giancarlo mazzotta massimo dalema

GIANCARLO MAZZOTTA, INDAGATO PER ESTORSIONE AGGRAVATA DAL METODO MAFIOSO, SI CONFESSA CON “REPUBBLICA” (E NON ALLA “VERITÀ” CHE HA SOLLEVATO IL CASO) SULLA VENDITA DI ARMI AI COLOMBIANI, TRATTATIVA IN CUI ERA COINVOLTO ANCHE MASSIMO D'ALEMA - LE SUE RICOSTRUZIONI, DAL RUOLO DI “BAFFINO” A QUELLO DELLO STUDIO LEGALE AMERICANO, VENGONO RIMBALZATE DA UNO DEI BROKER COINVOLTI, FRANCESCO AMATO: “HO GIÀ TROVATO TUTTE LE PROVE CHE SMONTANO LE DICHIARAZIONI DI QUEL SIGNORE E LE HO GIÀ CONSEGNATE AL MIO AVVOCATO”

Giancarlo Mazzotta

Giacomo Amadori e Fabio Amendolara per “la Verità”

 

Ha cinquantadue anni, amministra tre società, ha tre figli ed è coinvolto in tre processi. Giancarlo Mazzotta, ex sindaco di Carmiano (Lecce), Comune sciolto per mafia proprio per le sue relazioni pericolose, ha deciso, dopo giorni di silenzio, di rispondere alle nostre (insistenti) domande... su un altro giornale. Evitando così di essere inchiodato alle sue bugie. Questo politico pugliese dalle molte relazioni è imputato per numerosi illeciti che vanno dall'estorsione aggravata dal metodo mafioso, ai reati fiscali, all'istigazione alla corruzione ecc. ecc., e allo stesso tempo è uno dei protagonisti della vicenda sulla trattativa per la vendita di 4 miliardi di euro di armamenti alla Colombia.

MASSIMO DALEMA

 

Ha consegnato la sua versione alla Repubblica spiegando che a chiedere di far scendere in campo Massimo D'Alema sarebbe stato uno dei due broker coinvolti nell'affare, Francesco Amato. Il quale, con il socio Emanuele Caruso, avrebbe individuato lo studio americano a cui affidare la stipula del contratto di intermediazione con Leonardo e Fincantieri, le società che avrebbero dovuto vendere fregate, sommergibili e aerei alla Colombia e pagare per l'intermediazione oltre 80 milioni di euro agli uomini di D'Alema.

LA MAIL INDIRIZZATA A MASSIMO DALEMA DEL DIRIGENTE DI LEONARDO PER LA VENDITA DI ARMI AI COLOMBIANI

 

Quest' ultimo, come abbiamo già scritto, ha riferito ad alcuni amici che l'avvocato gli era stato indicato da Mazzotta e non dai broker. E lo stesso ex sindaco a Repubblica ha concesso: «Tra l'altro conoscevo quello studio». Poi ha detto di essere stato convinto a interagire con i broker dalle «carte ufficiali» (false) che gli avevano mostrato (parla addirittura di «un mandato generale ed ufficiale conferito direttamente dalla vice presidente della Colombia») e di incontri di altissimo livello in Colombia (ma mai con politici, solo con militari e imprenditori). Fa riferimento alla visita nello stabilimento della Cotecmar, la Fincantieri colombiana, senza specificare che è un'azienda, non un ministero.

massimo dalema tratta con edgar fierro 5

 

«QUANTE BUGIE»

Dopo aver letto le parole di Mazzotta, Amato sorride amaro: «E allora io sono babbo Natale». Non è difficile smentire Mazzotta, visto che nell'audio si sente distintamente D'Alema parlare anche a nome dello studio Allen mentre dialoga con un collaboratore dei broker: «Noi abbiamo preso impegno, noi e anche Robert Allen, la società americana che tutti i compensi, a qualsiasi titolo ricevuti, saranno suddivisi al 50% con la parte colombiana». Insiste affinché i broker si affidino ai servigi di Allen: «È molto importante che la parte colombiana sia rappresentata da una società legale, di avvocati. Dev'essere uno studio legale. Per due ragioni. Innanzitutto il contratto tra Robert Allen e la parte colombiana sarà sottoposto al controllo delle autorità degli Stati Uniti d'America. Perché Robert Allen è una società americana».

OSCAR JOSE OSPINO PACHECO

 

I colombiani, scegliendo uno studio americano, oltre ad avere garantita la privacy, dimostrerebbero di essere un soggetto «trasparente, accettabile». Quindi conclude: «Noi siamo pronti, la parte italiana è quasi pronta. E non appena saranno firmati gli ultimi contratti tra Robert Allen e le società italiane saremo perfettamente pronti».

 

Mazzotta ha fatto riferimento anche al suo incontro con il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, avvenuto il 17 febbraio, appuntamento in cui l'esponente del governo avrebbe ribadito l'importanza per il Paese di chiudere l'affare. L'ex sindaco ha aggiunto che dopo il colloquio con Mulè ci sarebbe stata la videochiamata tra D'Alema e l'ex paramilitare Edgar Fierro: «Inspiegabilmente Amato e Caruso insistono nell'organizzare la telefonata di cui si è tanto parlato. Dall'altra parte, a loro dire, vi era un Senatore (Fierro, ndr) rappresentante di un gruppo di parlamentari colombiani. Col senno di poi, quella telefonata, anche per il modo con cui è stata condotta aveva tutt' altro significato».

 

UNA VIDEOCHIAMATA CON MASSIMO DALEMA

Insomma ipotizza un trappolone. Peccato che la call, a quanto risulta alla Verità, contrariamente a quanto sostenuto da Mazzotta, preceda di una settimana l'incontro con Mulè. D'Alema quel giorno dice a Fierro: «L'ambasciatrice di Colombia in Italia, anche lei si sta occupando di questo problema. E lei sostiene che ci vuole un accordo tra i due governi, senza altri mediatori».

