Foto di Luca Donnini tratte dal libro "No camera allowed. Il Gender Club a Roma"
DAGOREPORT
Un giorno di 25 anni fa i “notturbini” romani fecero il loro ingresso in un nuovo locale chiamato Gender, e con stupore scoprirono di essere perfetti l’uno per l’altro.
Quando, l’anno dopo, gli stessi ideatori del Gender aprirono i battenti del Degrado, l'effetto ''sessualità-libera'' fu devastante: andavano a farsi fottere tutti i muri divisori tra i vari comportamenti sessuali e il settarismo del sollazzo cosiddetto trasgressivo, sia etero che gay-lesbo-trans-vattelapesca. Il titolo di quelle serate poteva essere una semplice domanda: chi è normale?
E fu come se a Roma, ogni venerdì e sabato, scoppiasse il Carnevale di Rio in modalità Sodoma e Gomorra: pubblico in delirio, cazzi in erezione, mani in fibrillazione, tette e chiappe all’aria.
Per 9 anni fu “carne allegra” per tutti perché Gender e Degrado capovolgevano e irridevano la "checcosità" delle discogay inzeppate di stilisti che squittivano al femminile e di attori e personaggini televisivi che facevano le “pazze” di notte.
La Culonia Babilonia del Gender-Degrado sarebbe piaciuta molto a Manuel Puig, il grande romanziere argentino autore de “Il bacio della donna ragno”, che sulla questione gender non aveva dubbi: "L'omosessualità non esiste. E' una proiezione della mente reazionaria".
Così il benemerito sito Gay.it recensì all’epoca il duplex Gender-Degrado: “Non si tratta di serate semplicemente per pubblico misto, come quelle storiche dell’Alibi o del Muccassassina: in questi locali il ballare è veramente l’ultima finalità.
Al Gender lo spazio raccolto ma ben sfruttato ha creato da subito l’atmosfera “giusta”: si possono incontrare i ragazzotti di periferia, l’uomo transgender che va con le donne ma che sotto i pantaloni indossa raffinata lingerie, la coppia che cerca lo scambio, il gay che fa da condimento.
Alla fine, qualsiasi sia il motivo per qui si è venuti, ci si trova in mezzo ad una combinazione sessuale che vede scomparire confini e definizioni: etero che lo fanno tra di loro, gay con trans e tutta una serie di possibilità praticamente infinite. Viste da fuori, anche comiche”
Ecco perché, 25 anni dopo, il fenomeno Degrado si merita davvero una Dago-intervista a colui che oggi si fa chiamare “OMOFORM”, artefice di uno “SBORRIFICIO” notturno che non ha avuto più eguali. Anzi, più gli anni Duemila vanno avanti, e più sembra di rinculare nel Medioevo.
Cominciano dall’inizio…
Il Gender era un locale molto piccolo locato in un quartiere perbene come San Giovanni, con il condominio sopra. C’era un signore che usciva in mutandoni e serrava la porta con le catene. A quel punto intervenivano i vigili del fuoco e vedevi scene di travestiti che scavalcavano il cancello per paura che arrivasse la polizia, perché magari erano impiegati del ministero…
Correva l’anno 1999 quando aprì i battenti il Degrado.
Era in Via Ignazio Danti, a Roma, sulla Casilina, vicino al Pigneto. Ed è subito nato come club ‘’culo’’, non come club ‘’cool’’. Sia chiaro: il Degrado era un bordello. Ed è stato osteggiato in tutto i modi.
Come ti è spuntata l’idea di un ‘’locale-culo’’ e non ‘’cool’’?
Tutto è nato contro l’’’omo-formismo’’, cioè conformismo gay e conformismo eterosessuale. Volevamo creare un posto dove ognuno facesse il cazzo che gli pareva. E infatti il motto era “se vieni, vieni...". E non esisteva nessunissima selezione alla porta. All'epoca anche le discoteche, anche quelle un po’ gay friendly, dovevi presentarti in un certo modo o non ti avrebbero fatto entrare.
Quest ammucchiatona ha comportato anche dei disagi, perché mettevi insieme un pubblico non omogeneo. Il coatto accanto all'avvocato frocio dentro, il pariolino sopra la trans in libera uscita, l’etero fluido vicino all’utero flessibile. Ognuno veniva e si faceva i cazzi suoi, e quelli degli altri. In tutta Europa, e penso anche in tutto il mondo, serate di questo tipo erano relegate a una serata all'interno di contenitori.
Alla porta c'era il buttafuori?
