Rita Cavallaro per ''Giallo''
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Mario, mi senti? Pronto, mandateci un’ambulanza, siamo in via Pietro Cossa, angolo via Cesi... è grave... è un ragazzo giovane africano... dov’è il coltello?”. Queste sono le urla che una testimone ha sentito risuonare alle 3.16 del 26 luglio scorso in via Pietro Cossa a Roma. La testimone si chiama Angioletta Gramatica ed è originaria di Bellagio, in provincia di Como. Quella notte la donna era ospite in un appartamento che si trova proprio nella via in cui è stato ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Le urla sentite dalla testimone, infatti, sono quelle di Andrea Varriale, il carabiniere che si trovava in servizio con Cerciello al momento dell’omicidio.
Un caso che, come noto, presenta ancora molti punti oscuri soprattutto a causa delle bugie raccontate dai vari protagonisti della vicenda. Ebbene, con il passare del tempo, anziché chiarirsi, la ricostruzione dell’accaduto sembra complicarsi sempre di più. Angioletta Gramatica, purtroppo, non ha visto nulla. Ha solo sentito quelle urla da dietro la finestra rimasta chiusa con la tapparella.
Partendo da lei, però, gli inquirenti sono arrivati a un’altra donna, Luisa Gavotti, proprietaria dell’appartamento in cui era ospite la testimone. Ascoltata dai carabinieri, Luisa Gavotti non ha avuto nulla da riferire. Nulla, a parte un dettaglio su cui ora si sta concentrando la massima attenzione. La donna ha infatti raccontato di aver visto per caso un video su Facebook in cui si notavano delle persone litigare nella zona in cui è avvenuto l’omicidio. Questo video, però, sembra essere totalmente scomparso. Perché? Qualcuno l’ha cancellato? Chi ha registrato quel video?
gabe natale e finn elder appostati in attesa di cerciello
Per l’omicidio di Mario Cerciello Rega, colpito con 11 coltellate, sono stati arrestati i due 19enni statunitensi Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth. I due ragazzi quella sera erano in cerca di cocaina nel quartiere Trastevere. Qui avevano incontrato Sergio Brugiatelli, l’uomo che li aveva accompagnati dallo spacciatore Italo Pompei. Quest’ultimo, però, aveva truffato i due giovani vendendo loro Tachipirina anziché cocaina.
Per questo i giovani avevano rubato lo zaino di Brugiatelli chiedendo 100 euro e una dose di droga vera in cambio della restituzione. Brugiatelli, in un giro di telefonate e messaggi ancora poco chiaro, aveva chiesto l’intervento dei carabinieri. All’appuntamento per la restituzione dello zaino si erano quindi presentati Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale. Di qui l’aggressione mortale e il conseguente arresto dei due americani, avvenuto il giorno successivo.
i due americani fermati per la morte di mario cerciello rega
Prima di essere aggrediti, i due carabinieri, che erano vestiti in borghese e senza pistole, si sarebbero qualificati. Almeno questo è quello che ha raccontato Varriale. Gli americani dicono invece che i due militari non si sono identificati e di aver creduto che fossero due complici dello spacciatore venuti per vendicarsi del furto. Cosa è accaduto realmente? Il video di cui ha parlato Luisa Gavotti, la donna che possiede un appartamento nella zona dell’omicidio, potrebbe chiarire molti dubbi.
foto di vecchi arresti usate nel caso di cerciello rega
I carabinieri del Nucleo Investigativo hanno riportato la testimonianza di Luisa Gavotti nella loro informativa. Si legge nel documento: «Mentre era in auto con suo marito, durante uno dei viaggi effettuati con lui il 29 e il 31 luglio, (Luisa Gavotti) aveva visto che sulla home page di Facebook era stato postato un video non meglio indicato, riprendente, a suo dire, una lite tra persone che si trovavano per strada; tale video era stato girato di notte, in quanto la zona in questione era illuminata dalla luce artificiale;
nel guardarlo, operazione durata pochissimi secondi, le era sembrato che l’area ripresa corrispondesse a quella in cui era avvenuto l’omicidio del vicebrigadiere Cerciello Rega Mario; aveva percepito, nella brevissima visione del video, che chi stava riprendendo la scena era in compagnia di qualcuno con cui stava interloquendo e aveva inoltre sentito voci concitate, con toni molto alti, senza tuttavia distinguere le parole;
foto di vecchi arresti usate nel caso di cerciello rega
a quel punto aveva interrotto la visione, correlando successivamente e in modo autonomo quelle immagini all’aggressione del militare, poiché le era sembrato potesse trattarsi dei medesimi luoghi, pur senza esserne certa e senza fornire elementi specifici in merito; dopo un’ora aveva ricercato su Facebook quel video senza, tuttavia, riuscire a reperirlo e precisava, altresì, che non era stato “postato” da “contatti o amicizie” collegate al suo account, ma era nella home page di quel social network; aveva anche provato, invano, a ricercare il video nella cronologia del suo telefono cellulare».
Per gli inquirenti quel video potrebbe anche non esistere in quanto la donna potrebbe essere stata «condizionata dal fatto che l’episodio sia avvenuto nei pressi della sua abitazione». Se invece quel video esistesse e qualcuno l’avesse fatto sparire, si tratterebbe di un episodio grave su cui sarebbe necessario fare accertamenti. Non si tratterebbe infatti del primo documento misteriosamente scomparso.
Che fine hanno fatto, per esempio, le foto segnaletiche dei due marocchini che, inizialmente, erano ricercati per l’omicidio? In quel caso l’equivoco era stato causato da Varriale, che aveva detto che gli assassini erano nordafricani. Varriale è indagato dalla Procura militare per violata consegna. Il comandante della Stazione Farnese, Sandro Ottaviani, deve invece rispondere di falsa testimonianza per aver mentito sul fatto che il carabiniere gli avesse consegnato la sua pistola.
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