Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”
«Un tempo noi posti fissi eravamo venerati come dei», racconta Checco Zalone nel film campione d'incassi Quo vado?, ben indottrinato fin da piccolo: «Io da grande voglio fare il posto fisso», rispondeva al maestro delle elementari. Altri tempi. Oggi, almeno in Campidoglio, la poltrona nell'ufficio pubblico, col contratto a tempo indeterminato, non fa più così gola. Anzi, c'è chi la rigetta come fosse una iattura. Uno su 5, fra chi ha superato la selezione, ha detto no al Comune di Roma nel 2018 e nel 2019. Messaggio chiaro: grazie mille, ma di venire a fare il vigile urbano o l'impiegato all'Anagrafe dell'Urbe non mi interessa.
Vicenda paradossale, per certi versi. Che segna forse la fine di uno stereotipo il mito del pubblico impiego, del lavoro per tutta la vita a spese dello Stato, in questo caso del Campidoglio ma che è figlia anche dei ritmi pachidermici della burocrazia capitolina. Il concorso con cui l'amministrazione di Roma ancora oggi assume personale risale al 2010.
Una maxi-procedura - non a caso subito ribattezzata concorsone - che è rimasta impantanata per quasi sei anni, tra un rimpallo amministrativo e un ricorso legale. Fino a che, nell'ultimo scampolo del 2016, si è cominciato ad assumere. I primi due anni quasi nessuno rifiutava il posto, raccontano a Palazzo Senatorio. Nell'ultimo biennio invece si è registrato un boom di rigetti. Parlano i numeri: nel 2018 e nel 2019 sono stati assunti dal Comune di Roma 2.300 dipendenti.
Eppure il Campidoglio ha avuto più di un grattacapo per coprire tutti i posti, perché quasi 450 candidati hanno rinunciato a un passo dalla firma. Per fortuna la graduatoria degli idonei era piuttosto lunga: è bastato scorrere la lista per riuscire ad assegnare tutti gli incarichi, tra vigili, giardinieri, travet e contabili. Ma la trafila si è comunque allungata, perché per ogni chiamata andata a vuoto, l'iter del reclutamento è dovuto ricominciare da capo.
SPESA MILIARDARIA
Dal 2016 a oggi il Campidoglio ha arruolato quasi 5mila persone, comprese le maestre precarie che sono state stabilizzate. Risultato: la spesa per il personale, che nel 2015 ammontava a 906 milioni di euro solo per i contratti a tempo indeterminato - nel 2018, l'ultimo dato disponibile, è arrivata a quota 996 milioni. Quasi cento milioni in più, un miliardo in totale. In linea, grosso modo, con quanto sborsato dall'amministrazione cittadina nell'anno appena concluso. «Abbiamo ricambiato il 26% del personale dal 2016 a oggi», si vantano in Comune.
I MOTIVI
Resta la domanda: perché tanti rifiuti? Ognuno dei 450 avrà avuto una buona ragione per rinunciare a un posto di lavoro sicuro in Campidoglio. Certo è che molti, date le lungaggini del concorso capitolino, nel frattempo si sono rivolti altrove. Insomma, hanno trovato un impiego diverso, spesso nel settore privato. A Palazzo Senatorio si augurano che quando verrà sfornata la nuova selezione il numero delle rinunce diminuisca, dato che l'arruolamento dovrebbe viaggiare a ritmi molto più spediti rispetto al concorso precedente.
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«CERCASI MILLENNIALS»
Nel 2020, ha spiegato di recente Antonio De Santis, l'assessore alle Risorse Umane di Roma che ha avuto il merito di sbloccare la procedura del 2010, il Comune finirà di scorrere la vecchia graduatoria. Così saranno assunti 894 dipendenti: 300 vigili, 50 funzionari delle biblioteche, 100 architetti, addirittura 15 dietisti di cui, evidentemente, c'è bisogno in Comune. Poi entro fine anno, ha detto De Santis, sarà sfornato il nuovo concorso. In palio 1.470 posti da dipendente, più altri 42 da dirigente. «Daremo spazio ai millennials», ha dichiarato l'assessore. Sperando che non dicano no.