successo per il Mastorna disegnato da Manara sulla base della bellissima sceneggiatura mai realizzata da Fellini. Invece Dune ha visto la luce: negli Anni '80 da Lynch, adesso da Denis Villeneuve.
Speriamo non chiedano a Jodorowski a vedere anche quest' ultima versione, perché quella di Lynch non gli era piaciuta per niente: «Mi obbligarono a vederla, io ero nervoso e arrabbiato. Man mano scorrevano le immagini, però, mi rilassavo e mi divertivo, e quando il film finì ero sorridente. Era orribile, io solo avrei potuto farlo bene».
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