Riceviamo e pubblichiamo da Edoardo Montolli, giornalista di ''Oggi'', che da anni segue il caso di Olindo e Rosa e autore del libro ''Il grande abbaglio - controinchiesta sulla strage di Erba'' con Felice Manti, edito da Aliberti nel 2008
Caro Dago,
leggo la lettera indignata inviata da Selvaggia Lucarelli al tuo sito, nella quale attacca Le Iene. Un anonimo penalista le faceva notare una contestazione alquanto fondata: perché apprezza tanto il podcast “Veleno”, che racconta di un caso in cui tanti giudici hanno condannato degli innocenti e invece i 26 giudici del caso di Erba, trattato dalle Iene, non possono essersi sbagliati in alcun modo? A questa semplice domanda la nota blogger risponde: “Certo che si possono mettere in discussione le sentenze, ma solo di fronte a nuove scoperte, prove o indizi determinanti che non siano già stati discussi e smontati nei processi e senza appiccicare addosso ad innocenti accuse infamanti.”
Smontato cosa?
Ancora una volta Selvaggia Lucarelli dimostra di non conoscere nulla dei fatti e degli atti. Prima che Le Iene mandassero in onda i loro servizi, scrisse addirittura che il testimone Ben Brahim Chemcoum aveva semplicemente visto “il fratello della morta” (così verbalizzarono i carabinieri, senza mettere alcun nome) “qualche giorno prima della strage” e che poi, aggiunse sui social, “ritrattò”. Invece Chemcoum disse di aver visto “il fratello della morta” sia qualche giorno prima della strage, ma soprattutto all’ora della strage. E non ritrattò mai, cosa che la blogger si è inventata di sana pianta.
A suo beneficio, rimando allo speciale pubblicato sulla strage di Erba sul sito del settimanale Oggi fin dal 2011, dove sono pubblicati i documenti originali.
Ma per rispondere alle ultime frasi della Lucarelli, ecco: ciò che ha mandato in onda Le Iene, per la gran parte non è MAI entrato e discusso al processo, figuriamoci se è stato smontato.
Dunque:
1) L’audio del 20 dicembre in cui il comandante dei carabinieri Erba Luciano Gallorini fece nove volte il nome di Olindo Romano al testimone Mario Frigerio, dopo che questi aveva parlato di un uomo olivastro, sconosciuto e più alto di lui di 6-10 cm (Olindo era più basso di Frigerio di 1 cm), non fu MAI fatto sentire in aula. In aula peraltro il comandante negò di avergli fatto il nome del vicino. Al suo posto, in tribunale a Como, venne mandato l’audio del 15 dicembre involontariamente modificato con il programma Cool Edit 2000, cosicché al processo di primo grado tutti in aula sentirono la famosa frase mai pronunciata da Frigerio: “è stato Olindo” (che in realtà era un “stavano uscendo”).
Frase, ripeto, mai pronunciata mentre nello stesso momento il testimone parlava di un aggressore olivastro e invitava a cercarlo tra le persone di etnia araba che frequentavano casa Castagna-Marzouk.
il grande abbaglio di edoardo montolli e felice manti
2) Sin dall’inizio la difesa di Olindo e Rosa chiese di acquisire e trascrivere tutte le intercettazioni svolte, cosa che non avvenne MAI.
3) Le intercettazioni di Frigerio del 22 e del 24 dicembre in cui il testimone non ricordava nulla - nonostante fossero successive al suo incontro con il comandante Gallorini - vennero portate dai difensori all’attenzione della Corte in appello, ma NON entrarono mai a processo poiché respinte dai giudici.
4) Le intercettazioni del 26 dicembre di Frigerio con il suo avvocato Manuel Gabrielli in cui il testimone non ricordava nulla dopo aver già riconosciuto Olindo davanti ai pm; il colloquio del scomparso del testimone coi carabinieri del 25 dicembre e le intercettazioni scomparse del testimone dal 28 dicembre al 3 gennaio non entrarono MAI a processo, dato che le scoprii e le pubblicai su Oggi alla vigilia della Cassazione, che non entra nel merito dei fatti. Le ultime intercettazioni scomparse, che riguardano altri 4 giorni finiti nel nulla, le ho pubblicate sul settimanale di recente, quando abbiamo ripreso in mano il caso.
5) Poi ci sono le contraddizioni del brigadiere Carlo Fadda sul verbale della macchina di Olindo in cui il carabiniere asserisce di aver trovato la macchia di sangue che nessuno ha mai visto (ovvero il fatto che Fadda non sapesse che non era da solo a compiere gli accertamenti, il numero delle foto scattate, che le foto erano state mescolate, l’orario di inizio lavori e perfino la targa dell’auto). Queste non entrarono MAI a processo, in quanto studiai la testimonianza rilasciata dal brigadiere a primo grado chiuso, confrontandola con le immagini digitali a fascicolo. A Le Iene Fadda ha addirittura detto che la foto al buio col luminol non era uscita. Dettaglio, come dire, devastante.
