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DAGOREPORT
Non si può criticare il gay pride perché sei omofobo; non si può criticare la cancel-culture che corregge persino le fiabe (una delle prime vittime lo scrittore per ragazzi Roald Dahl ) perché non sei inclusivo; non puoi in un colloquio di lavoro preferire un uomo a una donna perché sei misogino e antifeminnista; non si possono criticare (dati alla mano) comportamenti degli immigrati perché sei razzista; non puoi criticare un Lgbtq+++ perché sei un fascista difensore dell’ideale Dio, Patria, famiglia; non puoi criticare le adozioni gay perché diventi un “infanticida” ecc. ecc…
il mondo al contrario roberto vannacci
Sostanzialmente, il rude e rozzo libello del generale Vannacci è un j’accuse verso una società dove le Minoranze (ex discriminate) hanno ora un’autostrada spianata di privilegi mentre una Maggioranza silenziosa deve sempre stare zitta perché altrimenti i facitori dell’opinione pubblica (giornali, tv, università, tribunali, élite, opinionisti radical chic, insomma: il “sentiment”, lo “Spirito dei tempi”) ti saltano addosso e fanno in modo che tu venga espulso o marginalizzato sul lavoro (codici etici alla mano), dalle università (pronunciamenti dei Senati accademici), messo in un cono d’ombra su giornali e tv, in una parola cancellato.
michela murgia roberto saviano al matrimonio
Basti pensare all’allontanamento del responsabile del gruppo Group Captain Elizabeth Nicholl chiamato a selezionare i piloti della Royal Air Force al quale fu imposto di favorire donne, neri e minoranze etniche invece che basarsi su criteri meritocratici (e chi lavora oggi in università, giornali, moda, ecc sa benissimo che avviene così quotidianamente).
Che un simile libello facesse casino, il Vannacci lo sapeva benissimo visto il colossale maniavantismo delle prime pagine: “Quest’opera rappresenta una forma di libera manifestazione del pensiero ed espressione delle personali opinioni dell’autore e non interpreta posizioni istituzionali o attribuibili ad altre organizzazioni statali e governative”.
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E ancora: “L’autore declina ogni responsabilità in merito a eventuali interpretazioni erronee dei contenuti del testo e si dissocia, sin d’ora, da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse derivare”; quindi, il casino era previsto.
Le tesi del libro sono due. La prima è che il “sovvertimento di quella che la moltitudine intende come normalità è prodotto da esigue e sparute minoranze che prevaricano il sentire comune”.
La seconda è quella della sovra rappresentanza delle minoranze nei sistemi che formano e indirizzano la società (le casematte gramsciane?), sebbene qui anche il coraggioso generale non abbia il coraggio di citare la più potente delle lobby minoritarie sovrarappresentate.
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Perché tutto ciò avvenga o sia avvenuto Vannacci non lo sa, non gli interessa o non ha gli strumenti per comprenderlo: non è un filosofo come Pascal Bruckner autore di “Un colpevole quasi perfetto: La costruzione del capro espiatorio bianco” o come Alain de Benoist, autore di “La nuova censura. Contro il politicamente corretto”, non ha l’ironia del compianto critico d’arte Robert Hughes autore di “La cultura del piagnisteo” (Adelphi) e non analizza ragioni; da militare va giù con una militante ascia di guerra.
Il metodo da lui rivendicato è quello dell’uso del “buon senso” comune, che pure Cartesio suggerisce nelle prime pagine del “Discorso sul Metodo”.
La sua crudezza, però, più che da Razionalista è degna di un generale Wallenstein che infiocinerebbe volentieri graffittari, ambientalisti da apocalisse climatica, gay che “pretendono figli” con uteri in affitto per non parlare di chi sta sul divano a riscuotere il “reddito di cittadinanza”, ma anche terrapiattisti, no-vax e, infine, i “fluidi che sovvertono il passato”.
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Ecco, quest’ultimo passaggio rivela l’idea di fondo del generale che, lui non lo sa, ma è quella del filosofo tedesco Herder: è la storia, la tradizione a dettare lo sviluppo delle comunità civili, non astratte autodeterminazioni rivoluzionarie e contingenti che vengono da chissà dove e spingono ora dei poveri adolescenti persino ad andare contro la Natura e pretendere di voler scegliere di che sesso essere.
