Lorenzo De Cicco per www.ilmessaggero.it
Andamento lento. All’Atac decine di autisti viaggiano al ritmo cantato da Tullio De Piscopo al Sanremo 1988: lento, lento, lento. Piede appoggiato sul freno e avanti adagio: cari passeggeri rassegnatevi ad arrivare in ritardo.
Tutto per saltare l’ultimo giro al volante, a fine turno: i conducenti che arrivano tardi al capolinea, quasi sempre dando la colpa al traffico, vengono esentati dal rimettersi in marcia se il tempo stimato per il ritorno supera quello previsto dal servizio.
il duro lavoro degli autisti atac 1
Ecco allora il trucco che tenta gli autisti dei bus: rallentare, «accodarsi» a qualche macchina poco lesta nella parte finale del tragitto, per presentarsi all’ultima fermata oltre il limite fissato dalla tabella di marcia. Rendendo impossibile, a quel punto, il viaggio conclusivo.
La trovata è stata scoperta dalla municipalizzata: i report interni svelano che 50 conducenti sono stati sanzionati solo nell’ultimo anno, incastrati dal sistema satellitare montato a bordo dei mezzi. E si tratta solo dei casi più sfacciatamente incongruenti, quando insomma analizzando gli spostamenti col Gps la scusa dell’ingorgo non ha retto.
il duro lavoro degli autisti atac
Non perché Roma non soffra di imbottigliamenti vari e assortiti, come testimoniano gli speciali ranking del settore (è noto ormai che quanto a traffico la Città eterna nel mondo sia seconda solo a Bogotà). Ma sulla scorta delle tecnologie più avanzate e del rilevamento della posizione da remoto, la giustificazione non può tenere banco sempre e comunque.
Ecco perché Atac ha rafforzato i controlli per questa stramba fattispecie, mettendo nel mirino gli autisti che marciano coi torpedoni a passo d’uomo per lavorare di meno. Anche perché a farne le spese, oltre ai pendolari, è la stessa municipalizzata. Che guadagna col contratto di servizio del Comune in base al chilometraggio. L’amministrazione di Virginia Raggi anche quest’anno ha ripetuto: tocca fare di più. Lo stesso dicono i commissari del Tribunale fallimentare. Occhio allora a chi viaggia al ralenti.
Qualche anomalia legata al Gps è stata notata nei «fogli di via», i moduli che gli autisti devono compilare obbligatoriamente per riferire gli spostamenti durante l’orario di servizio. È venuto fuori che le dichiarazioni non sempre coincidevano con quanto rilevato dal satellite: a volte gli autisti annotavano più chilometri di quelli effettivamente macinati.
Atac sembra consapevole del problema, tanto che in una relazione riservata, spedita al Campidoglio il 5 novembre, spiega di avere avviato verifiche proprio sulle «divergenze tra rilevazione mediante fogli di via e sistema satellitare (AVM)», si legge nel dossier. Insomma, la partecipata spera che «l’aumento della qualità erogata» non rimanga solo la promessa di carta segnata nei faldoni del piano anti-bancarotta. L’obiettivo, si legge ancora, è «il maggiore comfort per i passeggeri». I quali probabilmente si accontenterebbero di un bus puntuale, che non si accosti alla palina già stracolmo perché prima sono saltate le corse in batteria. Magari perché l’autista giocava col freno.
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