Non c'era il “door selector” per una nostra scelta. Volevamo mischiare le categorie sociali di Roma. Lì sono diventati amici avvocati e meccanici, cioè gente che non si sarebbe mai incontrata. Quando si paga 10 euro per entrare, c’è di tutto.
Chi lo frequentava?
matteo Garrone e pina bausch al gender club di roma
Era aperto solo il fine settimana, venerdì e sabato, è già bastava a creare casino. Era una cosa assurda. Venivano da tutta Italia. Matteo Garrone e Mario Martone ci sono venuti, però poi non so che cosa facessero. Mario Martone era talmente entusiasta che ci ha girato la prima scena del film “L'odore del sangue” con Michele Placido. Lina Sastri veniva calzando un paio di pantofole, insieme a Roberto Lucifero e si divertivano da matti.
Scortata da Garrone, una notte è apparsa Pina Bausch che stava facendo lo spettacolo “Palermo Palermo” al Teatro Argentina e voleva vedere la vera Capitale. A un certo punto accendiamo le luci e una travestita urla: “Aoh! spegnete le luci!”, e io dico: “Ma che sei matto, c'è Pina Bausch...”. E lei: “Ma io stavo a fa’ un bocchino…nun me ne frega ‘n cazzo de sta' Pina!”.
Io spiegai alla Bausch cosa fosse il concetto di transgender, e lei era molto, molto interessata, addirittura nel programma del Teatro Argentina c'è un'intera pagina dedicata a questa visita.
Politici?
Gente che è diventata ministro? Si.
Nomi?
Eh no, dai. Ci venivano. I nomi se li dici i rischi pure tu rischi, perché era un locale privato.
Le orge?
Era una cosa frequente. Poi non c'erano i cellulari, per cui la gente entrava e stava ore e ore. Mo’ se entrano non si godono manco la serata… Le app sul telefono hanno distrutto la vita romana.
Aveva un decoro totalmente dark?
Underground, c’erano dei bidoni del petrolio per sedersi, tutto scomodo. Oppure potevi trovare una “chaise longue” ottocentesca, tutta lercia. Era un vero degrado...
C’erano, ben affollate, le dark-room…
C’era una parte buia ma la gente si spogliava tranquillamente in mezzo a tutti, si faceva sesso senza remore. Anche quelli che venivano da Londra, da New York dicevano: “Ah, ma non abbiamo mai visto un posto del genere”. Al Muccassassina non si faceva sesso perché era un locale pubblico, o come lo chiamo io un ‘’locale pudico’’. Perché in Italia non si può aprire, come in Spagna e in Francia, un club di sessualità libera.
C’era la tessera?
Era affiliato all’Arcigay, la tessera costava altri 10 euro ma valeva un anno, che io però contestavo perché noi non eravamo un locale gay, ma non c'era via di mezzo. Io ho anche provato con l'Avvocatura dello Stato a oppormi.
Rispetto ai locali scambisti era un’altra storia?
Era alla luce del sole, i locali scambisti mettevano sui giornali dei numeri di telefono dove dovevi chiamare, ti facevano una selezione tremenda, non ti dicevano l'indirizzo. Il Degrado è stato il primo locale in cui c'era l'indirizzo. Anche quella è stata una rivoluzione. Al Degrado per entrare si pagava 10 €, è stato il discount della sessualità, era il Todis del cazzo.
E’ stato subito un successo?
Sempre, tant'è che a un certo “Er Pecora” (Teodoro Buontempo, missino) organizzò addirittura una fiaccolata contro il Degrado. Come una processione per il Santuario del Divino Amore. E ci provarono in tutti i modi di farci chiudere. Fecero tre buchi enormi nelle pareti e nessuno dei vicini se ne accorse. Rubarono tutto quello che c'era dentro per ben tre volte.
Era locato dentro un palazzo?
Era un ex officina. 300 mq. Vicino c'era una villa che un immobiliarista, sfruttando il Degrado la prese a quattro soldi. Quando finì di ristrutturarla iniziarono i problemi perché la voleva rivendere al doppio, ma non voleva che ci fosse il Degrado. Lui aveva un parente-geometra al Comune e a quel punto il club fu chiuso. Era il 2007.
Se un poliziotto entrava e vedeva un pompino?
Beh, le forze dell'ordine erano i maggiori frequentatori del Degrado. Erano soci e si divertivano... E quando ci fu il processo, una delle ragioni che abbiamo opposto è che era frequentato da quasi il 50% da poliziotti. Erano tutti conniventi con noi
Che tipo di musica veniva proposta?
