Irene Soave per il "Corriere della Sera"
Ha ucciso un poliziotto travolgendolo con la sua Ferrari grigio canna di fucile, che guidava pieno di cocaina, nel 2012; da allora ha girato almeno nove Paesi, ha cenato al ristorante stellato di Gordon Ramsay, è stato a feste e decine di gare automobilistiche, in crociera a Venezia, a fare snowboard in Giappone, si è comperato un nuovo bolide - una Porsche Carrera - e ha documentato il tutto con decine di foto su Instagram pubblicate dai suoi amici, altri «rich kids of Thailand» come lui.
Tutto normale: Vorayuth «Boss» Yoovidhya, 35 anni, nipote del fondatore di Red Bull (il padre Chalerm possiede il 2% del marchio, che divide con altri 11 fratelli), è quindi un figlio dell'élite thailandese, protetto da soldi, potere e generale connivenza. Anche in tribunale: a luglio di quest' anno il processo per l'incidente del 2012 si è chiuso con il ritiro delle accuse, e Vorayuth è stato assolto. Nel frattempo, però, il vento in Thailandia sembra cambiato.
Da luglio di quest' anno sono continue le proteste di piazza - da parte di movimenti studenteschi e non solo - che chiedono la destituzione del governo e una riforma della monarchia. E la stessa opinione pubblica che di bocca in bocca ha attribuito all'eccentrico re-satrapo Rama X il pungente nomignolo di «Voldemort», perché come il cattivissimo di Harry Potter sarebbe perfido e innominabile (la legge thailandese sulla lesa maestà è la più severa al mondo) ha elevato l'assoluzione dell'erede Red Bull a simbolo dell'iniquità e della corruzione delle istituzioni.
Così, dopo una mobilitazione senza precedenti, anche da parte della stampa, il tribunale che ha assolto Vorayuth a luglio ha riaperto le indagini il mese scorso, e questa volta il capo d'imputazione è «guida spericolata con vittima» e «uso di cocaina». L'Interpol ha spiccato domenica un mandato di cattura internazionale con allerta massima: «Boss» sarebbe stato visto in Canada, ma Ottawa nega, e non si sa dove sia.
I fatti del 3 settembre 2012 sono noti. Vorayuth, di ritorno da una serata con amici, investì a 177 km orari nel centro di Bangkok la moto del sergente Wichian Klanprasert (47 anni) e tornò a casa senza soccorrerlo. Subito cominciò il teatrino visto spesso quando un thailandese intoccabile è sospettato di un crimine: versioni contrastanti, inquirenti pavidi, media complici. In un primo momento il ragazzo disse che guidava il suo tuttofare, che aveva accettato di prendersi la colpa; tre mesi dopo ritrattò, e fu accusato anche di «falsa testimonianza».
Per almeno otto volte «Boss» non si presentò alla polizia con pretesti vari, e nel 2017 fuggì dalla Thailandia due giorni prima che venisse spiccato un mandato d'arresto internazionale, analogo a quello emanato ora. Dal 2012 sono spuntati nuovi testimoni, nuove accuse, nuove versioni dei fatti; la famiglia di «Boss» ha visitato la casa di Wichian Klanprasert il giorno stesso della sua liberazione su cauzione (15 mila dollari) e versato 100 mila dollari alla vedova come «compensazione». Le accuse sono state ritirate; a riportare in auge il caso è stata, questa volta, solo l'indignazione del pubblico. .
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