6) Le testimonianze di Carlo e Pietro Castagna non furono mai contestate dal pm nemmeno in aula, per quanto costituissero rispettivamente la seconda e la terza versione diversa data dai due. Versioni che cambiarono ancora, successivamente, nel corso di varie interviste in tv, come documentato dalla trasmissione.
edoardo montolli andrea pinketts
7) L’intercettazione di Pietro Castagna, che a pochi giorni dalla strage, cerca di procurarsi una nuova Sim, in compagnia di una sua collaboratrice, non entrò mai a processo. Ed è stata mandata in onda per la prima volta da Le Iene.
8) Per la morte di Valeria Cherubini, in primo grado, come ho detto, la Corte rifiutò di analizzare la tenda, quest’estate distrutta in maniera illecita, proprio il giorno in cui la Cassazione dava di fatto il via libera all’analisi dei reperti da parte della difesa, anche se respingendo la formula dell’incidente probatorio.
antonino monteleone il caso erba il super testimone
9) La questione delle foto guardate dagli imputati durante le confessioni fu seccamente negata da giornalisti e parti civili a Matrix anche nei successivi gradi di giudizio, quando il direttore di Oggi Umberto Brindani lo fece notare agli ospiti: ed è in tv che sostanzialmente si sono svolti i processi, dato che ho documentato come in primo grado addirittura finì a sentenza una leggenda metropolitana su Olindo e Rosa. (E cioè che nei giorni immediatamente successivi alla strage i due coniugi – scrissero i giudici - non parlavano in alcun modo parlato della strage, al contrario tutti gli altri vicini di casa. Invece Olindo e Rosa non furono sentiti parlare benché intercettati, semplicemente perché le loro intercettazioni dal 12 al 16 dicembre sono scomparse).
antonino monteleone il caso erba il super testimone
Quanto agli atti, i pm non verbalizzarono alla fine degli interrogatori che agli imputati avevano mostrato le foto durante le confessioni del 10 gennaio 2007. Si trova però conferma in un verbale di 6 mesi dopo e nella requisitoria del pm Massimo Astori. Nell'audio mai trascritto della confessione di Olindo che scoprii nel 2010, si capisce come quelle foto NON fossero generiche, ma servissero a descrivere disposizione dei corpi e vestiti. Olindo lo ha confermato nell'intervista de Le Iene. Ecco perché i due conoscevano dettagli che “solo gli assassini potevano conoscere”, come stabilito in sentenza. Perché li avevano visti sulle foto.
10) In primo grado il pm Massimo Astori disse pubblicamente che non era vero che avessero fatto sentire tutte le confessioni del marito alla moglie. Ma un suo verbale sostiene il contrario.
11) Se avessero riaperto il dibattimento in appello, alcune cose si sarebbero potute confutare, almeno per ciò che riguarda le scoperte del 2010. Ma la Corte rifiutò. E la Cassazione chiuse il caso parlando di numerosi dubbi e aporie, ovvero domande senza risposta. Il che è inquietante in uno Stato che ha nel suo ordinamento giudiziario la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
raffaella castagna con il figlio youssef marzouk
12) Il testimone Chemcoum venne dichiarato irreperibile. Invece era in prigione. Nessuno lo ha mai sentito in aula. Nessuno in Procura si preoccupò di sentirlo all’epoca della strage, semplicemente perché nessun pm al momento dei fatti lo sapeva: la sua testimonianza oculare del 25 dicembre 2006 rimase in caserma a Erba fino al 15 gennaio, ovvero dopo che Olindo e Rosa avevano confermato le loro confessioni. Perché resta un mistero, dato che il 25 dicembre non c'era alcun indagato per la strage. In aula il comandante Gallorini disse di aver lavorato sulla testimonianza di Chemcoum: ma agli atti non c'è alcun verbale in merito.
13) Sono i carabinieri ad aver sostenuto in aula di aver intrapreso la pista famigliare, non gli innocentisti. Altrimenti non staremmo qui a parlarne. Solo che quando emersero macroscopiche contraddizioni tra padre e figlio i carabinieri non le rilevarono. A mero titolo di esempio, dimenticarono la Panda usata quella sera dalla persona che a loro dire era attenzionata (ma analizzarono la Lancia K del padre scrivendo che era in uso a Paola Galli, proprietaria per contro della Panda).
mario frigerio parla di olindo
Inoltre trattennero la testimonianza di Chemcoum senza ragione alcuna e ora Pietro dice, in maniera del tutto inedita, che loro avevano cambiato le sim e avvertito i carabinieri perché erano al corrente di essere intercettati. Avvertirono chi? E perché non c'è alcun verbale di questo avvertimento?