Più nel dettaglio – stigmatizzando molti esempi sommari – “l’assalto” a quella “normalità” vista dai facitori di opinione come qualcosa di sfigato (l’epitome di questo è marito che lavora, moglie a casa, due figli, cultura media e provenienza dai centri non urbani, vedi cap. VII) è sostenuta da attori forti, di cui uno è l’Unione Europea con le sue leggi su i “Genitori 1 e 2”, le “Buone feste” anziché “Buon Natale” e tutte le paradossali e ridicole riforme linguiste del politically correct – schwa, operatore ecologico, direttore/trice, soprano/a, soldatessa - finalizzate a “non offendere nessuno” che si trasformano in un azzeramento della tradizione e in una caccia alla discriminazione in ogni espressione.
manifestazioni contro leggi anti lgbtq+ in florida 5
“L’assalto alla normalità” è poi sostenuto dal “giornalismo strampalato” che dedica quotidianamente paginate a questioni irrilevanti, dai bagni transgender alle dichiarazioni di Greta (“che non è afghana e proviene da uno dei paesi con il PIL più alto del mondo”), queste ultime mai accompagnate da quanto l’Illuminismo e la Rivoluzione industriale hanno consentito all’umanità di migliorare le condizioni di vita e senza mai sottolineare che una delle cause di CO2 è dovuta proprio all’uso delle nuove tecnologie e agli spostamenti aerei che la generazione ambientalista (segnata da una spaventosa crescita demografica) diffonde.
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A questo proposito il generale irride iniziative come quella del sindaco di Milano Giuseppe Sala “forestaMI”, ovvero piantare tre milioni di alberi ad alto fusto (ma dopo il nubifragio di 15 giorni fa forse l’idea è rientrata, un po’ come quella di ripopolare di orsi e cinghiali le aree boschive).
Contro i sottotetti che richiedono climatizzazione, il generale porta grafici e dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente dove si parla di 17% di inquinanti in meno emessi dagli anni Novanta ad oggi: “La petizione che richiede lo stop immediato a nuovi impianti di estrazione di derivati fossili, firmata a gennaio scorso da quasi un milione di gretini e consegnata al World Economic Forum di Davos è una vera condanna al suicidio economico ed industriale”, scrive il generale della Folgore.
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Le principali proteste ambientaliste “sono sostenute da associazioni come Climate Emergency Fund, con sede nella ricchissima ed esclusiva Beverly Hills”. Le osservazioni contro l’ambientalismo di maniera riempiono la prima parte del libello, dedicata anche al tema del reperimento energetico: il generale è per usare, con criterio, tutte le fonti a disposizione e sul tema della “sicurezza energetica” dimostra vasta competenza.
Dal capitolo IV, guidato dal politologo Samuel Huntington (“Un Paese composto di più civiltà è un Paese che non appartiene a nessuna civiltà ed è privo di un suo nucleo culturale costitutivo”) il generale attacca la società multiculturale e multietnica.
Non è vero che funziona né nei ricchissimi Stati Uniti che sostengono il “melting pot” ma sono lacerati e non coesi (come dimostra anche il movimento Black lives matter), né nella poverissima castale India (per non parlare della sua esperienza diretta con i gruppi afghani Pasthum, Tagichi, Hazara…).
claudia fusani fulvio abbate foto di bacco
Nel primo caso, inoltre, lo sviluppo della società multietnica non si palesa come scelta spontanea bensì come una necessità esito del colonialismo (o dello schiavismo) e “dalla necessità di importare forza lavoro a basso costo per la globalizzazione”: qui l’avversario n.1 è il finanziere-filantropo Soros e il sistema finanziario-economico che mette in crisi in concetto di cittadinanza. L’esito al quale portano gli immigrazionisti (se la prende, in particolare, con la giornalista Claudia Fusani) è quello della disappartenenza a una tradizione.
Diciamolo pure: gli esempi del generale sempre privi di pietas: basta con il perdonismo verso le zingarate dei Rom, basta con l’assistere agli stupri da parte di chi arriva da culture diverse e ha una diversa concezione della donna, basta con i tentativi multiculturalisti di giustificare persino l’omicidio della povera Saman Abbas.
Anche questo è un punto dirimente del libro: l’Europa ha una propria cultura e tradizione da testimoniare, difendere e trasmettere oppure la sua neo-cultura è neutra, fluida e si basa sulla inclusione di ogni cultura per senso democratico?