La musica era un totale casino. Andavamo dai Deep Purple a Raffaella Carrà, senza senso. Le canzoni venivano interrotte a metà e partiva un'altra cosa. Tutto quello che faceva parte di quel locale doveva scardinare i generi. La gente amava quel posto perché era una gabbia di matti. E soprattutto si sentivano libere.
La storia che più ti ha sconvolto?
Ogni tanto capitava che, per gelosia degli uomini, litigavano le trans brasiliane con le trans colombiane. A quel punto ridiventavano maschi e, per virilità, si levavano parrucca e tacchi a spillo. Sulla pista andava in scena una specie di sfida tra lottatori di sumo. Infine facevano pace.
E poi c’era lo spettacolo della donna che si sparava le candele nel culo…
Quella era Gloria, un’artista che amava fare cose con la cera. L’abbiamo salvata dalla strada: era una prostituta.
Come era l’impatto dei “normali” che di notte venivano a ficcare naso e cazzo al Degrado?
Erano persone che scoprivano le tante sfaccettature del piacere. Venivano con pregiudizio, poi scoprivano che anche loro, all'interno di loro stessi, avevano identità diverse.
Sono venute persone che sono entrate da uomini etero e sono diventate donne con i genitali femminili e hanno continuato ad andare con le donne. Per i fluidi di adesso è facile, vai su Youtube, vedi altri fluidi del mondo e ti fai un'idea. 25 anni fa non c’era niente. La parola “transgender” era osteggiata dalle organizzazioni ufficiali gay. C'era un mondo omo-ortodosso. La fluidità è nata dopo, almeno 7/8 anni dopo il Degrado.
Quale fu la miccia?
A quel furbone di Bertinotti arrivò all'orecchio ‘sta cosa dei transgender. Questa è la rivoluzione:delle classi sessuali: perché le classi sessuali sono anche classi economiche. Quindi se il transgenderismo andava al di là dei generi, era marxismo. Bertinotti lo intuisce e nel 2006 candida con successo Vladimir Luxuria in Parlamento.
Solo che Vladimir, a quel punto inizia a dire che transgender è sinonimo di transessuale. In una famosa intervista, una delle prime a Bruno Vespa, lei dice: “Non vogliamo essere chiamate transessuali perché c'è la parola sessuale”. Ma non è così, perché transgender significa oltre i generi. Il transgenderismo spera che un giorno non ci sia neanche sul documento la scritta maschio o femmina, perché è ininfluente.
Nel 2007 un blitz di 40 carabinieri sigillò le porte del Degrado. Gli uomini dell’Arma inclusero nel fascicolo foto scattate allo schermo del televisore del locale che trasmetteva un film hard e dichiararono che tra le mura del Degrado c’erano due camerini in cui si faceva sesso e che dentro il locale si incontravano trans vestite con i soli slip. L’accusa, considerate queste come prove, era di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, ma le accuse sono state smentite da tutti i testimoni ascoltati in questi anni.
La cosa più infame di cui mi potevano accusare era sfruttamento della prostituzione: Ma poi: sfruttamento per cosa? Non che nel club non si facesse del sesso, ma di sicuro non a pagamento e senza lo sfruttamento di alcuno. C'era una schiera di persone avvelenate di cazzo che facevano tutto gratis…
Fu istituito un processo senza che ci fosse il nome della persona sfruttata (come se si facesse un processo per omicidio, ma non si sa chi è il morto). Quando il giudice chiese ai due carabinieri che avevano condotto le indagini se ci fosse prostituzione, la risposta fu: “No, però era un degrado”.
Allora il giudice chiese: “Ma che intende per degrado?. “C'erano i preservativi per terra…”, e la giudice replicò: “Questo non è l'Ufficio di Igiene del Comune di Roma, è un tribunale. Attenzione, la vostra testimonianza può condannare queste persone a 12 anni di reclusione”.
Arrivò una nuova PM che cambiò completamente l'assunto del processo. Prima c’era chi sosteneva che un locale frequentato da transessuali non potesse non essere un locale di prostituzione.
Le testimoni transessuali rispondendo al giudice, affermavano tranquillamente che al Degrado si divertivano anche con i pischelli mentre quando si prostituivano erano obbligate a fare sesso con tutti, vecchi e brutti. Il processo, vinto con assoluzione piena, fu solo una farsa per chiudere il locale.
no camera allowed di luca donnini - il gender club di roma
Oggi che c’è a Roma?
Non c’è un cazzo. I gay sono diventati conformisti e hanno iniziato a drogarsi…
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