FERMI TUTTI! NON DATE RETTA A CHI VI DICE DI AVER AVUTO L' INFEZIONE DA COVID-19 E DI ESSERE DIVENTATO IMMUNE – MELANIA RIZZOLI: UNA RICERCA ITALIANA IPOTIZZA CHE L' IMMUNITÀ ACQUISITA DOPO L' INFEZIONE VIRALE POTREBBE FAVORIRE REINFEZIONI CON SINTOMI PIÙ GRAVI MENTRE UN NUOVO STUDIO RIVELA CHE LA PROTEZIONE NON DURA NEANCHE 3 MESI…
MELANIA RIZZOLI per Libero Quotidiano
Non date retta a chi vi dice di aver avuto l' infezione da Covid-19 e di essere diventato immune, di non temere recidive o complicanze, di non poter più contagiare nessuno e di essere al sicuro, perché di questa nuova malattia sappiamo ancora troppo poco ed ogni settimana la scienza ne rivela un nuovo aspetto spesso sinistro.
Una ricerca italiana appena pubblicata sulla rivista BMJ Global Health ipotizza che l' immunità acquisita dopo l' infezione virale non solo potrebbe non essere protettiva, ma addirittura potrebbe favorire reinfezioni con sintomi più gravi, mentre un nuovo studio appena sottoposto a revisione paritaria condotto al King' s College di Londra rivela notizie ancora più brutte, ovvero che l' immunità del Coronavirus si indebolisce drasticamente nel giro di qualche settimana e non durerebbe nemmeno tre mesi.
I ricercatori hanno dimostrato infatti che il livello di anticorpi negli individui infettati dal Covid-19 raggiunge il suo picco dopo tre settimane dalla comparsa dei sintomi, per poi diminuire gradualmente, fino a raggiungere la scomparsa nel sangue del 70% di anticorpi durante la convalescenza ed in molto soggetti gli stessi non sono più dosabili, cioè non più rilevabili con le comune analisi ematiche.
Oggi infatti sappiamo con relativa certezza che la maggior parte di chi si ammala di Covid19 sviluppa anticorpi entro 19 giorni e pare che tali molecole siano "neutralizzanti", ovvero in grado di respingere futuri attacchi del virus, ma questa fragile immunità durando non più di tre mesi non garantisce affatto una protezione duratura.
Ogni anno daccapO Ma in pratica cosa vuol dire tutto questo? Significa che il virus cinese potrebbe dunque tornare ad infettare le stesse persone, anno dopo anno, esattamente come accade nelle influenze virali stagionali più comuni, e tale rivelazione implica una più importante e più temibile ipotesi da tenere in grande considerazione, poiché se l' infezione da Covid-19 genera livelli di anticorpi così limitati nel tempo, questo vuol dire che anche la copertura del tanto atteso futuro vaccino teoricamente avrà una durata limitata e una sola dose potrebbe non essere sufficiente perché coprirebbe solo i tre mesi successivamente alla somministrazione.
Attualmente esistono altri quattro tipi di coronavirus in circolazione diffusa, quelli per capirci che causano il comune raffreddore, e che reinfettano le persone abbastanza spesso perché l' immunità che da loro deriva è molto breve, e da tali studi summenzionati sembra che Sars Cov-2 possa rientrare nella stessa categoria e non garantire affatto una protezione perpetua poiché la vita dei suoi anticorpi prodotti nel sangue non è particolarmente duratura.
Queste importanti ricerche, se confermate da ulteriori test clinici, pongono quindi una serie di interrogativi sulla futura efficacia del vaccino anti Covid-19, sul quale sono riposte le speranze di tutto il mondo scientifico per mettere una pietra tombale sulla terribile pandemia di questo secolo.
Certo è ancora presto per trarre conclusioni, ma l' evidenza di sempre più pazienti che si riammalano a distanza di tempo crea allarme e sconcerto, anche se diversi scienziati confidano nella immunità "adattativa", costituita dai globuli bianchi B e T in grado di memorizzare le caratteristiche di un agente patogeno anche per tutta la vita.
tutti i dubbi Circa i casi di seconda infezione segnalati in tutto il mondo, non è ancora chiaro se si tratta davvero di una nuova malattia oppure se il virus, magari annidato nella profondità degli alveoli polmonari, sfugge al rilevamento del test Tampone, o se frammenti virali indugiano nel corpo a lungo dopo la scomparsa dei sintomi.
Il punto è che molti pazienti che si sono ammalati nei mesi scorsi, a distanza di tempo sono diventati negativi non solo al test Tampone ma anche al test sierologico ripetuto a distanza, a dimostrazione appunto della breve e perduta immunità.
Certo il calo della risposta immunitaria per sé non significa il fallimento della ricerca sul vaccino, ma per avere maggiori certezze sulla durata della protezione non resta che continuare gli studi epidemiologici e ripetere i test sierologici per la rilevazione degli anticorpi a scadenza fissa, ad esempio ogni tre mesi per chi fosse risultato positivo alle Immunoglobuline G.
E soprattutto, per voi che leggete, non resta che continuare a proteggersi e cercare di non contagiarsi, evitando una malattia ancora grave, ancora in gran parte sconosciuta alla scienza ed orfana di una terapia mirata.