Perché, però, quando un europeo va all’estero si pone come primo problema quello di rispettare la cultura degli altri, persino se “totalitaria”? L’invettiva è ficcante ma la risposta un po’ rozza, ed è quella australiana: “Non farete dell’Australia la vostra casa” scandisce duramente lo spot della campagna antiimmigratoria denominata “No Way” varata da Melbourne.
giorgia meloni e rishi sunak al vertice nato di vilnius
Oppure la risposta è quella del ministro Sunak che, in quanto immigrato indiano si può permettere senza che nessuno lo mandi sulla forca mediatica di trasferire in Rwanda i clandestini. E c’è anche un’Africa (in particolare il Marocco) “che vorrebbe chiudere le porte ai clandestini africani”.
marco mengoni con bandiera lgbtqi all eurovision
Seguono nel libro i capitoli dedicati alla Legittima difesa: tra le righe emerge una critica al buonismo della Magistratura verso i reati minori che trasformano l’Italia nel paese di Bengodi per la microdelinquenza.
Se danneggi deliberatamente un’auto o un edificio “te la cavi forse con un rimprovero”, “devi stare attento a segnalare i rei e gli spacciatori: ne sa qualcosa lo scavezzacollo Vittorio Brumotti e borseggiare a Milano rientra nei sempre più numerosi diritti di uno stato democratico”, se filmi i borseggiatori rischi grosso.
Eppure, ricorda Vannacci, fu “l’onorevole Boldrini, applaudita da tutti i progressisti ed acclamata dalle femministe, a lanciare la campagna #eiotipubblico” per chi parcheggiava indebitamente sul posto handicappati. L’iniziativa fu subito sostenuta da “Ilaria Cucchi, dell’onnipresente Michela Murgia, Arisa, Nina Zilli, Maria Elena Boschi, Monica Cirinnà, Lucia Azzolina e Rula Jebreal”: insomma, siamo ai soliti due pesi e due misure, all’ipocrisia della Sinistra.
A proposito della Murgia, la famiglia queer o le coppie transgender disgregano la famiglia naturale che è base della comunità. Come Corrado Ocone (Dagospia 13 agosto) molta della cosiddetta intellighenzia che sostiene queste tesi finge anticonformismo e vittimismo ma è, invece, pienamente inserita nel sistema di potere mediatico-culturale dominante e rappresenta la trasformazione dal vecchio marxismo degli intellettuali “impegnati” alla relativistica cultura della fluidità attuale.
LAURA BOLDRINI CON LA MASCHERA DI TIGRE
Il pianeta Lgbtq+++ (IX capitolo) è affrontato a partire dal tema della sua sovrarappresentanza nella Comunicazione: dati Istat affermano che solo il 2% della popolazione italiana non è eterosessuale: perché, dunque, questa ossessione a parlarne? Non si potrebbe dibattere di pensioni, sanità, lavoro, cultura…? Poi il generale si avventura in più perniciose osservazioni, tipo quella che solo in “500 specie animali su 945.000 l’omosessualità è conosciuta”.
Giunti a pagina 243 troviamo l’affermazione che ha spinto sul rogo autore e libro: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani normali concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo”.
Sul tema finiscono nel mirino Pina Picierno, Alba Parietti, Alessandro Zan (p.273 e ss.) e, addirittura, il linguista Noam Chomsky (queste sproporzioni mostrano la scarsa attitudine dell’autore alla saggistica).
I principali accusati sono i due intellettuali omosessuali Marshall Kirk e Hunter Madsen autori di “After the ball”, il manifesto arcobaleno. Poi, al solito, al generale scappa di mano la penna: “Dobbiamo ricorrere ad un idioma straniero e chiamarli gay perché i vocaboli esistenti sino a pochi anni fa nei dizionari sono tutti considerati inappropriati, se non addirittura volgari ed offensivi: pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone sono ormai termini da tribunale, da hate speech, da incitazione all’odio”.
Oggi, dichiararsi Lgbtq+ vuol dire essere intoccabile e godere di privilegi nell’alta società (cita il caso del migrante che si definì gay e ottenne il riconoscimento di rifugiato al tribunale di Trieste).
