IN AMERICA IL BOIA BUSSA SEMPRE DUE VOLTE – KENNETH EUGENE SMITH, UN 58ENNE CONDANNATO A MORTE IN ALABAMA, LO SCORSO ANNO ERA SOPRAVVISSUTO A UNA PRIMA ESECUZIONE: NON ERANO RIUSCITI A INFILARGLI NELLE VENE GLI AGHI PER L'INIEZIONE LETALE – ORA L'UOMO, CHE UCCISE SU COMMISSIONE UNA DONNA NEL 1988, SARÀ GIUSTIZIATO CON L'AZOTO PURO – È LA PRIMA PERSONA A SUBIRE IL NUOVO METODO, ESCLUSO DA ANNI IN AMBITO VETERINARIO MA RITENUTO “RAPIDO E INDOLORE” DAI GIUDICI AMERICANI…

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Estratto dell'articolo di Alessio Di Sauro per www.repubblica.it

 

Kenneth Eugene Smith Kenneth Eugene Smith

Hanno provato per quattro ore a ucciderlo senza riuscire a infilargli nelle vene gli aghi necessari a dare il via all’iniezione letale; un anno dopo Kenneth Eugene Smith, cinquantottenne condannato a morte in Alabama, si prepara ad affrontare il suo destino diventando una sorta di cavia umana. Verrà costretto a respirare l’azoto puro, come mai era successo nella centenaria storia della pena capitale in America.

 

“Una morte rapida e indolore”, stando ai rapporti delle autorità federali, che ne hanno autorizzato l’utilizzo già nel 2018; “un esperimento crudele e sconsiderato” secondo le associazioni umanitarie e “incostituzionale” per gli avvocati del detenuto, che sottolineano come finanche l’Associazione veterinaria statunitense abbia escluso da più di 10 anni l’utilizzo dell’azoto per la soppressione degli animali.

 

[…]

 

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Per Smith si tratterà del secondo incontro con il boia: aveva già ordinato il suo ultimo pasto il 17 novembre del 2022, quando però il suo appuntamento con la morte era stato infine rimandato. Guardie carcerarie e infermieri avevano fallito nel praticargli l’iniezione: si era tentato di infilargli gli aghi nelle braccia, nei piedi, nelle gambe.

 

A un certo punto Smith venne persino capovolto a testa in giù, nella speranza che l’afflusso di sangue riuscisse a evidenziargli una qualche vena sul collo. Una corsa contro il tempo nel tentativo di portare a termine la morte di Stato entro la mezzanotte, quando il mandato di esecuzione sarebbe scaduto. Niente da fare. Dopo quattro ore di agonia il detenuto fu riportato in cella, sotto shock.

 

Kenneth Eugene Smith Kenneth Eugene Smith

Smith, 58 anni, ne ha trascorsi 35 dietro le sbarre del braccio della morte: era il 1988 quando assieme a un altro sicario fu assoldato per uccidere Elizabeth Senneth, per conto del marito predicatore Charles, dopo avere pattuito un compenso di mille dollari: il mandante si è poi suicidato, mentre il suo complice è stato giustiziato nel 2010. Adesso Smith dice di essere “terrorizzato”, e grida al mondo: “Mi state ammazzando due volte”.

 

Dopo il rifiuto di molte case farmaceutiche europee di fornire i farmaci necessari al cocktail letale, molti Stati sono corsi ai ripari: il Tennessee ha riesumato la vecchia sedia elettrica, in Carolina del Nord, Utah e Idaho è tornato in auge il plotone di esecuzione.

 

E poi c’è l’azoto, l’ultimo arrivato, tecnicamente previsto anche da Oklahoma e Mississippi: e però nessuno Stato, all’atto pratico, ne ha mai predisposto un protocollo d’uso. […]

 

La questione su cui dovrà pronunciarsi la maggioranza repubblicana della Corte suprema è però una sola: se l’ipossia di azoto rappresenti o meno “una punizione inumana e degradante” ai sensi dell’ottavo emendamento della Costituzione statunitense. In altre parole, se sia realmente indolore o meno.

 

STATI UNITI - CONDANNA A MORTE STATI UNITI - CONDANNA A MORTE

 “L’azoto è presente all’interno dell’aria che respiriamo, di cui rappresenta più del 70% – spiega il professor Davide Chiumello, direttore della struttura di Anestesia e rianimazione dell'Ospedale San Paolo di Milano – . Di per sé è un gas inerte, inodore e indolore. Il problema è che allo stato puro induce una totale saturazione dell’ossigeno, e la perdita di coscienza può subentrare anche dopo molti minuti. Qualora l’azoto non venisse preventivamente associato a un barbiturico sedativo, il condannato andrebbe incontro a iperventilazione e fame d’aria. Morirebbe letteralmente soffocato, e sarebbe una morte orrenda”. […]

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