Da corriere.it
Pochi giorni di lezione con gli studenti impegnati nei corsi del cosiddetto «Pon», il programma operativo nazionale promosso dal Ministero con fondi europei, e la scuola deve chiudere per un caso di coronavirus. Accade a Verbania, all’ISS Cobianchi. La notizia è stata divulgata domenica 30 agosto con un messaggio sul sito internet dell’Istituto dal dirigente scolastico, Vincenza Maselli.
La preside ha spiegato che la scuola «sospende le attività didattiche a partire da lunedì 31 agosto 2020 per consentire lo svolgimento di un intervento di sanificazione dei locali, così come previsto dalle attuali normative per il contenimento della pandemia da Covid-19».
L’intervento di sanificazione «si è reso necessario poiché un utente, entrato recentemente in Istituto, è risultato positivo al virus Covid-19. La riapertura della scuola avverrà quando saranno terminati i lavori di sanificazione e si potrà così garantire l’accesso in totale sicurezza. Tale data verrà comunicata il prima possibile».
DANIELE NOVARA
Orsola Riva per corriere.it
In classe con la mascherina dai 6 anni in su? Nonostante la parziale marcia indietro fatta in serata, le dichiarazioni di ieri mattina del coordinatore del Cts Agostino Miozzo sul fatto che andrebbero indossate per tutto il tempo in cui si resta in classe, a meno che non si venga interrogati, hanno scatenato molte polemiche. «Sarebbe come chiedere ai calciatori di non correre mentre sono in campo.
Ma così il campionato non avrebbe mai potuto ripartire. Il fatto è che la scuola, a differenza del calcio, si è lasciata commissariare: invece di farsi consigliare dagli esperti per poi decidere di testa propria si è ridotta a prendere ordini dal sistema medico-sanitario. A questo punto tanto varrebbe creare un ministero unico dell’Istruzione e della Sanità».
E’ un fiume in piena, Daniele Novara, pedagogista militante che, grazie a una serie di libri di successo e alla sua Scuola Genitori, ha guadagnato sempre più credito presso le famiglie italiane. «E’ come se io pretendessi di entrare in un reparto pediatrico e dire ai medici cosa devono fare.
E’ un problema di metodo - dice -: la scuola dovrebbe tutelare i suoi confini dalle invasioni di campo». Ma qual è il problema della mascherina per i più piccoli? «Il problema è che loro la vivono come un impedimento nella relazione con i compagni e con l’insegnante che invece è essenziale in questa fase di sviluppo, in cui i bambini imparano principalmente confrontandosi con i loro compagni sotto la guida esperta di un adulto.
Il caso più eclatante è quello dei “remigini”, che l’anno scorso hanno concluso bruscamente il ciclo della materna a marzo e quest’anno entrano finalmente in prima elementare ma si ritrovano in un mondo di mascherine, invece che di volti nuovi».
L’ospedalizzazione della scuola
i banchi singoli con le rotelle
Soprattutto con i bambini non si dovrebbe tenere in considerazione solo il rischio sanitario: bisognerebbe anche soppesare bene gli inconvenienti che un’eccessiva ospedalizzazione della scuola può causare dal punto di vista dello sviluppo emotivo e cognitivo. In Francia per esempio la mascherina a scuola è prescritta solo dalle medie in su. Novara cita uno studio del Gaslini sugli effetti del lockdown nei bambini da 3 a 10 anni: il 70 per cento ha accusato problemi comportamentali. Chi è regredito, chi si è fatto più aggressivo, per non parlare dell’aumento dei tic. «I più colpiti sono stati i figli unici che vivevano in un appartamento magari piccolo di città e non potevano nemmeno scendere in cortile. Ma come si può pensare di aiutarli a recuperare quanto hanno perso in quei tre mesi - che per loro valgono tre anni - se li facciamo tornare in scuole trasformate in infermerie?».
Sì a termometro e tamponi, no alle mascherine
E’ vero che nelle ultime settimane c’è stato un aumento importante dei contagi, ma Novara fa notare che l’inversione della curva è avvenuta in piena estate, a scuole chiuse, e che viceversa nei centri estivi finora non si è verificato nessun problema. «Riaprire le discoteche per poi doverle richiudere: quella sì che è stata un’assurdità. Ma continuare a dipingere i bambini come dei potenziali untori è fare del terrorismo psicologico che non ha alcuna base scientifica».
E’ comprensibile che in questa situazione i genitori siano allarmati ma secondo Novara il compito della politica non è di dar voce alle angosce delle famiglie ma di rassicurarle che verranno prese tutte le misure necessarie per un ritorno in classe in sicurezza nella consapevolezza che il rischio zero non esiste. «Io per esempio sarei favorevole alla misurazione della febbre a scuola, che invece il ministero ha escluso, e anche ai tamponi. Ma le mascherine, quelle no.
Nelle linee guida per l’infanzia pubblicate qualche giorno fa c’è stata una stretta anche per gli 0-6 anni. Loro non dovranno mettere la mascherina ma le educatrici sì, e pazienza se in questo modo diventeranno irriconoscibili. Anche la didattica per piccoli gruppi è sbagliata, perché così va a farsi benedire la libertà di selezione sociale. I bambini devono poter scegliere i propri amici, per poi magare cambiare idea in un secondo momento. O no?».
PROVE DI DISTANZIAMENTO A SCUOLA IN VISTA DELLA RIAPERTURA PREPARATIVI IN UNA SCUOLA DI MILANO PER LA RIAPERTURA