Nel nome dell’inclusività Lgbtq+ la Sony è stata spinta a rivedere la favola di Cenerentola facendo interpretare la fatina da Billy Porter, uomo afroamericano dichiaratamente gay e la Mattel a pubblicizzare la versione gay-friendly di Barbie, raffigurata con l’amica moretta mentre indossano una maglietta su cui risalta la scritta arcobaleno “Love wins”.
Negli uffici, gli Lgbtq+ sono iperprotetti perché tutti ormai temono di poter essere accusati di mobbing nei loro confronti. Ma, cita il generale, in base all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), per discorsi d’odio per orientamento sessuale tra il 2017 e il 2019 le segnalazioni in media sono state 57 l’anno mentre le stime dei geriatri riscontrano che 2,9 milioni sono gli anziani maltrattati psicologicamente (nota p.281).
I PASSAGGI INCRIMINATI DEL LIBRO DI ROBERTO VANNACCI, IL MONDO AL CONTRARIO
Nel mondo al contrario fotografato dal generale è a rischio anche la casa per il lassismo verso abusivismi e sfratti mai eseguiti (immaginiamo presto un invito da parte di Mario Giordano) e, ancor più, la Patria.
Da un lato della bilancia pesa il disgustoso disinteresse dei giovani per il sacrificio degli avi per conquistare loro la libertà dall’altro, però, anche l’incapacità del generale di comprendere che le società dell’avvenire potrebbero andare anche oltre il concetto di Patria e nazione.
il canto degli italiani inno di mameli
Nessuno conosce l’Inno nazionale: “L’inno nazionale è il secondo a essere aggredito. In primo luogo, non viene insegnato: abbiamo dovuto aspettare il 2012 per una legge che prevedesse l'illustrazione dell'Inno d’Italia nelle scuole elementari. Nonostante questa disposizione prescrittiva i nostri ragazzi, quando va bene, ne conoscono solo le prime due strofe”. In compenso – e qui esce lo sprezzante destrismo dell’autore – conoscono “le zingaresche note della ballata di Bella Ciao”.
Per quanto riguarda le città in cui si affolla più del 50% della popolazione mondiale che si avvia agli 8 miliardi, ciclabili e Ztl per ricchi non convincono il generale che bolla di ingenuità i “nuovi urbanisti” che pensano di risolvere un problema enorme con “mobilità ecologista e alternativa fatta di biciclette e monopattini elettrici, mezzi pubblici che scarseggiano e salutari passeggiate”: la città ecofriendly è per single benestanti.
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Sul “Journal of Epidemiology and Community Health” si rivela inoltre che l’introduzione del limite a 32 Km all’ora in città (lo studio è su Belfast) non ha comportato alcuna “differenza statisticamente significativa” sul tasso a lungo termine di incidenti e vittime. Sul tema della città la più disprezzata è la sindaca Anne Hidalgo: “I parigini hanno sempre più paura quando escono la sera e poco li confortano i lungosenna pedonali, le spiagge cittadine e i monopattini elettrici”. E’ questo un “ambientalismo ideologico e farlocco”.
L’ultimo capitolo è dedicato all’animalismo di maniera e qui sembra di risentire quel discorso di Papa Francesco di alcuni anni fa di una società che privilegia gli animali alle persone (caso orsa-runner) con buona fortuna della pet economy. Non una parola contro Forze Armate, Stato o Governi della Repubblica.
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Il rude e duro generale – che non è uno studioso - sbanda sulle fonti, nel linguaggio crudo e quando si lancia in accostamenti o osservazioni genericissime (“il torto dell’uomo è di essere la specie dominante da 50.000 anni” ecc), ma il suo rustico libello-invettiva è un megafono di quella Maggioranza silenziosa che si alligna nei Paesi europei stufa dell’imposizione di modelli socio-culturali più o meno importati dal globalismo americano dopo che questo aveva importato dall’Europa le cosiddette French Theories, ovvero il pensiero dei vari Derrida, Foucault, Lacan…
Dunque, sebbene chi la pensi come lui si dice che, in genere, non legga libri, il primo posto in classifica su Amazon ci sta tutto. Se un dirigente di una Onlus avesse pubblicato un simile libello di segno (ovviamente) opposto primarie case editrici italiane, come Feltrinelli o Einaudi, l’avrebbero certamente editato. Il fatto che il generale sia ricorso al self-publishing la dice lunga sullo stato di schieramento dell’intera editoria italiana.