Filippo Di Giacomo per “il Venerdì di Repubblica”
Da otto mesi, un manipolo di legali e poliziotti ha deciso di dare spettacolo in Vaticano. Letteralmente. L'affaire giudiziario che riguarda il cardinale Angelo Becciu, innescato dall'immobile di Sloane Square a Londra, si è attorcigliato su un busillis che un tribunale serio avrebbe risolto in dieci minuti: il rifiuto dell'accusa di consegnare alle difese l'integrità delle registrazioni audio e video, "omissando" quelle contenenti le principali affermazioni del "grande accusatore", monsignor Alberto Perlasca.
ANGELO BECCIU E PAPA BERGOGLIO
Mentre i dottori della legge discutono, i giornalisti che hanno avuto la pazienza di visionare "il prodotto" di così tanto impegno (52 dvd) sono rimasti perplessi. Contro Becciu gli inquirenti rovesciano una sventagliata di sghignazzi e sospetti, mettendo in scena una brutta imitazione di alcune serie poliziesche americane.
In questo caso fioccano battute sulla non longilinea corporatura del porporato, sulle sue origini sarde, che lo trasformerebbero automaticamente in esperto di sequestri di persona per via della Barbagia (in realtà Sua Eminenza è di Pattada, quindi logudorese del Monteacuto).
E, partendo da una prova "inconfutabile" come la mancata querela dell'accusato per le insinuazioni fatte da Maurizio Crozza in una sua satira, alludono con insistenza e senza alcun rispetto a presunte relazioni che Becciu avrebbe avuto con una signora.
Il riassunto di questo "storico" processo che dura da mesi? Un ritorno agli scoop di un giornale anticlericale di fine Ottocento e inizio Novecento. Si stampava a Roma e si chiamava L'asino.