 

MASSIMO DALEMA E LA VENDITA DI ARMI IN COLOMBIA - I DOCUMENTI CONTRAFFATTI CHE I BROKER ITALIANI HANNO PROVATO A RIFILARE A LEONARDO E FINCANTIERI

La diplomatica, tra il 25 gennaio e il 2 febbraio, era stata messa da Mulè per due volte allo stesso tavolo con i responsabili delle relazioni internazionali di Leonardo e aveva trattato con loro il tema degli armamenti. Evidentemente D'Alema, dopo quegli appuntamenti, viene a sapere (probabilmente da fonti interne all'azienda) di quel canale di trattativa alternativo al suo e il 9 febbraio prova a contattare l'ambasciatrice.

 

Il giorno successivo cerca di aggirare l'ostacolo rivolgendosi al «senatore» Fierro, che considera in grado di incidere sul governo colombiano: «Questo negoziato deve passare tra di noi, attraverso un solo canale» sostiene. In quel momento l'incontro con Mulè non c'è ancora stato e D'Alema sta provando a scavalcarlo. Il giorno successivo, l'11 febbraio, la diplomatica si reca dall'ex premier per affrontare la questione e subito dopo Baffino inaugura la linea trattativista. Quella che porta Mazzotta al ministero della Difesa.

LA MEDIAZIONE DI MASSIMO DALEMA PER UNA VENDITA DI ARMI ALLA COLOMBIA

 

LE ALTE SFERE

Ma Amato conosce davvero la vicepresidente della Colombia? «Non si è mai parlato con Mazzotta di questo. Comunque ho già trovato tutte le prove che smontano le dichiarazioni di quel signore e le ho già consegnate al mio avvocato. Per esempio dimostrerò che noi non conoscevamo lo studio Allen. Ce lo segnalano il presidente e Giancarlo. Carta canta».

 

Nell'intervista Mazzotta è riuscito a smentire anche un proprio messaggio Whatsapp su una call andata male: «Quando dico che c'erano anche Giordo (Giuseppe, manager Fincantieri, ndr) e Profumo (Alessandro, ad di Leonardo, ndr) esagero. Io non so chi c'era. Non ero nella stanza del presidente D'Alema».

 

EMANUELE CARUSO

Ma a noi risulta che, invece, i due manager fossero in collegamento. In uno screenshot di una chat del presidente di Italianieuropei con Amato spunta anche la testolina di Mazzotta e in vista di un'altra call D'Alema si raccomanda: «Non abbiamo una riunione. Abbiamo un saluto. Il Ceo di Fincantieri ringrazierà il senatore (Fierro, ndr) per il suo impegno per promuovere la collaborazione tra i due Paesi. lo mi unirò. Assicureremo il nostro impegno. Se Giancarlo vuole assistere io non ho problemi. Ma in silenzio».

 

Ma se le bugie di Mazzotta rischiano di avere le gambe corte, sono molto più documentati i suoi guai giudiziari. In particolare il procedimento per estorsione aggravato dal metodo mafioso. Stiamo parlando dell'inchiesta Cerchio, che ha scoperchiato ciò che sarebbe accaduto nella Cassa rurale all'epoca amministrata dal fratello dell'ex sindaco, Dino (soprannominato, coincidenza, «il colombiano»), e poi commissariata.

MASSIMO DALEMA

 

LE STRANE MANOVRE

Per cercare di mantenere il controllo dell'istituto di credito, alle elezioni per il rinnovo degli organi amministrativi, si sarebbe mosso un cugino dell'allora primo cittadino, tale Gianni Mazzotta, detto «Conad», appellativo con il quale è conosciuto negli ambienti della mala capeggiata dai temutissimi fratelli Tornese. Per evitare ai soci della banca di presentare una lista alternativa a quella del «colombiano», «Conad» avrebbe usato queste parole: «C'è gente fiacca (brutta in dialetto leccese, ndr) che ve lo consiglia».

 

Nello stesso fascicolo c'è un altro capo d'imputazione, che riguarda le pressioni su un consigliere comunale di maggioranza che voleva dimettersi e che fu raggiunto anche questa volta da Gianni «Conad». Secondo i magistrati il consigliere alla fine fu «costretto» ad appoggiare il sindaco. E, così, è scattata l'aggravante del metodo mafioso.

JET M346 DI LEONARDO

 

Un'accusa che si è riversata nella relazione della Prefettura che poi ha portato allo scioglimento del consiglio comunale. In quel dossier gli ispettori prefettizi hanno ricostruito che tramite un'ingombrante e chiacchierata parentela del primo cittadino anche con un boss locale, Mario Tornese, che i magistrati antimafia indicano come appartenente alla Sacra corona unita, la mala sarebbe riuscita a insinuarsi negli uffici e a condizionarli. Soprattutto nel settore più delicato: quello degli appalti.

 

giorgio mule sottosegretario di stato alla difesa foto di bacco

Tanto da portare all'affidamento del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti a una società che poi è stata colpita da interdittiva antimafia, che annoverava tra i suoi dipendenti «soggetti pregiudicati, riconducibili per stretti legami parentali», è scritto nella relazione del Prefetto, «a esponenti di spicco della criminalità organizzata». Mazzotta a un certo punto deve essersi sentito come il perno attorno al quale ruotavano banca e municipio, visto che gli investigatori l'hanno intercettato mentre spiegava: «Ci teniamo le mani tra di noi, è un cerchio e diventeremo sempre più forti». Poi il Comune è stato sciolto e Mazzotta si è dato agli armamenti.

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