Tale condotta dei carabinieri, come ho sempre scritto, delinea da parte mia una sola certezza: che le indagini furono svolte a senso unico contro Olindo e Rosa.
l interrogatorio in ospedale di mario frigerio
Al di là del fatto di essere colpevolisti o innocentisti, vorrei che fosse chiara a tutti una cosa: i giudici hanno sostenuto per tre gradi di giudizio che la signora Valeria Cherubini urlò la parola “aiuto” (udita dal marito e dai soccorritori), nientemeno DOPO che le avevano tagliato la lingua e squarciato la gola, DOPO che le avevano fracassato il cranio con otto colpi, DOPO che era stata attinta da 43 colpi. E DOPO che in quelle condizioni la donna era salita per due rampe di scale e 18 gradini, perdendo appena 13 gocce di sangue, senza respirarlo e senza deglutirlo, come se il sangue di 43 colpi fosse rimasto “miracolosamente” in equilibrio senza schizzare ovunque e fuoriuscire in abbondanza.
I giudici possono anche sostenere una cosa che va contro la natura stessa di un essere vivente (come fa una donna con il cranio rotto, gola e lingua squarciata a gridare “aiuto”?) e Selvaggia Lucarelli è liberissima di crederlo. Se domani un giudice scrivesse che gli asini volano, è ulteriormente libera di prestarvi fede. Però, semplicemente, NON è possibile.
I giudici hanno però dovuto sostenere questa tesi fantascientifica perché, se Valeria Cherubini fosse stata uccisa nella sua mansarda, come logica e natura impongono, ovvero DOPO aver gridato “aiuto” e PRIMA che le tagliassero la gola, Olindo e Rosa sarebbero per forza innocenti. Per la semplice ragione che non sarebbero più potuti scendere per le scale e rientrare nel loro appartamento a cambiarsi, dato che c’erano già di sotto i primi soccorritori. Sulle scale e nella corte di via Diaz.
Mi preme infine sottolineare un dettaglio a Selvaggia Lucarelli. Tutto quanto ho scritto è stato desunto dagli atti dell’accusa, NON della difesa. E non è MAI stato smentito: tanto, per dirne una, sono stati i carabinieri a dover smentire i loro verbali, sostenendo che a Erba c’è chi fa gli atti e altri che non li hanno fatti invece poi li firmano.
Ma portare avanti un’inchiesta senza mai essere smentiti contro la tesi di un’intera Procura, tre tribunali e l’intera opinione pubblica italiana, non è affatto semplice. Non fosse stato per un collegio difensivo ostinato e che ha lavorato e lavora gratis da dodici anni, insieme a numerosi consulenti mai pagati, non fosse stato per il direttore Umberto Brindani che mi ha consentito di pubblicare le mie scoperte su Oggi in anni in cui io, gli avvocati e il collega Felice Manti venivamo linciati, se non derisi da chi ignorava o nascondeva i fatti in tv, Olindo e Rosa sarebbero ancora per tutti dei mostri.
Ora, grazie a Le Iene, quel muro di totale ignoranza su ciò che accadde, si è quantomeno infranto.
Lo dice per la prima volta, dopo quei servizi, anche Pietro Castagna, parlando a Repubblica: «L’ergastolo a Romano e Bazzi si basa su dieci capisaldi. Anche ammesso che due o tre non siano soddisfacenti, questo non compromette l'impianto accusatorio e le prove che hanno portato alla condanna».
franca leosini e i fratelli castagna
Solo che i “capisaldi” dell’accusa non erano 10, bensì tre: un testimone che riconosce un gigante olivastro sconosciuto e poi il notissimo, bianco e più basso vicino di casa Olindo; una macchia sull’auto che nessuno ha mai visto a parte il brigadiere Fadda e che lo stesso carabiniere ha ammesso alle Iene possa essere frutto di una contaminazione ambientale; delle confessioni rilasciate guardando le foto e nelle quali alla moglie analfabeta sono state ripetute tutte le dichiarazioni del marito.
i fratelli castagna a storie maledette
E cosa incredibile non c'è alcuna traccia delle vittime in casa dei condannati. E non c'è traccia dei condannati nel palazzo della strage. Liquidarono la cosa dicendo che l'acqua aveva lavato via tutto, dotandola evidentemente di capacità selettiva: nel palazzo, infatti, trovarono le tracce di vittime, soccorritori, carabinieri, perfino sconosciuti. Di tutti, ma non di Olindo e Rosa. Chi fossero gli sconosciuti non si è mai saputo.
A parte questa totale assenza di loro tracce sul luogo del delitto, che ha portato il Ris di Parma a diventare testimoni della difesa pur essendo consulenti dell’accusa, tutte le altre appena elencate sono tutte “nuove scoperte, prove o indizi determinanti che non sono già stati discussi, né tantomeno smontati nei processi”.
Prima di fare certe affermazioni bisognerebbe studiare gli atti, le carte. Perché di mezzo, in questa storia, non c’è un ballo in tv. Di mezzo, c’è la vita di due persone in carcere. E di altre quattro che sono morte.
dopo la strage di erba strage di erba le iene antonino monteleone antonino monteleone olindo romano valeria cherubini antonino monteleone